
Che cos’è
La Peste suina africana (PSA) è una malattia virale, altamente contagiosa e spesso letale, che colpisce suini e cinghiali. Non è trasmissibile all’uomo, ma è causa di ingenti perdite economiche nel comparto suinicolo, con gravi ripercussioni anche sul commercio comunitario ed internazionale di animali vivi e dei loro prodotti.
Ciò in virtù dell’enorme potenziale di diffusione e del fatto che in caso di malattia in allevamento è previsto (l’abbattimento obbligatorio degli animali infetti o sospetti tali, e per il divieto di movimentazione e commercializzazione di animali vivì, carni e prodotti dalle zone di restrizione).
Pertanto un’eventuale epidemia di PSA sul territorio nazionale potrebbe ripercuotersi pesantemente sul patrimonio zootecnico suino nazionale con danni ingenti sia per la salute animale che per il comparto produttivo suinicolo e sul commercio comunitario e internazionale.
L’Organizzazione mondiale per la sanità animale ed il Nuovo Regolamento di sanità animale della Commissione Europea annoverano la PSA nella lista delle malattie di categoria A, ossia che non appena individuate richiedono l'adozione immediata di misure di eradicazione. Qualunque caso, anche sospetto, deve essere tempestivamente notificato all’autorità sanitaria localmente competente, come previsto dal Decreto Legislativo 5 agosto 2022 n. 136.
Il virus è in grado di diffondersi attraverso il contatto diretto con animali infetti mentre la trasmissione indiretta avviene a seguito di ingestione di carne e prodotti suini contaminati, inclusi rifiuti alimentari, scarti di cucina, frattaglie, o tramite oggetti contaminati dal virus come attrezzature, veicoli e abbigliamento, ossia attraverso il ‘fattore umano’.
Le misure di lotta, prevenzione ed eradicazione della PSA a livello nazionale e comunitario sono caratterizzate dalla necessità di evitare tempestivamente il propagarsi dell’infezione: misure particolarmente stringenti come ad esempio la creazione di zone di protezione e sorveglianza intorno all’azienda sede del focolaio di infezione, abbattimento dei capi dell’azienda sede di focolaio, distruzione delle carcasse dei suidi morti infetti o abbattuti, pulizia e disinfezione dei fabbricati di stabulazione e dei mezzi di trasporto, blocco delle movimentazioni e commercializzazione al di fuori dell’area infetta, compresa l’esportazione, dei prodotti a base di carne suina provenienti dalle aree focolaio.
Per evitare gravi distorsioni del mercato e dell’export le norme comunitarie prevedono un regime derogatorio ai divieti di movimentazione di animali vivi e prodotti nel rispetto di specifiche condizioni di garanzia e attraverso la designazione degli impianti di macellazione, la cui lista è disponibile sul portale VETINFO, presente anche sulla pagina web della Commissione europea.
Nel caso dei suini selvatici chiaramente le misure sono modulate in considerazione delle particolari caratteristiche della fauna selvatica e del territorio, nonché della situazione epidemiologica e dell’estensione della zona infetta.
Diagnosi
La PSA è causata da un virus della famiglia Asfaviridae, genere Asfivirus, incapace di stimolare la formazione di anticorpi neutralizzanti. Questa caratteristica rappresenta l’ostacolo più importante alla preparazione di un vaccino, che attualmente non è disponibile in commercio.
I sintomi principali negli animali colpiti sono:
- febbre
- perdita di appetito
- debolezza del treno posteriore con conseguente andatura incerta
- difficoltà respiratorie e secrezione oculo-nasale
- costipazione
- aborti spontanei
- emorragie interne
- emorragie evidenti su orecchie e fianchi.
La presenza del virus nel sangue (viremia) dura dai 4 ai 5 giorni; il virus circola associato ad alcuni tipi di cellule del sangue, causando la sintomatologia che conduce inevitabilmente al decesso dell’animale, spesso in tempi rapidissimi.
Gli animali che superano la malattia possono restare portatori del virus per circa un anno, giocando dunque un ruolo fondamentale per la persistenza del virus nelle aree endemiche e per la sua trasmissione. Il virus è dotato di una buona resistenza in ambiente esterno e può rimanere vitale anche fino a 100 giorni sopravvivendo all'interno dei salumi per alcuni mesi o resistendo alle alte temperature. Nel sangue prelevato è rilevabile fino a 18 mesi.
La diagnosi di malattia è effettuata tramite vari esami di laboratorio: immunofluorescenza, PCR, ELISA e Immunoperossidasi.
Prevenzione
La malattia si diffonde direttamente per contatto tra animali infetti oppure attraverso la puntura di vettori (zecche). La trasmissione indiretta si verifica attraverso attrezzature e indumenti contaminati, che possono veicolare il virus, oppure con la somministrazione ai maiali di scarti di cucina contaminati, pratica vietata dai regolamenti europei dal 1980, o smaltendo rifiuti alimentari, specie se contenenti carni suine, in modo non corretto.
Nei Paesi indenni la prevenzione dell’infezione si effettua attraverso la sorveglianza passiva negli allevamenti domestici e sulle carcasse di cinghiale rinvenute nell’ambiente o in seguito ad incidenti stradali, il rigoroso rispetto delle misure di biosicurezza negli allevamenti suini, il severo controllo dei prodotti importati e la costante sorveglianza sullo smaltimento dei rifiuti alimentari, di ristoranti, navi e aerei.
Nei Paesi infetti il controllo si effettua attraverso l’abbattimento e la distruzione dei suini positivi e di tutti gli altri suini presenti all’interno dell’allevamento infetto. Fondamentali sono non solo l’individuazione precoce dell’ingresso della malattia, ma anche la delimitazione tempestiva delle zone infette, il rintraccio e il controllo delle movimentazioni di suini vivi e dei prodotti derivati, le operazioni di pulizia e disinfezione dei locali e dei mezzi di trasporto degli allevamenti infetti, l’effettuazione delle indagini epidemiologiche volte ad individuare l’origine dell’infezione.
Terapia e profilassi
Al momento non esiste un vaccino per la Peste suina africana. Come previsto dal vigente Piano nazionale di sorveglianza e dalle norme di settore, quando si riscontrano uno o più sintomi tali da far sospettare la presenza di PSA in un allevamento di suini, occorre immediatamente darne comunicazione ai servizi veterinari competenti per territorio. Analogamente, quando si rinviene una carcassa di cinghiale nell’ambiente, o a seguito di incidente stradale che abbia coinvolto un cinghiale, è necessario segnalare l’evento ai Servizi Veterinari, alle forze dell’ordine o enti parco, guardie forestali, oppure contattare i numeri verdi regionali.
Consulta Elenco degli stabilimenti designati ( Regolamento (UE) 2023/594). Aggiornato al 19 giugno 2023