La tutela del diritto fondamentale alla salute

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Nei decenni successivi all'instaurazione dello Stato unitario e sino alla fine della seconda guerra mondiale, la tutela della salute fu intesa prevalentemente come tutela della salute collettiva con particolare attenzione ai profili della vigilanza igienico-sanitaria. Le funzioni pubbliche per la tutela della salute collettiva vennero attribuite al Ministero dell'interno e all'apparato periferico dell'amministrazione costituito dai prefetti, dai sottoprefetti e dai sindaci. Con l'istituzione dell'Alto commissariato all'igiene e sanità, avvenuta con il D. Lgt. 12 luglio 1945 n. 417, sono state affidate ad una specifica struttura amministrativa di vertice le competenze in materia sanitaria. Successivamente l'entrata in vigore della Costituzione, art. 32 "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti" ha introdotto la salute come oggetto di tutela da parte della Repubblica. La revisione costituzionale del 2001 ha confermato il legame tra organizzazione e funzioni, sottolineando che la "tutela della salute" è compito della Repubblica e della potestà legislativa. La legge 23 dicembre 1978, n. 833 ha espresso un modello di sistema sanitario che supera sia la frammentazione del sistema mutualistico, sia quella dell'apparato organizzativo centrale e periferico. Il nucleo essenziale del sistema ed i suoi principi di fondo sono così sintetizzabili: la responsabilità pubblica della tutela della salute; l'universalità ed equità di accesso ai servizi sanitari; la globalità di copertura in base alle necessità assistenziali di ciascuno, secondo quanto previsto dai livelli essenziali di assistenza; il finanziamento pubblico attraverso la fiscalità generale; la "portabilità" dei diritti in tutto il territorio nazionale e la e reciprocità di assistenza con le altre regioni.

Fonte: "Libro bianco sui principi fondamentali del servizio sanitario nazionale"
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