Il colera è una tossinfezione acuta causata dall’enterotossina prodotta dal bacillo Vibrio cholerae (sierogruppi O1 e O139), che si manifesta con diarrea acquosa profusa (fino a 10-14 litri). Molti altri sierogruppi di V. cholerae, con o senza il gene della tossina del colera (compresi i ceppi non tossigeni dei sierogruppi O1 e O139), possono causare una malattia simile al colera. Tuttavia, solo i ceppi tossigeni dei sierogruppi O1 e O139 sono in grado di causare epidemie diffuse e sono segnalabili all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come “colera”.
Negli ultimi due secoli sono state registrate sette distinte pandemie di colera. I ceppi tossigeni di V. cholerae O1 sono all’origine di una pandemia globale attualmente in corso iniziata nel 1961. Nonostante l’incidenza globale di colera sia notevolmente diminuita alla fine degli anni ‘90, molti paesi sono diventati endemici: il colera è rimasto prevalente in alcune parti dell’Africa, dell’Asia, dell’America (Isola di Hispaniola).
V. cholerae O1 ha 2 biotipi, classico ed El Tor, e ciascun biotipo può essere suddiviso in sierotipi distinti, Inaba Ogawa e, raramente, Hikojima. I sintomi dell’infezione sono indistinguibili, ma molte persone infette dal biotipo El Tor rimangono asintomatiche o hanno solo una malattia lieve. A livello globale, la maggior parte dei casi di colera sono causati da organismi O1 El Tor. Negli ultimi anni, una variante El Tor con caratteristiche sia del biotipo classico che di El Tor è emersa in Asia e si è diffusa in Africa e nei Caraibi. Questo è il ceppo responsabile dell’epidemia nell’isola di Hispaniola; rispetto ai ceppi El Tor più vecchi, questa variante più recente sembra essere più virulenta, causando una percentuale maggiore di episodi gravi di colera con un potenziale tasso di mortalità più elevato.
V. cholerae O139 è prevalente in alcune aree dell’Asia.
Per saperne di più:
V. cholerae O1 e O139 tossigeni vivono nell’acqua dolce e salmastra spesso in associazione con copepodi o altro zooplancton, crostacei e piante acquatiche. Serbatoi dell’infezione sono l’uomo (malati e portatori asintomatici) e l’ambiente.
Il colera si trasmette per via fecale-orale attraverso l’ingestione di acqua o alimenti crudi o poco cotti (molluschi, pesce) contaminati da materiale fecale umano. Altri alimenti, tra cui i prodotti agricoli, sono meno comunemente implicati. È stata segnalata la trasmissione diretta da persona a persona, anche degli operatori sanitari durante le epidemie.
La malattia è trasmissibile finchè i campioni fecali sono positivi alla ricerca del V. cholerae (7-14 giorni negli individui asintomatici, pochi giorni dal recupero clinico negli individui sintomatici). Nell’acqua potabile, nei frutti di mare, e nel latte il bacillo sopravvive fino a 2 settimane, mentre nell’acqua dolce contaminata da altri batteri resiste soltanto due giorni. È inoltre inattivato da: essicamento, riscaldamento (cottura, ebollizione, pastorizzazione), dal pH acido e dai comuni disinfettanti.
L’infezione decorre in forma subclinica nella maggior parte dei casi. La forma clinica del colera si manifesta dopo un breve tempo di incubazione, da poche ore a 5 giorni, ma generalmente è di 2-3 giorni; l’esordio è improvviso con l’emissione di una grandissima quantità di feci acquose (fino a 10-14 litri), le così dette “feci ad acqua di riso”, per la presenza di fiocchetti di vibrioni e muco in scariche incolori.
La perdita di grandi quantità di liquidi con la diarrea e con il vomito può provocare ipovolemia (diminuzione liquidi circolanti), ipotermia (temperatura corporea inferiore a 37°C), disidratazione, stato di shock e decesso. Possono manifestarsi nausea e crampi muscolari agli arti inferiori, mentre sono assenti febbre, dolori addominali e tenesmo rettale.
Se le perdite idro-elettrolittiche non vengono reintegrate, la morte sopraggiunge nel 50% dei casi per acidosi metabolica, insufficienza renale acuta o shock ipovolemico. Un’altra frequente complicazione soprattutto nei bambini è l’ipoglicemia. Con un tempestivo trattamento la letalità scende all’1%.
I fattori predisponenti alla manifestazione della malattia e alla comparsa delle complicanze comprendono un’elevata carica microbica nell’acqua o negli alimenti, un pH gastrico elevato, (terapie antiacide o antisecretorie, gastrectomia), malattie intestinali croniche, malnutrizione, disidratazione, alterazione della normale flora batterica intestinale e immunodepressione.
CONTAGIOSITA’
La contagiosità è legata alla presenza di V. cholerae nelle feci; generalmente il periodo di contagiosità si protrae per alcuni giorni dopo la guarigione clinica ma, talvolta, può instaurarsi uno stato di portatore cronico, con eliminazione dei germi da qualche settimana a qualche mese. Non sono rari, soprattutto in seguito ad infezione da V. cholerae El Tor, casi di infezione inapparente e di portatori sani, cioè di persone che, in assenza di qualsiasi sintomo, eliminano vibrioni con le feci per settimane e forse per mesi. Si stima che soltanto il 10% delle persone infette sviluppi i sintomi tipici della malattia con disidratazione moderata o grave.
La diagnosi è clinica e può essere confermata tramite isolamento del vibrione dalle feci con esame microscopico (nelle zone endemiche) o tramite isolamento colturale ed identificazione sierologica dei vibrioni e ricerca della tossina colerica (nelle zone non endemiche).
Cardine del trattamento del colera è la tempestiva ed adeguata reidratazione orale, mentre nei casi gravi per via endovenosa. Nei bambini di età inferiore ai 15 anni il supplemento con zinco riduce la durata e la gravità della diarrea. Nei casi moderato-severi un’appropriata terapia antibiotica (doxiciclina o in alternativa, in situazioni di antimicrobico-resistenza, azitromicina o ciprofloxacina) può accorciare la durata della diarrea, ridurre il volume necessario per la reidratazione, accorciare la durata di escrezione del vibrione.
Le categorie a rischio di infezione da colera in particolare sono: operatori umanitari e sanitari, rifugiati e sfollati, viaggiatori diretti in aree endemiche o in cui si sta verificando un’epidemia attiva.
La prevenzione del colera e della sua diffusione si basa sull’interruzione della trasmissione fecale-orale garantendo sicurezza alimentare e dell’acqua potabile; una corretta gestione e smaltimento dei rifiuti; e un’appropriata igiene, compreso il lavaggio delle mani con il sapone prima di preparare o consumare gli alimenti. I vibrioni del colera sono, infatti, estremamente sensibili all'azione dei comuni detergenti e disinfettanti.
Esistono ad oggi 3 vaccini orali inattivati prequalificati dall’OMS: Dukoral®, Shanchol™ ed Euvichol-Plus®. Il primo per i bambini di età compresa tra i 2 e i 6 anni, mentre gli altri due forniscono una protezione più duratura negli adulti e nei bambini di età maggiore di 6 anni.
La chemioprofilassi antibiotica è raramente raccomandata; spesso al momento in cui si identificano i contatti di un caso, le persone potrebbero aver già contratto l’infezione o hanno poche possibilità di contrarre la stessa dal caso in questione. Tuttavia, la chemioprofilassi delle popolazioni istituzionalizzate, come quelle in carcere, che potrebbero essere rapidamente raggiungibili a seguito dell’identificazione di un caso indice, è stata in passato portata a termine con successo. Gli stessi antibiotici utilizzati per il trattamento possono essere utilizzati per la chemioprofilassi prestando attenzione ai pattern di resistenza dei ceppi circolanti.
Per approfondire
Linee guida internazionali sulla sorveglianza del colera WHO 2023
Come per tutte le malattie a trasmissione fecale, lo scrupoloso rispetto di elementari norme igieniche è fondamentale, a livello individuale, per la prevenzione del colera. A livello collettivo la prevenzione delle malattie a trasmissione fecale-orale si realizza attraverso il corretto smaltimento e allontanamento dei rifiuti solidi e liquidi, la disponibilità di acqua per uso umano sicura e controllata, una buona igiene alimentare.
Per approfondire
Data di pubblicazione: 26 giugno 2015 , ultimo aggiornamento 9 maggio 2024