In Italia l’impiego di animali per fini scientifici è regolamentato dal Decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 26 che ha attuato la Direttiva n. 2010/63/UE. In base a questa norma, tutti i progetti di ricerca che contemplano l’impiego di animali vertebrati e di taluni invertebrati, come i Cefalopodi, devono essere autorizzati dal Ministero della salute e portati avanti all’interno di stabilimenti utilizzatori autorizzati.

Le norme sono ovviamente tese alla massima protezione degli animali: il loro impiego, infatti, è consentito soltanto quando il responsabile del progetto di ricerca sia in grado di dimostrare e di documentare l’impossibilità di raggiungere il risultato ricercato utilizzando un altro metodo di sperimentazione scientifica che non implichi l’impiego di animali vivi.

        Dimostrato ciò, a parità di risultato, sono favorite le procedure che:

  • richiedono il minor numero di animali;
  • utilizzano animali con la minore capacità di provare dolore, sofferenza, distress o danno prolungato;
  • sono in grado di minimizzare dolore, sofferenza, distress o danno prolungato;
  • offrono le maggiori probabilità di risultati soddisfacenti;
  • hanno il più favorevole rapporto tra danno e beneficio.

La novità introdotta dalla Direttiva n. 2010/63/UE e recepita con il  Decreto legislativo n. 26 del 4 marzo 2014 riguarda lo sviluppo, la convalida, l’accettazione e l’applicazione dei "metodi alternativi",procedure che consentano di evitare il ricorso all’utilizzo di animali nella sperimentazione scientifica. Questo nuovo approccio ha segnato un cambio di passo nel settore della sperimentazione animale.


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Data di pubblicazione: 7 aprile 2016, ultimo aggiornamento 26 marzo 2021

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