I Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione anche detti semplicemente Disturbi dell'alimentazione sono patologie complesse caratterizzate da un disfunzionale comportamento alimentare, un'eccessiva preoccupazione per il peso con alterata percezione dell’immagine corporea. Tali aspetti inoltre sono spesso correlati e bassi livelli di autostima.
I disturbi dell'alimentazione possono presentarsi in associazione ad altri disturbi psichici come ad esempio disturbi d’ansia e disturbi dell’umore. Lo stato di salute fisica è quasi sempre compromesso a causa delle alterate condotte alimentari (per esempio restrizione alimentare, eccessivo consumo di cibo con perdita di controllo, condotte di eliminazione e/o compensatorie) che portano ad alterazione dello stato nutrizionale.
Il basso peso, quindi, come spesso erroneamente si ritiene, non è un marcatore unico e specifico per i disturbi dell'alimentazione, in quanto anche condizioni di normopeso e sovrappeso, fino all’obesità, possono essere associate alla presenza di disturbi dell'alimentazione.
Se non trattati in tempi e con metodi adeguati, i disturbi dell'alimentazione possono diventare una condizione permanente e compromettere seriamente la salute di tutti gli organi e apparati del corpo (cardiovascolare, gastrointestinale, endocrino, ematologico, scheletrico, sistema nervoso centrale, dermatologico ecc.) e, nei casi gravi, portare alla morte. All’anoressia nervosa è collegata una mortalità 5-10 volte maggiore di quella di persone sane della stessa età e sesso.
Attualmente questi disturbi rappresentano un importante problema di salute pubblica, visto che per l’anoressia e per la bulimia, negli ultimi decenni, c’è stato un progressivo abbassamento dell’età di insorgenza, tanto che sono sempre più frequenti diagnosi in età preadolescenziale e nell’infanzia.
L’insorgenza precoce, interferendo con un sano processo evolutivo sia biologico che psicologico, si associa a conseguenze molto più gravi sul corpo e sulla mente. Un esordio precoce può infatti comportare un rischio maggiore di danni permanenti secondari alla malnutrizione, soprattutto a carico dei tessuti che non hanno ancora raggiunto una piena maturazione, come le ossa e il sistema nervoso centrale.
Data la loro complessità, l’intervento precoce riveste un’importanza particolare; è essenziale una grande collaborazione tra figure professionali con differenti specializzazioni (medici specialisti in psichiatria, in pediatria, in scienza dell’alimentazione e in medicina interna, dietisti, psicologi e psicoterapeuti), ai fini di una diagnosi precoce, di una tempestiva presa in carico all’interno di un percorso multidisciplinare e di un miglioramento dell’evoluzione a lungo termine.
Con la Direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 8 maggio 2018 è stata indetta la Giornata nazionale del fiocchetto lilla dedicata ai disturbi del comportamento alimentare. La Giornata si celebra il 15 marzo di ogni anno.
Non sono stati identificati, ad oggi, fattori di rischio unici e specifici direttamente collegati allo sviluppo di un DNA con un rapporto causa /effetto; piuttosto si può parlare di un insieme di fattori predisponenti e predittori, genetici, biologici, familiari e psicosociali che intervengono nello sviluppo del disturbo.
Il documento di consenso sui disturbi del comportamento alimentare redatto dell'Istituto superiore di sanità in collaborazione con la AUSL Umbria 2 riconosce come condizioni predisponenti:
Sono inoltre stati identificati dalla ricerca come fattori associati allo sviluppo dei DNA i comportamenti dietetici persistenti, il sovrappeso /obesità in infanzia e adolescenza, critiche e vissuti di stigma al riguardo del peso e del corpo.
Un quarto dei pazienti adulti con disturbi dell'alimentazione sviluppa una forma "cronica e duratura" e un terzo continua a presentare sintomi residuali a lungo termine, come riportato da Remar e colleghi, che hanno recentemente svolto una revisione delle Linee Guida “evidence-based” (Resmark, 2019).
Molti pazienti, adulti e adolescenti, presentano co-morbilità come depressione, ansia, disturbi ossessivo-compulsivi.
L’outcome a lungo termine, per adolescenti con anoressia nervosa, è meno favorevole rispetto alle forme dell’adulto, come evidenziato in uno studio longitudinale di 18 anni negli adolescenti da Wentz e colleghi (Wentz, 2009), soprattutto in relazione all’effetto negativo del digiuno sulla densità ossea, la maturazione cerebrale e la crescita in generale.
Nelle Linee di indirizzo nazionali per la riabilitazione nutrizionale nei disturbi dell’alimentazione, gli autori, prendendo in considerazione l’anoressia nervosa e la bulimia nervosa, evidenziano come molti sintomi siano da considerare la conseguenza della malnutrizione e non direttamente correlati alla psicopatologia. Proprio per questo solo dopo la normalizzazione del peso corporeo si può fare correttamente una valutazione clinica attendibile della personalità e del funzionamento psicosociale.
Fra l’altro alcuni dei sintomi caratteristici della malnutrizione possono avere un ruolo chiave nel mantenimento della psicopatologia dei disturbi dell'alimentazione perché sono spesso interpretati dai pazienti stessi come minaccia o fallimento (vedi senso di fame o pienezza).
I principali sintomi da malnutrizione possono essere suddivisi in effetti psicologici, psicosociali e fisici.
A maggio 2013 l’American Psychiatric Association (APA) ha pubblicato la quinta edizione del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM-5), per la descrizione dei sintomi e dei comportamenti delle persone che soffrono di disturbi della nutrizione e dell’alimentazione nel corso della loro vita.
Nelle Linee di indirizzo nazionali per la riabilitazione nutrizionale nei disturbi dell’alimentazione, gli autori evidenziano che la revisione dei criteri diagnostici pubblicata nel DSM-5 si è proposta l’obiettivo di definire una maggiore continuità diagnostica fra adolescenza ed età adulta, adattando i criteri alla possibilità di formulare la diagnosi anche in età infantile e adolescenziale.
Il DSM-5 raggruppa in una categoria diagnostica unica, chiamata “disturbi della nutrizione e dell’alimentazione”, i disturbi della nutrizione caratteristici dell’infanzia e i disturbi dell’alimentazione, con l’inclusione di nuove categorie diagnostiche e modifica di alcuni criteri diagnostici. Il DSM-IV non forniva una definizione di disturbo dell’alimentazione e questo, negli anni passati, ha provocato molti problemi nello stabilire il confine diagnostico dei disturbi dell’alimentazione non altrimenti specificati che non avevano criteri diagnostici positivi come l’anoressia nervosa e la bulimia nervosa. Il DSM-5 fornisce la seguente definizione dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione: “I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione sono caratterizzati da un persistente disturbo dell’alimentazione o di comportamenti collegati con l’alimentazione che determinano un alterato consumo o assorbimento di cibo e che danneggiano significativamente la salute fisica o il funzionamento psicosociale”.
Il DSM-5 ha introdotto due cambiamenti importanti nei criteri diagnostici dell’anoressia nervosa:
Inoltre è stata eliminata la frase “rifiuto di mantenere il peso corporeo al di sopra o uguale al peso minimo normale per l’età e la statura” perché richiedeva l’intenzione del paziente e la difficoltà di valutarla oggettivamente.
Nel criterio C è stata aggiunta la frase “comportamento persistente che interferisce con l’aumento di peso, anche in presenza di un peso significativamente basso”. Infine, sono stati introdotti dei criteri per valutare il livello di gravità attuale sulla base dell’IMC.
L'Indice di Massa Corporea (IMC, kg/m2) si calcola: dividendo il peso, espresso in kg per il quadrato dell'altezza, espressa in metri, come indice indiretto di adiposità.
Anoressia nervosa e criteri diagnostici DSM-5
Tipo con restrizioni: durante gli ultimi 3 mesi, l’individuo non ha presentato ricorrenti episodi di abbuffate o condotte di eliminazione (per es., vomito autoindotto o uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi). In questo sottotipo la perdita di peso è ottenuta principalmente attraverso la dieta, il digiuno e/o l’attività fisica eccessiva.
Tipo con abbuffate/condotte di eliminazione: durante gli ultimi 3 mesi, l’individuo ha presentato ricorrenti episodi di abbuffata o condotte di eliminazione (vomito autoindotto o uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi).
In remissione parziale: successivamente alla precedente piena soddisfazione dei criteri per l’anoressia nervosa, il Criterio A (basso peso corporeo) non è stato soddisfatto per un consistente periodo di tempo, ma sia il Criterio B (intensa paura di aumentare di peso o diventare grassi o comportamenti che interferiscono con l’aumento di peso) sia il Criterio C (alterazioni della percezione di sé relativa al peso e alla forma del corpo) sono ancora soddisfatti.
In remissione completa: successivamente alla precedente piena soddisfazione dei criteri per l’anoressia nervosa, non è stato soddisfatto nessuno dei criteri per un consistente periodo di tempo.
Livello di gravità attuale
Lieve: IMC ≥ 17 kg/m2
Moderato: IMC 16-16,99 kg/m2
Grave: IMC 15-15,99 kg/m2
Estremo: IMC < 15 kg/m2
Il DSM-5 ha mantenuto gli stessi criteri diagnostici del DSM-IV con l’eccezione del criterio C (frequenza e durata delle abbuffate). Nel DSM-5 infatti è richiesto che le abbuffate e le condotte compensatorie inappropriate si verifichino entrambe, in media, almeno una volta alla settimana per 3 mesi (mentre nel DSM-IV si dovevano verificare almeno due volte la settimana per tre mesi). Inoltre, come per l’anoressia nervosa sono stati introdotti dei criteri per valutare il livello di gravità attuale sulla base del numero di episodi di condotte compensatorie per settimana. Infine, sono stati eliminati i due sottotipi (con e senza condotte di eliminazione) previsti dal DSM-IV.
Bulimia nervosa e criteri diagnostici DSM-5
In remissione parziale: successivamente alla precedente piena soddisfazione dei criteri per la bulimia nervosa, alcuni, ma non tutti, i criteri sono stati soddisfatti per un consistente periodo di tempo.
In remissione completa: successivamente alla precedente piena soddisfazione dei criteri per la bulimia nervosa, nessuno dei criteri è stato soddisfatto per un consistente periodo di tempo.
Livello di gravità attuale
Gli interventi nutrizionali nel trattamento dei disturbi del comportamento alimentare, comunemente definiti disturbi dell'alimentazione possono essere attuati mediante diverse procedure, impiegate singolarmente o variamente combinate tra loro, sulla base della valutazione multispecialistica integrata (diagnosi, stato nutrizionale, motivazione, comportamento alimentare e condotte disfunzionali quali schemi rigidi, discontrollo, digiuno, vomito, ecc.).
Gli interventi si differenziano per obiettivi, strumenti e metodi, nei diversi setting terapeutici (protocolli ambulatoriali, programmi ospedalieri, residenze riabilitative) e in base allo stato nutrizionale del paziente; si effettuano, in fasi differenti del decorso clinico, con alimentazione naturale, possibile utilizzo di integratori, fino alla Nutrizione Artificiale, enterale e/o parenterale in regime di ricovero, nei casi di grave malnutrizione e di rischio quoad vitam.
Nella Riabilitazione Nutrizionale la scelta dell’intervento nutrizionale, nell’ottica dell’alleanza terapeutica, può tener conto di un approccio più propriamente rieducativo, e non forzato, per favorire la compliance del paziente.
"A lenient approach is likely to be more accettable to patients than a punitive one and less likely to impair self-esteem"
Il focus dell’intervento di riabilitazione nutrizionale varia in funzione della diagnosi e del comportamento alimentare, può essere il recupero ponderale (nei casi di più o meno grave sottopeso, per ristabilire un peso corporeo compatibile con uno stato di salute fisica e psichica) e/o il miglioramento dell’intake energetico, riducendo condotte inappropriate di compenso e discontrollo alimentare (quando presenti), tenendo anche conto che un miglioramento dell’IMC non sempre corrisponde ad un buono stato di nutrizione e ad un’adeguata composizione corporea.
In sintesi l’obiettivo della riabilitazione nutrizionale è quello di aiutare i pazienti a ristabilire gradatamente un’alimentazione corretta per distribuzione dei pasti, qualità e quantità degli alimenti (inserendo in modo guidato e graduale anche i cibi considerati “tabù”) riducendo restrizione / abbuffate / condotte di eliminazione.
Ci sono varie modalità di riabilitazione nutrizionale e il loro utilizzo varia in genere anche a seconda del modello terapeutico prescelto, le forme strutturate più comunemente applicate sono:
Questa modalità, utilizzata nei programmi di riabilitazione nutrizionale, prevede che il paziente sia assistito durante i pasti da un operatore (dietista o psicologo, educatore, infermiere formati) per superare gli ostacoli che gli impediscono un’assunzione adeguata di nutrienti per quantità e qualità.
I pasti vengono strutturati con schemi dietetici adeguati per il recupero ponderale e, con le pazienti, vengono progressivamente affrontate, discusse e gestite, la resistenza al cambiamento e le reazioni collegate alle possibili difficoltà digestive, rassicurandole riguardo alla paura di perdere il controllo sull’alimentazione e sul peso corporeo.
E’ un approccio, normalmente integrato in programmi di terapia cognitiva-comportamentale ambulatoriali e/o residenziali, volto a ridurre l’ansia nei confronti del cibo e la paura relativa all’aumento di peso. E’ una modalità che mostra attualmente evidenza di efficacia in molte forme di disturbi dell'alimentazione, anche in casi con forte resistenza al trattamento. I pazienti si alimentano “meccanicamente”, secondo schemi dietetici programmati per l’incremento ponderale fissato, considerando il cibo come una “medicina” ed evitando l’influenza di stimoli esterni o emozioni, senso di fame, sazietà, ripienezza. Tra i punti di forza di questo approccio c’è il fatto che sperimentare un progressivo incremento ponderale, in maniera prevedibile e pianificata, permette ai pazienti di ridurre la convinzione che l’assunzione di certi cibi e certe quantità di alimenti comporti la perdita di controllo sul peso corporeo
Tende a favorire il recupero di condizioni nutrizionali accettabili e di abilità che la malattia ha compromesso, affrontando, insieme alle problematiche alimentari, i fattori che influenzano il sistema fame/sazietà e il controllo del peso corporeo. E’ un approccio collaborativo, con aspetti psicoeducativi, che non ha il recupero ponderale come unico obiettivo, e mira all’empowerment del paziente: recuperando una percezione reale dei propri bisogni e affrontando progressivamente le paure legate al recupero ponderale e al cibo (desensibilizzazione sistematica dai cibi fobici), promuove l’acquisizione di nuove abilità e competenze nutrizionali, rafforza l’autoefficacia nel mettere in atto strategie alternative ai comportamenti disfunzionali e facilita la riduzione della rigidità connessa all’idea di dieta.
Il TFC è un percorso intensivo di riabilitazione nutrizionale ad approccio psicobiologico, attuato in regime semiresidenziale o residenziale, che prevede l’assistenza continuata del dietista e si incentra sulla sperimentazione guidata nel consumo dei pasti, l’interruzione progressiva della restrizione e di ogni rituale ad essa connesso, la gestione dell’ansia e degli stati emotivi che ne conseguono, il rinforzo dell’assertività, anche con l’utilizzo di tecniche derivate dalla terapia cognitiva-comportamentale (ABC di Ellis, modeling, problem solving, ristrutturazione cognitiva).
Data di pubblicazione: 21 aprile 2016 , ultimo aggiornamento 13 marzo 2023