Che cos'è
La trichinellosi è una zoonosi causata dall’ingestione di carne cruda o poco cotta derivante da suini, cinghiali ed equini e contenente larve di nematodi del genere Trichinella. La trasmissione dell’infezione all’uomo infatti, avviene nelle aree del mondo dove vengono consumati alimenti a base di carni crude o poco cotte e loro derivati (ad esempio salsicce fresche) provenienti da animali suscettibili non sottoposti ai controlli veterinari.
Le larve infettanti di circa 1 mm di lunghezza, dopo essere state ingerite si liberano dai tessuti dell’ospite nello stomaco, passano all’intestino tenue dove penetrano attivamente nell’epitelio intestinale e si sviluppano fino allo stadio di adulto. Una volta raggiunta la maturità sessuale (al 4° giorno dopo l’infezione) e dopo la successiva fecondazione, la femmina produce larve “newborn” (neonate) che migrano attraverso il sistema linfatico prima e sanguineo dopo, alle cellule dei muscoli striati, dove penetrano attivamente e inducono la cellula a modificarsi in cellula nutrice, differente sia nella struttura che nelle funzioni. Le larve all’interno delle cellule nutrici possono sopravvivere per anni sia nell’uomo che negli animali, restando in attesa di essere ingerite da un nuovo ospite.
La gravità dell’infezione è dovuta principalmente alla dose di larve infettanti ingerite e può variare da forme benigne a forme gravi che, in seguito a complicazioni cardiocircolatorie, respiratorie e/o neurologiche, possono portare al decesso del paziente. Generalmente la malattia ha un carattere epidemico in quanto più soggetti consumano le carni infette. I casi singoli sono rari.
Nelle prime fasi del decorso clinico la malattia può essere scambiata per influenza poiché la trichinellosi non presenta segni o sintomi patognomonici e la maggior parte delle infezioni vengono acquisite nel periodo invernale che coincide con l’attività venatoria, con la macellazione dei suini provenienti da allevamenti a carattere familiare e quindi non controllati e con le epidemie di influenza. Nei paesi dell’Unione Europea la prevalenza dell’infezione nell’uomo si è fortemente ridotta nell’ultimo decennio grazie ad un incremento dei controlli veterinari e all’educazione dei cacciatori e consumatori. In Italia nell’ultimo decennio le carni e loro derivati di cinghiali provenienti dall’attività venatoria e non sottoposti al controllo veterinario hanno rappresentato la principale fonte di infezione.
La trichinellosi rientra nella classe prima della sorveglianza delle malattie infettive con obbligo immediato di notifica come stabilito dal regolamento europeo EU 2018/945.
Nel genere Trichinella sono attualmente riconosciute nove specie e tre genotipi, di cui la maggior parte sono state riscontrate nell’uomo e le restanti sono considerate potenzialmente patogene (Tabella 1).
Le specie e genotipi, indistinguibili morfologicamente, sono classificati sulla base delle alterazioni causate dalle larve nelle cellule muscolari in due gruppi.
Il primo è quello a cui appartengono le specie incapsulate:
Il secondo gruppo è quello delle specie non incapsulate che infettano i mammiferi e gli uccelli:
In Europa sono presenti quattro specie:
La specie di Trichinella più patogena per l’uomo è T. spiralis. Questa specie e anche quella meglio adattata ai suini domestici e selvatici e quindi più facilmente riscontrata nell’uomo.
Tabella 1. Specie di Trichinella, distribuzione e principali ospiti.
Specie/genotipo | Distribuzione | Principali ospiti | Documentata infezione nell’uomo | Presente in Italia | Presente in Europa |
T. spiralis | Cosmopolita | Suini domestici e selvatici | sì | Solo tre isolamenti | sì |
T. nativa | Zone artiche e subartiche dell’Asia, Europa e Nord America | Carnivori selvatici | sì | no | si |
T. britovi | Europa centro-meridionale, Asia occidentale, Africa settentrionale e centrale | Carnivori selvatici, raramente suini | sì | sì | si |
T. pseudospiralis | Cosmopolita | Mammiferi e uccelli carnivori e onnivori | sì | Molto rara | sì |
T. murrelli | Stati Uniti e Canada | Carnivori selvatici | si | no | no |
T. nelsoni | Africa orientale sub-Sahariana | Carnivori selvatici, raramente suini | sì | no | no |
T. papuae | Sud-est Asiatico Australasia | Coccodrilli e tartarughe d’acqua dolce | sì | no | no |
T. zimbabwensis | Africa sub-Sahariana | Coccodrilli, varani e mammiferi carnivori | no | no | no |
T. patagoniensis | America meridionale | Carnivori selvatici (felidi) | no | no | no |
Trichinella T6 | Zone artiche dell’America settentrionale | Carnivori selvatici | sì | no | no |
Trichinella T8 | Africa australe occidentale | Carnivori selvatici | no | no | no |
Trichinella T9 | Giappone | Carnivori selvatici | sì | no | no |
Sintomi
Negli animali, l’infezione da Trichinella non causa manifestazioni cliniche.
Diagnosi
Il decorso clinico dell’infezione non è caratterizzato da segni o sintomi patognomonici, secondo la definizione dell'ECDC (EU 2018/945) un caso probabile di trichinellosi è definito dalla presenza di almeno tre dei seguenti sei segni o sintomi:
Un caso confermato è qualsiasi paziente che soddisfi i criteri clinici sopra riportati e di laboratorio (risposta anticorpale specifica a Trichinella spp. rilevata da IFA, ELISA o Western blot o presenza di larve di Trichinella nel tessuto muscolare striato ottenuto mediante biopsia).
Terapia e profilassi
L’OMS raccomanda il trattamento con un antielmintico associato ad un antiinfiammatorio da iniziare al più presto dopo la diagnosi.
Come antielmintici si usano:
I benzimidazolici sono efficaci verso le larve in via di sviluppo ad adulti nell’intestino e verso le larve “newborn” in circolo o penetrate da poco nella cellula muscolare. Il pirantel non è assorbito, pertanto la sua azione si esplica solo sugli stadi intestinali. Come antiinfiammatorio si usano i corticosteroidi (prednisolone, 30-60 mg/d in dosi multiple per 10-14 gg) con le dovute precauzioni.
Prevenzione
Per prevenire l’infezione umana bisogna evitare il consumo di carne crude o poco cotte e loro derivati, di suino, equino o cinghiale che non siano state sottoposte preventivamente al controllo veterinario. La cottura delle carni a 65°C uccide il parassita, ma è importante che questa temperatura sia raggiunta nel cuore del prodotto carneo.
Per approfondire:
La situazione in Europa e nel mondo
Nel 2017, in Europa sono stati segnalati 224 casi di trichinellosi nell'uomo, con un tasso di notifica del 0,03 casi per 100.000 abitanti. La Bulgaria ha registrato il tasso di notifica più alto, seguito da Croazia, Lituania e Romania. La specie più comunemente segnalata nei casi umani è T. spiralis seguita da T. britovi.
I casi di trichinellosi umana sono correlati a epidemie causate generalmente dal consumo di carne e prodotti derivati (salsicce fresche) di suini o cinghiali allevati allo stato brado o di carne di cinghiali oggetto di attività venatoria. La forte riduzione dell’infezione da Trichinella nei suini ha anche portato alla scomparsa dell’infezione negli equini, che originava dall’abitudine per il finissaggio dei cavalli di nutrirli con avanzi della macellazione di suini. A livello mondiale, i parassiti del genere Trichinella non sono mai stati reperiti in suini provenienti da allevamenti controllati. Negli ultimi 5 anni nei paesi dell’Unione Europea, la prevalenza di Trichinella si è fortemente ridotta nei cinghiali (di tre volte) e nella volpe (di due volte). Tuttavia permangono aree ad alta endemia soprattutto nei paesi dell’Europa dell’Est e in Spagna.
Nel resto del mondo la situazione epidemiologica della trichinellosi varia molto a secondo delle abitudini alimentari della popolazione e ai controlli veterinari. La distribuzione mondiale e i principali ospiti delle specie di Trichinella sono indicati nella tabella 1 in sezione malattia.
Le infezioni umane si stanno fortemente riducendo non solo a livello dell’Unione Europea ma anche negli Stati Uniti e in Canada. Tuttavia permangono ancora alcune zone ad alta endemia per il consumo di carne suina non controllata, come ad esempio in Argentina. Nei paesi industrializzati sono invece in aumento le infezioni umane causate dal consumo di carni provenienti dall’attività venatoria spesso illegale e quindi non controllata dai servizi veterinari.
In Italia
Dagli anni cinquanta fino al 2018, sono state documentate in Italia 1.525 infezioni da Trichinella nell’uomo verificatisi nel corso di 36 epidemie (Tabella 2). Nello stesso periodo sono stati diagnosticati in Italia circa 60 casi singoli di trichinellosi per lo più causati da carni infette consumate all’estero con conseguente sviluppo della malattia in Italia. Non sono stati documentati decessi.
Tabella 2. Casi di trichinellosi verificatisi in Italia dal 1950 al 2018.
N. epidemie | N. casi nell’uomo | Fonte dell’infezione |
12 | 188 | Salsicce crude e/o carne poco cotta di cinghiali oggetto di attività venatoria |
2 | 11 | Salsicce poco cotte confezionate in parte con carne di volpe |
3 | 111 | Salsicce crude e/o carne poco cotta di cinghiali di allevamento |
10 | 169 | Salsicce crude e/o carne poco cotta di suini allevati allo stato brado o in piccoli allevamenti a carattere familiare |
2 | 12 | Carne suina importata dalla Romania |
7 | 1.038 | Carne cruda di cavalli importati dai paesi dell’Europa orientale |
Nello stesso periodo di tempo in Italia, larve di Trichinella sono state isolate da 33 suini allevati allo stato brado o in piccoli allevamenti familiari, 90 cinghiali oggetto di attività venatoria, 6 cinghiali provenienti da un allevamento (Friuli), 8 cavalli importati dall’Europa dell’Est e da oltre 200 carnivori selvatici (specialmente volpi e lupi). La specie di Trichinella più frequentemente riscontrata in Italia è T. britovi, che ha nei carnivori selvatici (volpi, lupi e mustelidi) il suo principale serbatoio con prevalenze generalmente inferiori al 0,5%. Nella popolazione dei cinghiali, la prevalenza è inferiore allo 0,1%. Nel territorio nazionale questo patogeno circola prevalentemente tra i carnivori selvatici delle aree montane al di sopra dei 400-500 m slm. Invece, T. spiralis è stata rilevata solo nel 2016, 2017 e 2018 in tre volpi di origine venatoria provenienti da una stessa località della provincia di Piacenza, il che fa supporre l’esistenza di un focolaio, per ora circoscritto, forse causato dall’abbandono di carni di cinghiale o di suino provenienti dall’Europa dell’est. Infatti questa specie è stata reperita nella maggior parte degli animali infetti importati dall’estero.
Dal 2010 con l’incremento dei controlli veterinari con tecniche più sensibili sia sugli animali da allevamento che su quelli oggetto di attività venatoria, è aumentato il numero di segnalazioni di T. pseudospiralis che, tra il 2010 e il 2014, è stata documentata in 6 cinghiali di allevamento in Friuli V.G., in due cinghiali oggetto di attività venatoria in Emilia Romagna e Toscana e in una volpe della Toscana. L’epidemiologia di questa specie deve essere attentamente monitorata in Italia.
Dal 2006, in accordo al regolamento della Commissione Europea UE No 2075/2005, sostituito successivamente dal UE No 2015/1375, il numero di animali suscettibili (sia domestici che selvatici) saggiati mediante digestione artificiale per la ricerca di questi parassiti è notevolmente aumentato. Il metodo è validato e applicato da personale formato specificamente all’esecuzione del test. I laboratori (sia pubblici che privati) dove viene effettuato il test per la ricerca di Trichinella partecipano periodicamente a “proficiency test”, prove valutative interlaboratorio condotte per valutare la loro performance nell’applicazione del metodo. Come sopra riportato, dal dopoguerra ad oggi, i parassiti del genere Trichinella non sono mai stati repertati in suini provenienti da allevamenti controllati.
L’incremento del numero di suini allevati in condizione di stabulazione controllata secondo i requisiti della legislazione europea 2015/1375 e la forte riduzione dell’allevamento suinicolo brado o dei piccoli allevamenti a carattere familiare, fanno prevedere la riduzione del rischio di acquisire la trichinellosi a seguito del consumo di carni suine. Al contrario, l’esponenziale aumento delle popolazioni di cinghiale e della caccia di frodo soprattutto nelle aree protette, costituisce un serio rischio per il verificarsi di epidemie umane.
Normativa
Data di ultimo aggiornamento: 3 gennaio 2025