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Mutilazioni genitali femminili


Mutilazioni genitali femminili


Secondo la definizione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), con l'espressione "mutilazioni genitali" si fa riferimento a “tutte le pratiche di rimozione parziale o totale dei genitali femminili esterni o ad altre alterazioni indotte agli organi genitali femminili, effettuate per ragioni culturali o altre ragioni non terapeutiche.”

Le mutilazioni genitali costituiscono un atto estremamente traumatico in grado di determinare gravi conseguenze sulla salute fisica, psichica e sessuale delle bambine e delle giovani ragazze che le subiscono.

Si conoscono vari tipi di mutilazioni genitali femminili (MGF) con diversi livelli di gravità, di cui la più radicale è comunemente chiamata infibulazione, una pratica diffusa prevalentemente nell’Africa Subsahariana che l’immigrazione ha fatto conoscere anche in Europa e in Italia. Secondo la Legge 9 gennaio 2006, n. 7 - "Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazioni genitali femminile", chiunque pratichi l'infibulazione è punito con la reclusione da 4 a 12 anni, pena aumentata di 1/3 se la mutilazione viene compiuta su una minorenne, nonché in tutti i casi in cui viene eseguita per fini di lucro.

È necessario fare opera di sorveglianza e prevenzione, soprattutto nei confronti delle figlie delle donne che hanno già subito mutilazioni nel loro Paese d’origine.

Nel rispetto dell’art. 4 della Legge 7/2006 il Ministero della salute ha emanato le Linee guida destinate alle figure professionali sanitarie e ad altre figure che operano con le comunità di immigrati provenienti da Paesi dove si effettuano pratiche di MGF, per realizzare un'attività di prevenzione, assistenza e riabilitazione delle donne e delle bambine già sottoposte a tali pratiche.

Le modalità di esecuzione delle MGF variano a seconda dei paesi e delle etnie, dalle forme più radicali a quelle più blande. In tutti i paesi le MGF sono praticate su bambine per espressa volontà e convinzione della madre, dei genitori e dell’intera comunità. È una caratteristica ricorrente che gli uomini, che hanno il vero potere decisionale, rimangano invisibili.

Può variare l’età delle bambine sottoposte alla pratica, realizzata in alcuni paesi già nelle prime due settimane di vita e non mancano situazioni in cui le MGF, se non praticate da bambine, vengono praticate nell’adolescenza, o al momento del matrimonio, durante la gravidanza, al momento del parto. Studi recenti hanno evidenziato un graduale abbassamento dell’età delle bambine sottoposte a MGF, per occultare la pratica laddove proibita, ma anche per vincere le eventuali resistenze da parte di bambine e ragazze consapevoli.

Le MGF vengono collocate tra le tradizioni che segnano il passaggio dall’infanzia all’età adulta, un rito attraverso il quale si diventa “donna”. La ritualità, più o meno marcata a seconda dei paesi, si trasmette da madre in figlia. Si tratta di una identità di genere costruita socialmente che darebbe senso a una identità biologica, attraverso la manipolazione fisica del corpo che costringe le bambine, future donne, a movimenti contenuti e misurati per le ferite subite, a una andatura flessuosa e lenta, più rispondente al ruolo che alla donna è attribuito nella società. Una manipolazione che già dall’infanzia pone fine ad ogni forma di promiscuità tra bambine e bambini, perché le bambine poi non sono più in grado di fare quei giochi che richiedono una libera espressione del proprio corpo.

Le Linee Guida ribadiscono alcuni necessari principi di intervento:

  • conoscere e considerare queste tradizioni nella loro giusta dimensione, evitando stigmatizzazioni e/o criminalizzazioni;
  • predisporre il terreno al dialogo, all’accoglienza di chi di queste pratiche è stato vittima, di chi in merito a queste pratiche si trova a decidere in contrasto con la propria coscienza, con la propria comunità;
  • far sapere alle comunità interessate che nel nostro paese queste pratiche sono proibite in nome di principi universali di libertà, di uguaglianza tra uomini e donne, della tutela dell’integrità fisica e psichica dei minori, del rispetto della dignità della persona. Principi che in Italia sono diritti di tutti, anche delle donne provenienti da Paesi a tradizione escissoria, principi posti a base della convivenza;

La formazione dei professionisti della salute che si relazionano con le donne e con le bambine immigrate è una delle azioni prioritarie per la tutela della loro salute, in materia di comunicazione, prevenzione, assistenza e riabilitazione delle stesse già sottoposte a pratiche di mutilazione genitale femminile. È ugualmente determinante anche la formazione dedicata alle figure professionali (mediatori/mediatrici culturali, assistenti sociali, volontariato) che operano con le comunità di immigrati provenienti dai Paesi con tradizioni escissorie.

Considerato che il mondo della scuola può giocare un ruolo molto importante nella prevenzione delle mutilazioni genitali femminili è bene che anche gli insegnanti, i responsabili della formazione e dell’educazione alla salute abbiano una conoscenza della tradizione delle MGF, dei Paesi nei quali è diffusa e delle motivazioni che portano molte donne a sottoporre le loro figlie a queste pratiche, della legislazione esistente in merito in Italia e negli altri Paesi.

Anche quando non vi è una forma di comunicazione esplicita su questi temi tra alunne e insegnanti, il linguaggio del corpo può aiutare a decifrare situazioni di disagio o di difficoltà, situazioni di ansia,di irrequietezza in concomitanza con l’arrivo in famiglia di una vecchia zia o nonna o della programmazione di un viaggio nel Paese dei genitori. In questi casi è importante prevedere, con un pretesto, un incontro con i genitori cercando di conquistare la loro fiducia, informare i genitori che in Italia le MGF sono proibite e sono dannose per la salute delle bambine e delle ragazze.

È importante dunque sviluppare la consapevolezza necessaria a intercettare i possibili comportamenti delle bambine o delle adolescenti legati alla prospettiva di un evento particolare per la loro vita, o osservare eventuali cambiamenti dei comportamenti conseguenti a una mutilazione già avvenuta altrove. Ad esempio la bambina o la ragazza potrebbe:

  • parlare meno
  • tendere ad isolarsi
  • percepire la propria diversità
  • vivere con disagio la partecipazione al gruppo 
  • evitare le attività di educazione fisica a causa dei dolori provocati dalle cicatrici
  • subire cambiamenti nell’andatura e nei movimenti
  • potrebbe impiegare molto tempo per urinare
  • soffrire di forti dolori mestruali
  • assentarsi dalle lezioni uno o due giorni al mese e/o presentare cambiamenti dell’umore e del comportamento.

A tutte le età le persone lanciano messaggi per comunicare le proprie sensazioni, le proprie paure, per chiedere aiuto e quando ciò avviene durante l’infanzia e l’adolescenza la società nel suo insieme è chiamata a un coinvolgimento consapevole in nome del principio che donna, nata in qualunque luogo del mondo, è portatrice di un diritto alla salute, all’integrità della propria persona, al di là di ogni tradizione e convenzione.




Data di ultimo aggiornamento 20 marzo 2024



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