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Il 20 ottobre si celebra la Giornata mondiale dell’osteoporosi, malattia caratterizzata da alterazioni della micro-architettura del tessuto osseo e compromissione della resistenza dell’osso che predispone a un aumentato rischio di fratture spontanee o indotte da minimi traumi, definite anche come fratture da fragilità. Le parti maggiormente interessate dalle fratture da fragilità sono le vertebre, il femore prossimale, l’omero prossimale, il polso e la caviglia.

L’osteoporosi è molto diffusa a livello globale e si stima che nel nostro Paese colpisca circa 5 milioni di persone, di cui l’80% sono donne in post menopausa. Secondo l’indagine Multiscopo dell’ISTAT “Aspetti della vita quotidiana” relativa all’anno 2019, l’8,1% (il 2,3% dei maschi e il 13,7% delle femmine) della popolazione italiana ha dichiarato di essere affetto da osteoporosi, con prevalenza che aumenta progressivamente con l’avanzare dell’età, in particolare nelle donne dopo i 55 anni, fino a raggiungere il 32,9% (l’11,2% dei maschi e il 47,5% delle femmine) oltre i 74 anni.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha più volte richiamato l’attenzione sull’osteoporosi e, soprattutto, sulle fratture da fragilità, che hanno rilevanti conseguenze sia in termini di mortalità sia di disabilità motoria, con elevati costi sanitari e sociali.

I principali fattori di rischio 

Tra i principali fattori di rischio non modificabili dell'osteoporosi ci sono l’età, il genere (le donne hanno una minore massa ossea rispetto agli uomini e la riduzione degli ormoni sessuali, che si verifica con la menopausa, determina una più rapida e precoce perdita di massa ossea) e la familiarità, mentre tra quelli modificabili vi sono lo stile di vita sedentario, l’alimentazione non equilibrata povera di calcio e ricca di sale (quest'ultimo aumenta l’eliminazione del calcio con l'urina), il consumo rischioso e dannoso di alcol, l’abuso di caffeina, il sovrappeso e l’obesità, l’eccessiva magrezza, i disturbi del comportamento alimentare e il tabagismo.

Cosa possiamo fare

Per evitare o ritardare l’esordio della patologia, che in genere avviene dopo la menopausa nella donna e in età senile nell’uomo, la prevenzione primaria dell’osteoporosi deve iniziare fin dalle prime fasi della vita. Infatti, il tessuto osseo si sviluppa durante l’infanzia e l’adolescenza per raggiungere intorno ai 20-25 anni di età il cosiddetto picco di massa ossea (la densità minerale ossea massimale), il cui valore influenza la probabilità di manifestare in seguito l’osteoporosi. A partire da questo momento e sino alla menopausa nella donna e ai 65-70 anni nell’uomo, i processi di rimodellamento dell’osso rimangono in equilibrio, a meno che non siano presenti malattie, condizioni o terapie farmacologiche particolari.
Successivamente il riassorbimento tende a prevalere sulla formazione di nuovo osso e lo scheletro inizia a perdere minerali con conseguente riduzione della massa ossea. Pertanto una crescita ossea non ottimale nelle prime fasi della vita incide negativamente sulla salute dello scheletro quanto la perdita di massa ossea in età più avanzata.

Per proteggere la salute delle ossa è necessario mantenere un’alimentazione equilibrata e corretta e uno stile di vita sano. Per “costruire l’osso” in età pediatrica è molto importante l’assunzione di calcio e vitamina D, ma quantità adeguate di calcio con la dieta sono necessarie in entrambi i sessi anche successivamente, per minimizzare la perdita di massa ossea. Per la vitamina D, a tutte le età, è importante anche un'appropriata esposizione alla luce solare.

In sintesi ricordiamo di:

  1. adottare e/o mantenere uno stile di vita attivo, praticando una regolare attività fisica
  2. seguire un’alimentazione varia ed equilibrata, mantenendo un peso corporeo ottimale
  3. assumere adeguate quantità di calcio e vitamina D ed esporsi regolarmente alla luce solare
  4. ridurre il consumo di sale
  5. evitare il fumo e l’abuso di alcol.

Per approfondire

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Data di pubblicazione: 20 ottobre 2021, ultimo aggiornamento 20 ottobre 2021

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