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Epatite A

Descrizione

L'epatite virale A è una malattia infettiva acuta a carico del fegato causata da un virus a RNA appartenente al genere Picornavirus della famiglia dei Picornaviridae, il virus dell’epatite A (HAV). I sintomi dell'epatite A possono durare fino a 2 mesi e comprendono affaticamento, nausea, mal di stomaco e ittero. La malattia è autolimitante e non provoca, pertanto, un'infezione cronica ed è prevenibile con il vaccino. Gli anticorpi HAV (IgG anti-HAV) prodotti in risposta all’infezione da HAV persistono per tutta la vita e proteggono dalla reinfezione.

L’epatite A è diffusa in tutto il mondo sia in forma sporadica che epidemica. Nei paesi in via di sviluppo, generalmente aree altamente endemiche per le scarse condizioni igienico-sanitarie presenti, l’infezione si trasmette rapidamente tra i bambini, nei quali la malattia è spesso asintomatica; molti adulti, essendo venuti a contatto con il virus in età infantile, risultano immuni alla malattia e raramente si sviluppano focolai di malattia. Nei paesi più sviluppati, con il miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie, il contatto con il virus in età infantile diventa molto meno frequente, di conseguenza aumenta l’età media dei casi notificati, la percentuale dei casi sintomatici e lo sviluppo di focolai.

In Italia la malattia è endemica soprattutto nelle regioni meridionali, dove più diffusa è la pratica di consumare frutti di mare crudi. Possono comunque verificarsi epidemie o casi sporadici su tutto il territorio nazionale, legati al consumo di alimenti (non solo frutti di mare ma anche vegetali e frutta) o acqua (per es. di pozzo) contaminati, viaggi in aree endemiche, scarse condizioni igieniche, comportamenti a rischio.

In Italia, negli ultimi decenni, si è assistito a un profondo mutamento dell’epidemiologia delle epatiti virali, per il contribuito di diversi determinanti. In particolare: le migliorate condizioni igieniche e socio-economiche; la riduzione della dimensione dei nuclei familiari e quindi della circolazione intra-familiare dei virus; una maggiore conoscenza e consapevolezza del rischio di trasmissione, anche grazie alle campagne informative sull’Hiv (le cui modalità di trasmissione sono comuni ai virus Hbv e Hcv); l’introduzione di importanti misure di prevenzione quali lo screening dei donatori di sangue e durante la gravidanza, la profilassi nei nati da madri HBsAg positive; l’adozione di precauzioni universali in ambito sanitario[1].

 

Per saperne di più

ISS-Epicentro-Epatite A

Come si trasmette

La trasmissione avviene principalmente per via oro-fecale, sia per contatto diretto da persona a persona che attraverso il consumo di acqua o di alcuni cibi crudi (o non cotti a sufficienza) contaminati. La trasmissione può avvenire anche dopo l'esposizione a sangue o prodotti ematici contaminati, ma non per esposizione a saliva o urina. Le persone asintomatiche o senza manifestazione itterica affette da HAV, soprattutto i bambini, sono un’importante fonte di trasmissione di HAV.

Dopo l’ingestione, l’assorbimento nel tratto gastrointestinale e la sua successiva replicazione nel fegato, l’HAV viene escreto nella bile e si riscontrano alte concentrazioni nelle feci, dalle quali può essere isolato per lungo tempo. L’esame di campioni fecali consente l’isolamento del virus da 7-10 giorni prima della comparsa della sintomatologia ad una settimana dopo; la fase viremica ematica dura invece pochi giorni.

Il diffondersi della malattia è favorito da condizioni igieniche ambientali scadenti e, soprattutto, dall’assenza di norme igieniche durante la preparazione degli alimenti. Anche l’uso di droghe aumenta il rischio di infezione. Inoltre, risulta diffusa la trasmissione tramite pratiche sessuali di natura procto-genitale od ano-linguale.

Pertanto, sono categorie a maggior rischio di epatite A:

  • persone a stretto contatto con persone infette 
  • viaggiatori internazionali in paesi in cui l’epatite A è endemica e/o residenti in aree endemiche
  • uomini che hanno rapporti sessuali con uomini
  • persone che fanno uso di droghe o che se le iniettano (tutti coloro che fanno uso di droghe illegali)
  • persone con rischio di esposizione professionale
  • persone che prevedono un contatto personale ravvicinato con un adottato internazionale
  • persone che vivono senza fissa dimora

Sono categorie amaggior rischio di epatite A:

  • persone con malattie epatiche croniche, comprese l'epatite B e l'epatite C
  • persone con HIV

 

 

Segni e sintomi

La malattia ha un periodo di incubazione che va da 15 a 50 giorni e un decorso, generalmente, autolimitante e benigno. La maggior parte (70%) delle infezioni nei bambini di età inferiore ai 6 anni non è accompagnata da sintomi. Quando i sintomi sono presenti, i bambini piccoli in genere non presentano ittero; mentre, la maggior parte (>70%) dei bambini più grandi e degli adulti con infezione da HAV presenta ittero.

I sintomi durano solitamente meno di 2 mesi, anche se il 10%-15% delle persone sintomatiche presenta una malattia prolungata o recidivante fino a 6 mesi.

I segni e i sintomi si manifestano di solito all’improvviso e sono caratterizzati da febbre, stanchezza, perdita di appetito, nausea, vomito, dolori addominali, diarrea, dolori articolari, urine scure, feci di colore argilloso, ittero (colorito giallognolo della pelle e delle sclere) e prurito dovuto all’aumentata concentrazione di bilirubina nel sangue. I segni tipici sono urine scure e feci di colore argilloso.

Sono state osservate anche forme fulminanti, rapidamente fatali per insufficienza epatica. Un decorso aggravato dell’epatite e il rischio di esito infausto si osserva, generalmente, in soggetti che hanno contrato l’infezione in età adulta (> 50 anni) o affetti da altre patologie concomitanti a carico del fegato.

La guarigione conferisce un’immunità permanente. I pazienti guariscono completamente senza mai cronicizzare; pertanto, non esiste lo stato di portatore cronico del virus A, nè nel sangue, nè nelle feci.

 

 

Diagnosi

Il sospetto della presenza di infezione da HAV si basa, inizialmente, sulla sintomatologia e sull’evoluzione clinica.

La conferma della diagnosi si effettua attraverso gli esami ematochimici (alti valori delle transaminasi e aumento della bilirubina) e attraverso la rilevazione di IgM anti-HAV nel sangue, tramite test ELISA o test radioimmunologici, che rilevano un’infezione in corso e/o recente.
La rilevazione di IgG anti-HAV indica, al contrario, un’infezione avvenuta nel passato.


Terapia

Non vi sono farmaci indicati per la terapia dell’epatite A. Come già detto, nella maggioranza dei casi, i sintomi sono lievi e la malattia si risolve spontaneamente.

In generale si consiglia il riposo, una dieta bilanciata, con astensione dall’alcol (che potrebbe causare ulteriori danni al fegato), riduzione del consumo di alimenti troppo grassi a favore di quelli più facilmente digeribili, e assunzione di molti liquidi.

Una persona a cui viene posta diagnosi di epatite A, e che è già in terapia per altre patologie preesistenti, deve tener presente che l’infezione, causando una diminuzione della funzionalità epatica, potrebbe alterare il metabolismo, e di conseguenza la concentrazione, dei farmaci assunti. Bisogna pertanto consultare il proprio medico curante per aggiornare la terapia, ed eventualmente avviare cure mediche in ospedale nel caso di complicanze.

Prevenzione

La prevenzione dell’epatite A può attuarsi sia attraverso precauzioni igieniche e ambientali che profilassi vaccinale.

In caso di trasmissione interumana le possibilità maggiori di contagio si osservano nei 15 giorni prima della comparsa dei sintomi.

Le misure di prevenzione consistono principalmente nel rispetto delle norme igieniche generali consigliate in tutte le malattie a trasmissione oro-fecale:

  • non consumare frutti di mare crudi: la cottura è l’unica misura efficace per eliminare o inattivare il virus dell’epatite A dai molluschi bivalvi o da altri prodotti freschi contaminati come frutta e verdura
  • lavare accuratamente le verdure prima di consumarle
  • lavare e sbucciare la frutta
  • non bere acqua di pozzo
  • curare scrupolosamente l’igiene personale, specie delle mani: lavarsi le mani dopo aver usato il bagno, dopo aver cambiato un pannolino, prima di preparare il cibo, prima di mangiare, ecc.
  • essere scrupolosamente puliti nella manipolazione di cibi e bevande
  • proteggere gli alimenti dagli insetti, che possono rappresentare un vettore per il virus
  • applicare i metodi di prevenzione per le infezioni sessualmente trasmesse (IST) e per la pratica sessuale sicura.

Si raccomanda, inoltre, ai viaggiatori, diretti verso paesi con scarse condizioni igienico-sanitarie o endemici per epatite A, una volta arrivati nel paese, di mangiare solo cibi cotti, in particolare verdure e frutti di mare, e di bere esclusivamente acqua in bottiglia e non consumare ghiaccio (se non si conosce l’esatta provenienza dell’acqua con cui è stato preparato).

In Italia sono disponibili diversi tipi di vaccini contro l’epatite A, sia in formulazione monocomponente che associato al vaccino dell’epatite B.

Si tratta di vaccini a virus inattivato, cioè ucciso, che viene somministrato in 2 dosi, a distanza di 6-12 mesi l’una dall’altra, per via intramuscolare nella regione deltoidea (parte alta del braccio).

La protezione si raggiunge dopo 14-21 giorni dalla prima dose. Già dopo la prima somministrazione risultano immunizzati circa il 95% dei vaccinati (anticorpi anti-HAV > 20 UI/ml). La seconda dose a distanza di 6/12 mesi dalla prima ne prolunga l’efficacia protettiva. I dati di letteratura più recenti hanno suggerito una durata dell’immunizzazione verso l’epatite A, dopo vaccinazione, di circa 25 anni negli adulti e 14-15 anni nei bambini (CDC, 2010)

In Italia, secondo il Calendario nazionale vaccinale vigente, la vaccinazione è raccomandata per le seguenti categorie:

soggetti con condizioni patologiche a rischio e loro conviventi:

  • Soggetti affetti da epatopatia cronica (in conseguenza della maggiore suscettibilità di tali pazienti per l’insorgenza di forme fulminanti)
  • Pazienti con coagulopatie tali da richiedere terapia a lungo termine con derivati di natura ematica

soggetti a rischio per esposizione professionale:

  • Soggetti che lavorano a contatto con primati infettati dal virus dell’Epatite A (HAV);
  • Soggetti che lavorano con HAV in strutture laboratoristiche;
  • Soggetti che lavorano alla raccolta e allo smaltimento dei rifiuti solidi e dei liquami.

soggetti a rischio per determinati comportamenti o condizioni:

  • Bambini (0-14 anni) viaggiatori all’estero
  • Bambini fino ai 14 anni di età, figli di immigrati, che si recano in Paesi endemici o residenti in aree a maggiore rischio endemico
  • Soggetti residenti in aree geografiche ad elevata endemia
  • Tossicodipendenti
  • Uomini che fanno sesso con uomini

Si consiglia il vaccino per l’epatite A anche a:

  • Soggetti a rischio per soggiorni in aree particolarmente endemiche

Una persona che è stata esposta al rischio di infezione può essere trattata con immunoglobuline che vengono usate per prevenire o per attenuare la malattia. In questo caso, il trattamento deve essere intrapreso entro le due settimane dal contagio. Le immunoglobuline possono essere somministrate anche in gravidanza e durante l’allattamento.

Le immunoglobuline permettono una rapida immunizzazione mentre il vaccino richiede dalle 2 alle 3 settimane per fornire la protezione desiderata.

Occorre peraltro rilevare che mentre il vaccino assicura una immunità per almeno un decennio, l'effetto delle immunoglobuline esogene si esaurisce nell'arco di 3-6 mesi.

Per saperne di più:

Intesa Governo, Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano sul “Piano nazionale di prevenzione vaccinale (PNPV) 2023-2025” e sul “Calendario nazionale vaccinale”

 


 

 

 

Focolai epidemici in Italia e in Europa

Epidemia del 2013

Nell’aprile del 2013 il Sistema di Epidemic Intelligence di informazione per le malattie trasmesse da alimenti e acqua (EPIS-FWD) e il sistema di Allerta rapida della Commissione Europea (EWRS) segnalavano due focolai di epatite A.

Il primo, legato presumibilmente al consumo di frutti di bosco surgelati, interessava i Paesi Nord-europei, il secondo interessava turisti di rientro dall’Egitto.

Anche in Italia il Sistema Epidemiologico integrato dell'epatite virale acuta (Seieva), rilevò un aumento del numero di casi di epatite A rispetto agli anni precedenti. Le analisi di laboratorio, attraverso l’accertamento della sequenza virale, indicavano una comune fonte di infezione: frutti di bosco misti congelati.
Furono sequestrati un gran numero di lotti di prodotto congelato che erano risultati infetti. Nonostante questo, sia per la complessità della catena di distribuzione, a monte dei lotti incriminati, che per il numero delle aziende coinvolte, non era possibile escludere la presenza sul mercato di altri prodotti contaminati.
Il Ministero della Salute predispose una campagna di comunicazione sul rischio associato al consumo di frutti di bosco e sulle precauzioni da mettere in atto, in particolare:

  • evitare di impiegare i frutti di bosco scongelati crudi ( per es. per guarnire torte, semifreddi, yogurt ecc). Il lavaggio, infatti, può ridurre la concentrazione virale ma non eliminarla
  • consumare i frutti di bosco congelati e/o surgelati solo dopo cottura, facendoli bollire, portandoli a 100°C, per almeno 2 minuti
  • lavare accuratamente i contenitori e gli utensili usati per maneggiare i frutti di bosco scongelati, per evitare una contaminazione crociata con altre fonti alimentari.

Leggi la Circolare 23 maggio 2013 sulla sorveglianza dell’epatite A

Epidemia del 2016

Nell’estate del 2016 il Regno Unito ha, per primo, segnalato casi di epatite A infettati con una identica sequenza virale del genotipo IA, raggruppati in 4 cluster (tre in Inghilterra e uno in Irlanda del Nord). Tutti i casi interessavano maschi, di età compresa tra 23 e 63 anni, la maggior parte dei quali dichiarava di avere rapporti con maschi (MSM).

A dicembre 2016 l’ECDC, attraverso un  Rapid Risk Assessment (RRA), evidenziava un aumento del numero di casi di epatite A in ben 13 paesi dell’Unione europea. Tali focolai epidemici, confermati dagli aggiornamenti del RRA di febbraio e maggio 2017, interessavano prevalentemente MSM. In particolare, la Spagna e l’Italia hanno riportato un considerevole incremento rispetto agli anni precedenti

In Italia, al Seieva sono stati notificati , per il periodo compreso tra agosto 2016 e aprile 2017, 1.410 casi, con un incremento di circa 10 volte rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (4,1x100.000 rispetto a 0,4x100.000 nell’anno precedente)

Le analisi molecolari indicano che i soggetti interessati risultano infettati da virus con sequenza identica ai 4 ceppi epidemici isolati dai focolai presenti negli altri Paesi europei (VRD_521_2016 -UK, V16-25801- DE, RIVM-HAV16-069  -NL, RIVN-HAV16-090 -NL): ceppi mai rilevati in Italia prima dell’estate 2016.

Delle dodici regioni delle quali è stata effettuata la caratterizzazione virale mediante sequenziamento, undici sono risultate coinvolte nell’epidemia con la sola eccezione della Sardegna (l’unico campione pervenuto conteneva un ceppo non correlato a quelli della presente epidemia).

Per contrastare il diffondersi dei focolai epidemici è stata incrementata la vaccinazione antiepatite A, soprattutto nelle persone esposte a rischio di infezione, e sono state effettuate campagne di comunicazione con le misure da adottare per prevenire l’infezione:

  • curare l’igiene personale
  • curare l’igiene in modo particolare durante la preparazione dei pasti
  • evitare di toccare /mangiare cibo con le mani nude e fare attenzione all’acquisto di alimenti da venditori ambulanti
  • informarsi sui metodi di prevenzione per le infezioni sessualmente trasmesse (IST) e per la pratica sessuale sicura
  • in caso di viaggi informarsi sulla situazione epidemiologica e igienica del Paese che si visiterà

Leggi la Circolare del 26 luglio 2017


Data di pubblicazione: 10 giugno 2013 , ultimo aggiornamento 23 maggio 2024



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