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La parotite, più conosciuta col termine "orecchioni" è una malattia virale che colpisce le ghiangole salivari parotidi e si trasmette per via orale


Immagine raffigurante un bambino

La parotite è una malattia infettiva, contagiosa, causata da un virus a RNA appartenente al genere Rubulavirus della famiglia Paramyxovirus, che si localizza a livello delle prime vie aeree (faringe, laringe e trachea) e delle ghiandole salivari. 

La parotite è conosciuta fin dall’antichità, anche con il nome popolare di "orecchioni" (perché le orecchie appaiono più grandi essendo ruotate in avanti) o di "gattoni" (per la somiglianza ad un gatto della faccia così deformata), a causa del gonfiore delle ghiandole salivari (più spesso le parotidi, ma a volte anche le sottomascellari) ed è sempre stata considerata una malattia dell’infanzia. 

Prima dell’introduzione dei vaccini antiparotite, la maggior parte delle persone veniva infettata dal virus della parotite prima dell’adolescenza. Non sono mancate, però, epidemie di parotite, in cui il maggior numero di casi veniva riscontrato in adulti.

La parotite è, come il morbillo e la rosolia, una malattia endemo-epidemica: è cioè sempre presente nelle collettività, con picchi epidemici ogni 2-5 anni, legati al fatto che i nuovi nati formano gradualmente una massa di soggetti suscettibili all’infezione. 

La parotite, sia in forma clinicamente evidente che, come spesso accade, di infezione inapparente, lascia un’immunità (protezione nei confronti di successive infezioni) che dura per tutta la vita.
Anche l’immunità indotta dal vaccino dura a lungo.

Per approfondire:

La parotite si trasmette essenzialmente per via aerea, attraverso le goccioline di saliva emesse con la tosse, gli starnuti o anche semplicemente parlando.

Il virus viene eliminato anche con le urine e, passando attraverso la placenta, può infettare il prodotto del concepimento, senza però che sia stata dimostrata una sua responsabilità nell’induzione di malformazioni congenite. 

Il periodo di contagiosità, in cui la malattia può essere trasmessa dalle persone infette (con o senza sintomi manifesti) va da 6-7 giorni prima a 9 giorni dopo la comparsa della tumefazione delle ghiandole salivari; l’infettività è massima nelle 48 ore che precedono tale comparsa.

 

Dopo un periodo di incubazione che può variare da un minimo di 12 ad un massimo di 25 giorni (solitamente 16-18 giorni), si ha comparsa di febbre, mal di testa, dolori muscolari, perdita dell’appetito, con gonfiore di una o più ghiandole salivari.

Nella maggior parte dei casi vengono colpite una o entrambe le ghiandole (parotidi) poste ai lati delle orecchie, ma la tumefazione può riguardare anche le ghiandole sottolinguali e le sottomandibolari. 

Circa un terzo (ma secondo alcune fonti anche il 40-50%) delle infezioni da virus parotitico non si manifesta in forma clinicamente evidente, ma soltanto con una sintomatologia non specifica a livello delle vie respiratorie.
Le infezioni inapparenti sono più frequenti negli adulti che non nei bambini, in cui la parotite si presenta soprattutto tra i 2 ed i 9 anni.


La parotite è considerata, nei bambini, una malattia ad evoluzione benigna, ma non è priva di complicazioni.

Ecco le più frequenti:

  • orchite (infiammazione dei testicoli che colpisce dal 30 al 40% dei casi di infezione in maschi adulti)
  • meningite (dal 4 al 6% dei casi)
  • pancreatite (4%)
  • encefalite (1-2 casi su 10.000)
  • la parotite può essere mortale in 1 caso su 10.000.

Gli adulti sono più a rischio di complicanze di tipo meningoencefalitico, rispetto ai bambini e le complicazioni più gravi possono presentarsi anche in corso di infezioni senza la classica sintomatologia delle ghiandole salivari.

La parotite è anche una delle cause principali di sordità neurosensoriale, per azione diretta del virus sulle cellule dell’orecchio interno. La sordità da parotite è ad insorgenza immediata, può essere bilaterale, ed è permanente. 

La sterilità sembra invece una conseguenza molto rara dell’orchite in corso di parotite.

Sembra che le infezioni da virus parotitico contratte nel primo trimestre di gravidanza siano associate ad un aumento dell’abortività, mentre, anche se il virus passa attraverso la placenta e può infettare il feto, non è stato dimostrato un aumento delle malformazioni congenite.

In caso di sospetta parotite, occorre chiamare immediatamente il medico, il quale effettuerà una diagnosi sulla base dell'anamnesi e dell'esame clinico del paziente.

La diagnosi può essere confermata dalla ricerca degli anticorpi specifici del virus nel sangue.

 

Per le forme non complicate sono sufficienti riposo e una dieta leggera, preferibilmente liquida, per mitigare il dolore causato dalla masticazione.

Sarebbe bene evitare succhi di agrumi perchè la loro acidità può accentuare il fastidio dovuto all’infiammazione.

Per alleviare mal di testa e malessere generale, il medico curante potrà consigliare la terapia sintomatica più adatta.

Anche nel caso di forme complicate, la somministrazione di farmaci e l’eventuale ricorso alla nutrizione per via endovenosa, devono essere decisi dal medico.

 

La parotite può essere prevenuta con la vaccinazione specifica.

Il vaccino fa parte dell’immunizzazione morbillo-parotite-rosolia (MPR).
Nel bambino il calendario vaccinale raccomanda la prima dose a 13-15 mesi, la seconda a 5-6 anni.
Per gli adolescenti e gli adulti che non sono mai stati vaccinati, sono previste due dosi a distanza di almeno 4 settimane.

E' inoltre importante verificare lo stato immunitario della donna nei confronti della parotite in previsione di una gravidanza. In assenza di immunizzazione verso questa malattia, è opportuno proporre attivamente la vaccinazione con un intervallo di un mese tra le dosi.
I vaccini contro MPR, contenendo vaccini a virus vivi attenuati, non possono essere somministrati in gravidanza, sebbene l’effettuazione accidentale della vaccinazione in donne che non sapevano di essere in gravidanza, non ha mai fatto registrato un aumento di aborti o malformazioni.


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Le informazioni pubblicate in "La nostra salute" non sostituiscono in alcun modo i consigli, il parere, la visita, la prescrizione del medico.

Data di pubblicazione: 16 gennaio 2013, ultimo aggiornamento 8 agosto 2018