La rabbia è una malattia causata da tutti i virus appartenenti al genere Lyssavirus, famiglia Rhabdoviridae, Ordine Mononegavirales. Tutti i lyssavirus sono considerati responsabili di encefalomielite acuta a decorso mortale con sintomatologia indistinguibile.
Oltre al virus della rabbia, a diffusione mondiale e che annovera molteplici ospiti naturali a seconda dell’area geografica di interesse, il genere Lyssavirus comprende 16 specie virali, più due la cui tassonomia rimane ancora incerta (Walker et al., 2018).
Le restanti specie virali sono caratterizzate da restrizione di ospite e geografica.
Tra questi:
circolano largamente in Europa e sono stati associati ad ospiti specifici nei quali le infezioni esitano in meningoencefalite mortale, quali:
Quest’ultima specie di pipistrello, il miniottero, rappresenta il primo indiziato anche per il mantenimento di West Caucasian Bat Lyssavirus, che, 18 anni prima di essere identificato in Italia, era stato rinvenuto proprio in questa specie nel Caucaso.
I lyssavirus tutti sono virus labili nell’ambiente esterno, e la malattia è scarsamente contagiosa: il veicolo di trasmissione è la saliva degli animali infetti, e la via di trasmissione nella grande maggioranza dei casi è rappresentata da morsicatura.
Più raramente è possibile la trasmissione tramite graffi e tramite lambitura della cute non integra o delle mucose. Ancora più rara è da ritenersi la trasmissione secondaria a macellazione di animali infetti, testimoniata in Sud Est Asiatico in seguito a macellazione di cani per il consumo della carne.
Il virus può essere presente nella saliva dell’animale infetto già alcuni giorni (fino a 10) prima della comparsa dei sintomi, che in genere si manifestano in un periodo da 2 a 8 settimane dopo l’avvenuta esposizione. Il periodo di incubazione può essere in rarissimi casi molto più lungo, sia in relazione alla quantità di virus e al ceppo virale, sia alla modalità e alla sede di morsicatura/contatto.
Subito dopo l’infezione, il virus entra nella cosiddetta “fase di eclissi” ed effettua una prima replicazione nella sede di ingresso, senza scatenare nell’ospite risposta immunitaria. Il virus risale lungo le vie nervose in direzione centripeta e, una volta raggiunto il sistema nervoso centrale, determina la comparsa dei sintomi clinici.
La sintomatologia riconducibile ad infezione da lyssavirus di può riassumere in un complesso di alterazioni neurologiche e comportamentali che evolvono in modo acuto. Per convenzione si riconosce una fase prodromica, dall’infezione allo sviluppo dei sintomi, che dura di norma diverse settimane. Segni non specifici di rabbia includono: anoressia, letargia, disfagia, febbre, vomito, difficoltà urinarie e della defecazione, eventualmente diarrea. Può comparire sovente una sottile e graduale alterazione del comportamento e un’alterazione nella fonazione, inteso come aumento della vocalizzazione e cambiamento del timbro. Oltre alle alterazioni del comportamento non esiste una sintomatologia specifica e collegabile alla specie ospite. Contrariamente all’opinione comune, non sempre la rabbia si manifesta con comportamenti aggressivi: spesso infatti si osservano solo disorientamento, ottundimento e, nel caso di animali selvatici, perdita di diffidenza nei confronti dell’uomo. Col proseguire del decorso clinico in pochi giorni, si osservano poi sintomi più gravi fino ad insufficienza respiratoria, paralisi e morte.
Negli animali i sintomi clinici della rabbia sono evidenti solo quando il virus ha raggiunto il sistema nervoso centrale, e consistono inizialmente in modificazioni del comportamento e successivo sviluppo di sintomatologia neurologica.
Per quanto riguarda la definizione di caso sospetto in animali domestici e nei mammiferi selvatici, vale la seguente definizione tratta dal Codice Sanitario per gli animali terrestri OIE (art. 8.14.12.1) (2019): Nell’ambito della sorveglianza è da considerarsi caso sospetto un animale suscettibile che mostri una qualunque alterazione del comportamento e che venga a morte nell’arco di dieci giorni o che mostri uno tra i seguenti sintomi clinici: ipersalivazione, paralisi, letargia, aggressività insolita, alterazione della fonesi.
A questo proposito, è importante sottolineare come la riduzione della distanza di fuga non sia da considerarsi un comportamento anomalo in caso di animali lattanti e di soggetti feriti con impossibilità a muoversi.
Negli animali suscettibili all’infezione (potenzialmente tutti i mammiferi) la rabbia causa invariabilmente encefalomielite acuta e mortale. In seguito a sospetto clinico, la diagnosi è possibile solo post-mortem e si basa sulla ricerca dell’agente eziologico nell’organo target dell’infezione, ossia il sistema nervoso centrale prelevato da animale deceduto in seguito a sintomatologia neurologica acuta.
Le metodiche diagnostiche riconosciute si basano sull’identificazione dell’antigene o degli acidi nucleici virali e può prevedere anche l’isolamento virale. Metodi di identificazione dell’antigene virale sono il test di immunofluorescenza e il test rapido di immunoistochimica. Metodiche biomolecolari sono in grado non solo di identificare la presenza di acidi nucleici virali, ma anche di caratterizzare il virus responsabile dell’infezione. Tale informazione risulta essere fondamentale per ricostruire l’origine della epizoozia.
Il sospetto diagnostico di rabbia nell’uomo si basa sull’anamnesi (contatti con animali sospetti o confermati di infezione) e sulla sintomatologia. La diagnosi intra-vitam non sempre permette di escludere con certezza l’infezione, mentre la diagnosi post-mortem rimane il gold standard. I test diagnostici effettuati intra-vitam a partire da campioni non invasivi si basano sulla ricerca dell’agente eziologico e della risposta immunitaria specifica, quest’ultima di immediata interpretazione in caso di paziente non vaccinato. Il risultato positivo della diagnosi intra-vitam permette di confermare il sospetto. Tuttavia, un risultato negativo a test intra-vitam non permette di escludere con certezza l’infezione in atto e pertanto sono necessari ulteriori campionamenti intra vitam o la conferma post mortem.
La vaccinazione dei carnivori domestici è obbligatoria in caso di movimentazione internazionale (Regolamento UE n. 576/2013). Il vaccino utilizzato è inattivato e adiuvato, generalmente con sali di alluminio ed è solitamente sufficiente un’unica somministrazione per suscitare una risposta protettiva nell’animale con durata variabile tra uno e tre anni.
La vaccinazione nel serbatoio selvatico, ad oggi non effettuata in Italia, si basa invece mediante esche vaccinali contenenti virus vivo attenuato. le campagne di vaccinazione orale della volpe rossa vengono solitamente ripetute due volte nell’arco dell’anno e per più anni, al fine di ottenere l’eradicazione della malattia dal territorio. La profilassi vaccinale nell’uomo si basa sulla somministrazione intradermica (ID) o intramuscolare (IM) di vaccino inattivato e non adiuvato.
Ad oggi, l’OMS raccomanda i seguenti protocolli di profilassi:
In Europa
Ad oggi, il continente Europeo, con l’eccezione di alcune aree dei Balcani e dell’Europa dell’Est, ha raggiunto lo stato di indennità da rabbia. Va menzionata tuttavia nel continente Europeo come nel resto del Mondo la circolazione dei lyssavirus nei pipistrelli.
I dati sulla rabbia delle popolazioni animali in Italia sono raccolti annualmente nella piattaforma SINZOO Sistema Informativo Nazionale delle Zoonosi, applicativo disponibile presso il portale unico dei sistemi informativi veterinari del Ministero della Salute.
Il C.di R. nazionale per la rabbia, che si trova presso l’ Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (Padova), è il referente nazionale che si occupa della raccolta e della trasmissione dei dati sulla rabbia. I dati relativi ai campioni provenienti da animali domestici o selvatici sono registrati da operatori dei 10 IIZZSS Italiani e trasmessi al C. di R., che a sua volta si occupa di controllarli e trasferirli all’interno della piattaforma.
Sul territorio nazionale la rabbia non è presente nei carnivori domestici né selvatici. I territori del Nord-Est Italiano, storicamente interessati da ondate epidemiche nella volpe rossa in provenienza dai territori limitrofi (Slovenia e Balcani Occidentali), hanno acquisito lo stato di indennità nel Febbraio 2013. L’ultimo caso nella volpe rossa era stato infatti notificato nel Febbraio 2011.
Rimane tuttavia da chiarire la circolazione nei chirotteri italiani di lyssavirus che, seppur diversi dal virus classico della rabbia, possono causare una malattia clinica sovrapponibile. Indagini sierologiche infatti indicano come la circolazione di tali potenziali patogeni sia diffusa sul territorio e coinvolga diverse specie di chirotteri, in assenza tuttavia di un riscontro virologico. Solo recentemente è stata confermata sul territorio nazionale la presenza di uno di questi virus, il West Caucasian Bat Lyssavirus. Questo virus, che con molta probabilità circola nei pipistrelli da lungo tempo senza aver mai provocato malattia, è stato riscontrato in un gatto domestico in Arezzo, evento quindi da considerarsi del tutto accidentale e sporadico. Vista l’eccezionalità del reperto, non ci sono informazioni certe in merito all’epidemiologia di questo virus e le indagini finalizzate a chiarire le dinamiche della sua trasmissione al gatto sono ancora in corso.
In Italia, a differenza di altri stati membri dell’Unione Europea, non sono mai stati diagnosticati casi di importazione di infezione nel cane e carnivori domestici. Tuttavia, sporadici casi di infezione acquisita all’estero si notificano nell’uomo in assenza di una corretta profilassi pre e post-esposizione. La malattia nell’uomo non rappresenta un rischio epidemiologico per la successiva trasmissione della malattia sul territorio nazionale, essendo appunto l’uomo un ospite a fondo cieco di infezione.
Per approfondire
A partire dal 2021, la sorveglianza per Lyssavirus sarà obbligatoria nelle specie appartenenti agli ordini Chiroptera, Carnivora, Bovidae, Suidae, Equidae, Cervidae e Camelidae, in ottemperanza al Regolamento di esecuzione (UE) 2018/1882 della Commissione del 3 dicembre 2018 relativo all'applicazione di determinate norme di prevenzione e controllo delle malattie alle categorie di malattie elencate e che stabilisce un elenco di specie e gruppi di specie che comportano un notevole rischio di diffusione di tali malattie elencate. Tuttavia, mentre per i mammiferi non volanti è prevista la necessità di adottare misure per evitare la diffusione della malattia ed eventualmente per la sua eradicazione, nei pipistrelli è indicata la sola sorveglianza, poiché le specie di Lyssavirus presenti in questo serbatoio circolano “in equilibrio” con il proprio ospite e hanno bassa probabilità di trasmissione ad animali domestici o all’uomo.
La più recente epidemia di rabbia silvestre ha interessato dall’autunno 2008 al febbraio 2011 i territori del nord-est Italiano, in particolare il Friuli-Venezia Giulia, la provincia di Belluno e le province autonome di Trento e Bolzano. Lo stato di indennità da rabbia è stato ottenuto nuovamente dopo due anni dall’ultimo caso (febbraio 2013). Al fine di controllare l’epidemia, sono state effettuate numerose campagne di vaccinazione orale delle volpi a carattere emergenziale (2010), ordinario (dal 2008 al 2012) e preventivo (dal 2013 al 2016).
Ad oggi, viene attuata la sorveglianza passiva su tutto il territorio, con particolare attenzione alle regioni del Nord-est maggiormente a rischio di reintroduzione della malattia nella volpe rossa e alle diverse specie di pipistrello su tutto il territorio. I piani di eradicazione non vengono più attuati in assenza della malattia nel territorio italiano.
Per quanto riguarda invece la rabbia nei carnivori domestici (cani, gatti e furetti), anch’essa non presente sul territorio italiano, le azioni di controllo consistono (i) nella gestione delle movimentazioni internazionali nel rispetto del Regolamento UE n. 756/2013 e (ii) nella sorveglianza passiva sul tutto il territorio secondo quanto previsto dal Regolamento di Polizia Veterinaria (D.P.R. 320/54).
Link utili
La rabbia è una zoonosi che viene trasmessa per contatto diretto (generalmente morsicatura) da parte di animale infetto. Alla luce delle caratteristiche e delle condizioni epidemiologiche della malattia, si consiglia di:
Data di ultimo aggiornamento: 3 gennaio 2025