L’infarto è la morte di una parte del muscolo cardiaco (miocardio), dovuta a un’ischemia prolungata, cioè al mancato apporto di sangue in un determinato territorio per un certo periodo di tempo.

La maggior parte degli infarti si verifica a causa della formazione di un coagulo di sangue denominato trombo (massa solida formata da fibrina, piastrine, globuli rossi e globuli bianchi), che va a ostruire una o più arterie coronarie (le arterie che irrorano il muscolo cardiaco), interrompendo il flusso di sangue e, quindi, l’apporto di ossigeno e sostanze nutritive da esso veicolati.
Se il coagulo non viene rimosso rapidamente, la zona di miocardio irrorata da quell’arteria muore e si verifica l’infarto. Causa della trombosi è la rottura improvvisa di una placca aterosclerotica, un’alterazione della parete arteriosa dovuta ad un accumulo di grassi, proteine e tessuto fibroso, che si sviluppa lentamente all’interno di una coronaria.
Più raramente, l’infarto può prodursi per dissezione o embolia coronarica, oppure su coronarie sane per spasmo delle coronarie, condizioni di grave anemia, insufficienza respiratoria, grave abbassamento della pressione, aritmie importanti.

L’infarto colpisce gli uomini con maggior frequenza rispetto alle donne nelle età più giovani; le donne sono colpite con maggiore frequenza in età avanzata e la malattia si manifesta in modo più severo.

Nella fase acuta dell’infarto, le complicanze più temibili sono il deficit della funzione di pompa del cuore (scompenso cardiaco) e l’insorgenza di pericolose aritmie che possono causare arresto cardiaco, come la tachicardia ventricolare e la fibrillazione ventricolare; per questo motivo il paziente viene sottoposto a monitoraggio continuo dell’elettrocardiogramma.


I fattori di rischio dell’infarto del miocardio sono:

  • Età
  • Familiarità (genitori, fratelli/sorelle, figli) per infarto, ictus e altre malattie cardiovascolari in giovane età (<55 anni per gli uomini e <65 anni per le donne)
  • Tabagismo
  • Sedentarietà/scarsa attività fisica
  • Consumo rischioso e dannoso di alcol
  • Scorretta alimentazione (troppo abbondante; povera di fibre; ricca di sale, grassi animali e colesterolo)
  • Sovrappeso/obesità (indice di massa corporea ≥25 kg/m2)
  • Diabete mellito
  • Dislipidemie, in particolare colesterolemia elevata (aumento della colesterolemia totale ≥200 mg/dl; bassi valori della colesterolemia HDL)
  • Ipertensione arteriosa (>140/90mmHg)
  • Ipertrofia ventricolare sinistra
  • Aterosclerosi
  • Malattia renale
  • Iperomocisteinemia
  • Sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (OSAS)
  • Stress
  • Uso di contraccettivi orali
  • Uso di droghe (cocaina e amfetamine)


Nelle donne l’associazione tabagismo e contraccettivi orali aumenta il rischio di infarto del miocardio.

 

 

Il sintomo più caratteristico dell’infarto è il dolore, che può restare localizzato e limitato al torace o irradiarsi alle spalle e alle braccia (più comunemente il sinistro), al collo, alla mandibola, ai denti, al dorso.

Il dolore può assumere la caratteristica di oppressione toracica (come una morsa stretta intorno al torace o come un peso che schiaccia il torace) o di mal di stomaco, come per un’indigestione.

Il dolore può essere violento; dura almeno 10-20 minuti (in genere di più) e può talora essere parzialmente e temporaneamente alleviato dal riposo o dall’assunzione di nitroglicerina sublinguale.

Il dolore può non essere presente o essere trascurabile negli anziani, nelle persone con diabete e nelle donne.

L’infarto può dar segno di sé anche con altri sintomi: affanno improvviso (dispnea), sudorazione fredda, nausea e vomito, svenimento, vertigini improvvise, stato d’ansia intenso e angoscioso, debolezza (astenia) marcata e improvvisa.

È importante ricordare che l’infarto rappresenta un’emergenza medica.
Nel sospetto che si stia verificando un infarto è necessario non perdere tempo e chiamare immediatamente il 112/118 per essere trasportati da un’ambulanza verso l’ospedale più vicino con disponibilità di Unità di terapia intensiva cardiologica (UTIC) e angioplastica d’emergenza.
Le ore successive all’infarto sono, infatti, gravate dal rischio di morte improvvisa. Inoltre, tanto più tempestive sono le cure attraverso un intervento di rivascolarizzazione coronarica precoce (mediante trombolisi farmacologica oppure dilatando il vaso con intervento percutaneo; in alcuni casi mediante by-pass chirurgico aorto-coronarico), tanto maggiori sono le probabilità di evitare o ridurre danni permanenti al muscolo cardiaco, con miglioramento anche della prognosi e della qualità della vita a lungo termine.

La diagnosi di infarto acuto viene fatta in presenza di un aumento dei cosiddetti biomarker cardiaci (in particolare troponina I e T, mioglobina e creatinchinasi-MB o CKMB), associata ad almeno uno dei seguenti segni/sintomi:

  • dolore tipico dell’ischemia miocardica
  • alterazioni all’elettrocardiogramma (ECG) suggestive di ischemia (ad esempio sopraslivellamento del tratto ST, inversione delle onde T, comparsa di onde Q)
  • evidenza (ad esempio all’ecocardiogramma) di alterazione della motilità di una regione del cuore
  • individuazione di un’occlusione coronarica alla coronarografia

In presenza di un aumento dei valori di troponina nonché di alterazioni all’elettrocardiogramma e all’ecocardiogramma suggestive di infarto, il paziente può essere avviato direttamente dal pronto soccorso alla sala di emodinamica, dove viene sottoposto ad esame angiografico (coronarografia). L’esame consiste nell’iniettare nelle coronarie (ci si arriva introducendo un catetere da un’arteria dell’inguine o del polso) un mezzo di contrasto e nell’osservare radiologicamente come vengono "colorate" da questo liquido di contrasto le coronarie stesse.
Nel caso in cui venga rilevata un’ostruzione, responsabile dell’infarto, il cardiologo decide se procedere al trattamento mediante angioplastica.

All’arrivo in pronto soccorso, il paziente infartuato viene sottoposto a monitoraggio elettrocardiografico continuo, gli viene somministrato ossigeno e, in caso di dolore molto forte, piccole dosi di morfina per via endovenosa.

Nelle prime ore dall’infarto, l’obiettivo della terapia è riaprire i vasi coronarici occlusi per evitare la morte del muscolo cardiaco; queste terapie devono essere effettuate quanto più precocemente possibile (idealmente, l’angioplastica entro 60-90 minuti dall’arrivo in ospedale, la terapia trombolitica entro 30 minuti dalla prima valutazione medica dell’infartuato, tanto da poter essere effettuata anche in ambulanza), altrimenti la parte di miocardio interessata dall’infarto non è destinata a sopravvivere all’insulto ischemico. Per questo i cardiologi dicono che "il tempo è miocardio", a sottolineare che tanto più precocemente si interviene, tanto più si ha la possibilità di salvare dalla morte il muscolo cardiaco.

Il trattamento di prima scelta per l’infarto del miocardio è l’angioplastica coronarica, che consiste nel dilatare la coronaria occlusa dal trombo, mediante uno speciale “palloncino” e nel posizionare nella coronaria riaperta uno (o più) stent, una retina metallica, che serve a “puntellare” la parete dell’arteria; la retina metallica può essere ricoperta di farmaci (stent medicato) che hanno lo scopo di evitare che si formi, nel punto in cui l‘arteria è stata dilatata, una specie di cicatrice esuberante che potrebbe ostruire nuovamente il vaso.

Nel caso in cui non sia possibile effettuare l’angioplastica (ad es. se l’ospedale dove viene trasportato il paziente non è attrezzato per effettuare questa procedura), il paziente può essere trattato con farmaci che servono a sciogliere il trombo (terapia trombolitica), somministrati per via endovenosa. In alcuni casi il trattamento dell’infarto del miocardio può richiedere un intervento chirurgico di bypass aorto-coronarico.

I pazienti infartuati vengono quindi trattati con farmaci che hanno lo scopo di minimizzare le complicanze ed evitare la comparsa di un nuovo infarto.

  • Farmaci antiaggreganti piastrinici (ac. acetilsalicilico, clopidogrel ecc.): le piastrine hanno un ruolo di primo piano nella formazione del trombo, questi farmaci inibiscono la formazione di “tappi” di piastrine e sono dunque molto importanti nella prevenzione di un nuovo infarto.
  • Farmaci che riducono la colesterolemia (es. statine): hanno un ruolo importante nel riportare alla norma i valori di colesterolo e nello stabilizzare la placca aterosclerotica, riducendo il rischio di una sua rottura e della successiva trombosi.
  • Beta-bloccanti: riducono il lavoro del cuore, abbassando la frequenza cardiaca (il numero di battiti al minuto) e la forza di contrazione del cuore.
  • ACE inibitori e sartani: sono farmaci che, oltre ad agire sulla pressione, abbassandola, proteggono dallo “sfiancamento” del cuore, che si può verificare soprattutto quando l’infarto è di grandi dimensioni.
  • Trattamento dei fattori di rischio (es. ipertensione arteriosa, diabete mellito, ecc).
  • Adozione di stili di vita salutari (vai a prevenzione).
  • Trattamento della depressione che può insorgere dopo un infarto.

L’infarto del miocardio e i suoi fattori di rischio modificabili possono essere prevenuti adottando stili di vita salutari fin dall’infanzia e per tutto il corso dell’esistenza.

  • Non fumare o smettere di fumare ed evitare l’esposizione al fumo passivo: il fumo aumenta notevolmente il rischio di infarto del miocardio, favorendo la formazione di placche aterosclerotiche, danneggiando le pareti dei vasi sanguigni e facilitando l’aggregazione piastrinica.
  • Seguire una sana alimentazione, varia ed equilibrata. Ai fini di una corretta alimentazione è importante: assumere una quantità di calorie adeguata al proprio fabbisogno energetico; consumare almeno 5 porzioni al giorno fra frutta e verdura; consumare pesce almeno due volte a settimana; assicurare un adeguato apporto di cereali (pane, pasta e riso), in particolare integrali, e legumi; limitare il consumo carni rosse e di alimenti ricchi di grassi, in particolare saturi (salumi, insaccati); limitare il consumo di dolci e bevande zuccherate.
    ​É, inoltre, essenziale ridurre il consumo eccessivo di sale a meno di 5 grammi al giorno (target raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità - OMS) tra quello già presente negli alimenti e quello aggiunto, riducendo sia il consumo di cibi ricchi di sale (dadi da brodo, cibi in scatola, salse, sottaceti, salumi, insaccati, patatine in sacchetto, snack salati e altri alimenti trasformati) che la quantità di sale aggiunto alle pietanze. É interessante notare che un etto di prosciutto crudo contiene già i 5 grammi di sale raccomandati per l’intera giornata. Pertanto è importante leggere sempre l’etichetta dei prodotti confezionati che comperiamo, in modo da valutare la quantità di sale presente in ciascuno di essi.
  • Evitare o limitare il consumo di alcol: per la salute è meglio astenersi dal bere alcolici, per i quali non esiste un consumo sicuro; se si beve, il limite da non superare è di 2 Unità Alcoliche (U.A.) al giorno per gli uomini di età compresa tra i 18 e i 65 anni e di 1 U.A./die per le donne e gli ultrasessantacinquenni, mentre minorenni e donne in gravidanza e allattamento non devono consumare bevande alcoliche (1 U.A. = 12 grammi di alcol puro = 330 ml di birra a 4,5° = 125 ml di vino a 12° = 40 ml di superalcolico a 40°).
  • Praticare con regolarità un’attività fisica adeguata: almeno 30 minuti 5 volte/settimana di tipo aerobico (es. passeggiare a passo svelto, andare in bicicletta, nuotare, ballare, fare le scale a piedi).
  • Mantenere un peso corporeo ottimale; dimagrire in caso di sovrappeso/obesità riducendo la quantità di cibo consumata quotidianamente e aumentando la regolare attività fisica.
  • Imparare a gestire lo stress: praticare se possibile yoga, tecniche di meditazione e di rilassamento, pilates ecc.

É, inoltre, fondamentale scoprire precocemente e gestire adeguatamente le eventuali condizioni cliniche che aumentano il rischio di infarto del miocardio (ipertensione arteriosa, dislipidemie, diabete mellito, cardiopatie, vasculopatie), anche attraverso gli opportuni trattamenti terapeutici nel caso in cui non siano sufficienti gli interventi comportamentali.

  • Controllare la pressione arteriosa regolarmente. Se non si è ipertesi, la pressione arteriosa va misurata almeno una volta l’anno, incrementando i controlli con l’avanzare dell’età. In caso di ipertensione l’obiettivo da raggiungere con il trattamento terapeutico è una pressione inferiore a 140/90 mmHg.
  • Controllare i livelli di colesterolemia totale, colesterolemia HDL, trigliceridemia, glicemia.

Molti dei fattori di rischio per infarto del miocardio sono modificabili attraverso l’adozione di uno stile di vita sano e, se necessario, una adeguata terapia farmacologica, seguendo le indicazioni del proprio medico curante.


 

 


  • Condividi
  • Stampa
  • Condividi via email
Le informazioni pubblicate in "La nostra salute" non sostituiscono in alcun modo i consigli, il parere, la visita, la prescrizione del medico.

Data di pubblicazione: 10 settembre 2021, ultimo aggiornamento 26 gennaio 2024