La sorveglianza delle acque di balneazione costituisce un momento importante della tutela della salute pubblica e questo spiega l'attenzione e l'impegno che il Ministero della salute ha costantemente dato al programma ed alla sua attuazione. 

Obiettivo del programma di sorveglianza è l'esatta conoscenza, sia sotto il profilo microbiologico, sia sotto quello fisico-chimico, dello stato delle acque marine, lacustri e fluviali e, quindi, l'identificazione sia delle situazioni di degrado ambientale che di situazioni, anche solo potenzialmente, pericolose. 

Ciò comporta la necessità, in particolare per Regioni e Comuni, di interdire alla balneazione i tratti di costa che non rispondono ai requisiti di legge, ricorrendo a provvedimenti spesso difficili, soprattutto per regioni a spiccata vocazione turistico-balneare, ed impopolari, ma indispensabili per raggiungere l'obiettivo della massima garanzia per i bagnanti.

Secondo la normativa italiana un tratto di costa, per essere valutato balneabile, deve risultare conforme ai requisiti microbiologici e chimico-fisici indicati dalla vigente normativa che ha recepito i “valori guida” della direttiva invece dei più permissivi “valori imperativi”, contrariamente a quanto hanno scelto di fare altri Paesi europei. 

Si intendono per:

  1. acque di balneazione - le acque dolci, correnti o di lago e le acque marine nelle quali la balneazione è espressamente autorizzata ovvero non vietata
  2. zona di balneazione - il luogo in cui si trovano le acque di balneazione di cui al punto a)
  3. stagione balneare - il periodo compreso tra il 1° maggio ed il 30 settembre
  4. periodo di campionamento - è il periodo che inizia un mese prima della stagione balneare (1° aprile) e termina con la fine della stessa (30 settembre).

I prelievi vengono effettuati in fondali con una profondità tra gli 80 e i 120 cm. Ciò va tenuto presente nell'esatta lettura delle percentuali di balneabilità, in particolare per alcune regioni, come la Sardegna, che hanno tratti di costa alta, che non viene in tal modo monitorata.

I requisiti di balneabilità devono essere anche adeguatamente controllati nel corso della stagione balneare.
La normativa italiana, a garanzia della salute dei cittadini, giudica non idonee alla balneazione anche le acque per le quali, a causa della incompletezza del monitoraggio, non possa essere espressa una valutazione.

La normativa italiana, già tra le più rigorose in Europa, impone criteri più restrittivi sia per i tratti di costa insufficientemente campionati che per quelli vietati per inquinamento microbiologico: i primi saranno interdetti alla balneazione fino a quando non sarà rispettata la frequenza di campionamento prescritta, le coste inquinate non potranno essere riammesse alla balneazione finché non saranno messi in atto gli opportuni interventi di risanamento e conseguente recupero.


La Direttiva 2006/7/CE recepita con D.lgs 116 del 30 maggio 2008, abroga la direttiva sulla qualità di balneazione 76/160/CEE al fine di adeguarla agli sviluppi tecnico-scientifici, ai nuovi studi epidemiologici dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e alle nuove normative europee adottate dopo il '76 nel settore delle acque.

La Direttiva 2006/7/CE ha un approccio decisamente innovativo rispetto alla precedente direttiva, poiché privilegia soprattutto una gestione integrata della qualità delle acque tale da permettere azioni volte a prevenire l'esposizione dei bagnanti in acque inquinate, non solo attraverso il monitoraggio, ma anche attraverso misure di gestione in grado di riconoscere e ridurre le possibili cause di inquinamento.

Ai fini della classificazione della qualità delle acque di balneazione, la direttiva individua soltanto 2 indicatori di contaminazione fecale di provata rilevanza sanitaria:

  • Streptococchi fecali
  • Escherichia coli

Nella precedente direttiva i parametri da ricercare erano 19.

Classificazione delle acque di balneazione

Sulla base delle densità di questi indicatori (95 percentile ricavato dai dati degli ultimi tre/quattro anni), le acque di balneazione sono classificate secondo 4 classi di qualità:

  • eccellente
  • buona
  • sufficiente
  • scarsa.

Tali dati sono disponibili dal 2011 nel portale delle acque.

Per quanto riguarda i cianobatteri, le macro-alghe, il fitoplancton marino, residui bituminosi e materiali quali vetro, plastica, gomma o altri rifiuti, qualora si individui un rischio per la salute, si devono adottare provvedimenti di gestione adeguati per prevenire l'esposizione, includendo l'informazione ai cittadini.

Tali parametri non vengono comunque considerati ai fini della classificazione. Inoltre le acque di balneazione sono individuate secondo "aree omogenee", permettendo così
di razionalizzare la rete di monitoraggio attuale ed escludere dalla lista delle acque di balneazione quelle non adibite a tale scopo, quali aree portuali, foci di fiumi, aree militari etc.

Questa semplificazione e la migliore definizione dei parametri da ricercare rappresenta un'ottimizzazione delle attività di monitoraggio. La riduzione dei parametri da monitorare, oltre a determinare una semplificazione dell'attività e una riduzione significativa dei costi, anche in relazione al numero di punti di campionamento fissati sul nostro territorio (oltre 5.000), permette di focalizzare tale attività in quei punti che possono essere maggiormente significativi per ulteriori indagini.

Altra significativa differenza rispetto alla direttiva precedente è che mentre la prima era sostanzialmente limitata alle, pur intense, attività di monitoraggio, quest'ultima si pone l'obiettivo di mettere in relazione lo stato di qualità delle acque di balneazione con le possibili fonti di contaminazione. Su queste si deve intervenire con le necessarie misure di gestione se si vogliono perseguire obiettivi di miglioramento della qualità delle acque.

La direttiva richiede infatti di definire ed aggiornare il "profilo delle acque di balneazione", attraverso l'individuazione delle fonti inquinanti e la stima dei loro impatti sulla qualità delle acque.

Per approfondire leggi Cosa prevede la Direttiva europea.


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Data di pubblicazione: 12 aprile 2007, ultimo aggiornamento 12 marzo 2021

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