La “Rinotracheite infettiva del bovino” (IBR) è una malattia infettiva dei bovini. La diffusione virale avviene per mezzo di tutti i secreti ed escreti infetti. Non è una zoonosi.
Dopo alcuni giorni di incubazione, l’animale presenta ipertermia (40,5-41,5°C), associata ad apatia, dispnea, tosse, diminuzione dell’appetito, diminuzione del peso corporeo, ipersalivazione, ipersecrezione nasale, dapprima sierosa e poi mucopurulenta. Negli allevamenti da latte è possibile osservare una riduzione della produzione del latte. Spesso è presente congiuntivite unilaterale o bilaterale con profusa lacrimazione. Le cavità nasali appaiono dilatate, iperemiche e presentano lesioni pustolose confluenti; la secrezione diviene sempre più densa e filante di colore biancastro e nelle fasi avanzate, tende ad assumere una colorazione rossastra per la presenza di tracce di sangue.
Nelle fasi iniziali la trachea evidenzia iperemia della mucosa e della sottomucosa, mentre in fasi tardive risulta tappezzata di ulcere che, confluendo, danno luogo alla formazione di pseudomembrane ed emorragie. L’animale in difficoltà respiratoria apre la bocca, divarica gli arti anteriori, estende il collo ed emette frequenti colpi di tosse.
Nel caso in cui non intervengano germi di irruzione secondari o superinfezioni virali, i sintomi regrediscono; diversamente a seguito di complicanze l’animale può andare incontro a morte.
Il virus durante la viremia si può localizzare a livello di apparato riproduttivo determinando aborto nella femmina o sterilità nel maschio. Nei giovani vitelli, il virus si può localizzare nel sistema nervoso causando una forma meningo-encefalica che porta a morte il soggetto in breve tempo.
La diagnosi dell’IBR viene emessa sulla base dell’anamnesi e della sintomatologia. L’infezione viene confermata dagli esami di laboratorio attraverso indagini dirette e indirette.
Le indagini dirette prevedono l’evidenza del virus, utilizzando campioni prelevati direttamente dall’animale in vita o raccolti durante un esame autoptico.
A tale scopo le metodologie sono:
Nell’animale in vita, la raccolta del materiale patologico dovrebbe essere effettuata all’inizio delle manifestazioni cliniche (tamponi nasali, oculari, sangue in toto, ecc…). Durante un esame autoptico, in un soggetto deceduto a seguito di una manifestazione clinica respiratoria, è opportuno inviare al laboratorio una porzione di trachea, di polmone (apice anteriore destro) e i linfonodi tracheo-bronchiali. Tutto il materiale raccolto sarà recapitato al laboratorio nel più breve tempo possibile refrigerato (+4°C).
La diagnosi indiretta ha lo scopo di evidenziare la presenza degli anticorpi nei campioni di siero e/o latte.
Le metodologie che possono essere impiegate sono:
I test ELISA vengono utilizzati in screening sierologici e possono rilevare anticorpi prodotti nei confronti di singole glicoproteine virali (gB, gE) o del virus in toto (anticorpi totali). Questi test possono essere impiegati anche per la ricerca degli anticorpi dalla matrice latte sia su campioni singoli che su pool (massimo 50 bovine in lattazione).
Diversamente le prove di neutralizzazione virale evidenziano la presenza della concentrazione degli anticorpi neutralizzanti nel siero.
In generale i test ELISA risultano più rapidi ed economici, rispetto alle prove di neutralizzazione, tuttavia quest’ultime sono utilizzate come prove di riferimento (gold standard) per la diagnosi di IBR nelle compravendite, negli scambi commerciali per mostre e fiere e negli ingressi ai Centri genetici.
Ad oggi non sono disponibili farmaci antivirali per il BoHV-1. Tuttavia, durante la replicazione virale, potrebbero esser utilizzati farmaci chemioterapici per evitare complicanze batteriche secondarie.
Per quanto concerne la profilassi immunizzante, è possibile utilizzare vaccini di diverse tipologie. In particolare in commercio sono disponibili prodotti inattivati o vivi attenuati. Entrambe le tipologie vaccinali possono presentare una singola o una doppia delezione dei geni che codificano per la gE e per l'enzima timidino-chinasi (tk) e sono in grado di indurre una solida immunità umorale e cellulo-mediata, consentendo di discriminare gli animali vaccinati con prodotti marker da quelli che sono stati infettati dal virus selvaggio o immunizzati con prodotti non marker. I vaccini possono essere somministrati con diversi schemi terapeutici sulla base della diffusione dell’infezione all’interno dell’allevamento e sulla base della attitudine dello stesso.
In generale, per una buona profilassi immunizzante sarebbe opportuno vaccinare tutti i soggetti negativi a BoHV-1, per evitare la circolazione virale. Diversamente, in corso di focolaio da IBR è possibile utilizzare la vaccinazione d’emergenza per limitare le manifestazioni cliniche della malattia.
La principale fonte di infezione è costituita dal bovino infetto e la trasmissione virale si verifica nella maggior parte dei casi per contatto diretto attraverso le vie aerogena, con particolare riferimento alle condizioni di sovraffollamento, o per mezzo della via venerea, anche da parte di individui convalescenti o con infezione asintomatica. La modalità fondamentale di conservazione del virus, in natura, è rappresentata dall’infezione latente.
Il BoHV-1 è relativamente stabile a pH 7,0 specie se mantenuto a temperatura di refrigerazione e sensibile a disinfettanti di uso corrente (alcool, acetone e cloroformio).
La profilassi sanitaria si basa sull’applicazione delle corrette norme di biosicurezza e laddove necessario sull’impiego della vaccinazione.
La situazione attuale in UE e nel mondo
Attualmente, sulla base dei dati riportati l WAHIS Interface OIE (Animal Health information), nel primo semestre 2019, la malattia è diffusa nelle Americhe, in Australia e in alcune zone dell’Europa e dell’Asia.
Per approfondire:
La prevalenza aziendale per IBR nel territorio nazionale è stata calcolata sulla base dell’analisi dei dati relativi ai Piani di gestione ANABIC e ANABORAPI (Tabella 1).
Anno | Prevalenza | Intervallo di confidenza al 95% | Dati relativi a: |
---|---|---|---|
2015 | 55,49% | 52,01%-58,92% | Piano ANABIC |
2016 | 54,46% | 50,73%-58,14% | Piano ANABIC |
2017 | 52% | 48%-55% | Piani ANABIC e ANABORAPI |
2018 | 42% | 40,3%-43,7% | Piani ANABIC e ANABORAPI |
Per approfondire:
Alcune regioni italiane hanno emanato piani di monitoraggio/controllo ed eradicazione dell’IBR già a partire dagli ultimi anni ’90, allo scopo di evitare l’introduzione di animali infetti da altri territori e valorizzare le produzioni zootecniche regionali. In particolare, le regioni che attuano piani ufficiali di controllo dell'IBR sono Campania, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Piemonte, Provincia Autonoma di Bolzano, Provincia Autonoma di Trento, Toscana, Valle D’Aosta e Veneto.
Inoltre negli ultimi anni sono stati emanati due Piani di gestione degli allevamenti bovini a valenza nazionale (Decreto Dirigenziale n. 11100 del 1°giugno 2015; Decreto Ministeriale n. 31679 del 23 dicembre 2016, Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali). Tali Piani, su base volontaria, sono rivolti agli allevatori che possiedono animali appartenenti alle razze autoctone italiane (Marchigiana, Chianina, Romagnola, Maremmana, Podolica e Piemontese) iscritti ai Libri Genealogici (LG) e prevedono di raggiungere l’obiettivo in sei anni.
Consulta i dati sulla sorveglianza IBR dei Piani a valenza nazionale:
Consulta la normativa
Entrambi i piani nascono con lo scopo di limitare l’impatto negativo determinato dall’IBR sul miglioramento genetico di queste popolazioni e prevedono il risanamento entro 6 anni dall'adesione.
Data di ultimo aggiornamento: 3 gennaio 2025