immagine di un tipo di nanomateriale dei rifiuti

L’OCSE ha pubblicato recentemente uno studio sull’analisi della letteratura scientifica in materia di rischi collegati all’uso dei nanomateriali nei processi di gestione del ciclo dei rifiuti (riciclaggio, incenerimento, discariche e processi di trattamento meccanico).

I nanomateriali, prodotti definiti in scala da 1nm a 100 nm, costituiscono una nuova frontiera dell’ingegneria costituita da prodotti utilizzati in applicazioni del settore industriale, commerciale e sanitario e che arrecano vari benefici alla società nel campo dell’assistenza sanitaria e della salute, dell’abbigliamento, dei materiali edilizi, delle attrezzature elettroniche e sportive. Esempi di prodotti che contengono nanomateriali sono filtri per la protezione dei raggi solari, prodotti deodoranti, materiali idrorepellenti, prodotti tessili antibatterici, batterie al litio, rivestimenti in vetro e racchette da tennis.

A fronte di ciò, i potenziali rischi e gli effetti che i nanomateriali ingegnerizzati possono avere sugli esseri umani e l’ambiente sono tuttora scarsamente conosciuti. Alcuni nanomateriali hanno impatto potenzialmente nocivo a causa di vari fattori tra cui la loro dimensione, la loro struttura e conformazione o altre caratteristiche distintive. Sebbene i nanomateriali siano molto diversi e non tutti potenzialmente ad effetto tossico, recenti studi dimostrano come alcuni di tali componenti possono sviluppare fattori cancerogeni a danno dei polmoni o bypassare fondamentali barriere biologiche protettive come la barriera “sangue-cervello” (emato-encefalica) o incidere negativamente sull’ambiente, a causa delle loro proprietà antibatteriche.  Oltre a ciò, i nanomateriali in alcuni casi possono accrescere la biodisponibilità ossia la possibile assunzione biologica di inquinanti quale effetto dell’assorbimento di altre particelle tossiche.

Tra il 2006 e il 2011, il numero di prodotti contenenti nanomateriali è cresciuto di 5 volte su scala globale e sono oltre 1300 i prodotti che li contengono. Il volume globale di questi beni è stimato in 11 milioni di tonnellate rappresentanti, alla data del 2012, un mercato di 20 miliardi di euro. Conformemente a ciò, l’effetto di sostituzione con prodotti che usano la nanotecnologia è stimato aumentare da 200 miliardi di euro nel 2009 a 2 mila miliardi di euro per il 2015. Nonostante questi aspetti evolutivi e i rischi associati, si rilevano fenomeni di promiscuità tra rifiuti di prodotti nanotecnologici e rifiuti convenzionali senza il ricorso ad alcuna precauzione o trattamento tecnico. Questo fatto solleva l’interrogativo sulla capacità degli attuali processi di trattamento dei rifiuti di minimizzare in concreto i rischi collegabili ai nanomateriali.

Il report dell’OCSE si muove su due versanti:

  1. studio della mole di dati disponibili nella letteratura per quattro tipologie di processi di trattamento dei rifiuti: riciclaggio, incenerimento, deposito in discarica e processi di trattamento meccanico;
  2. ricognizione dell’attuale stato delle conoscenze e dei possibili impatti dei nanomateriali in questi processi tecnici di gestione del ciclo di rifiuti.

L’elemento chiave che emerge dallo studio è che, nonostante l’impiantistica per la gestione dei processi di trattamento mostri talora casi di contenimento o di espulsione dei nanomateriali dal ciclo dei rifiuti, esistono ancora molte aree da analizzare a causa dell’ampia gamma di nanomateriali esistenti, dell’eterogeneità degli impianti di trattamento dei rifiuti e delle incertezze sull’attuale composizione dei rifiuti stessi. Esse spaziano dall’identificazione e quantificazione dei nanomateriali presenti nei flussi di rifiuti, al comportamento e destino dei nanomateriali nei processi di trattamento, dallo studio di potenziali emissioni di nanomateriali rilasciati da rifiuti residuali e/o dai materiali di recupero ai controlli sulle emissioni fino a giungere alle analisi delle Migliori Tecniche Disponibili (BAT).

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Data di pubblicazione: 30 marzo 2016, ultimo aggiornamento 30 marzo 2016