Ministero della Salute

FAQ - Schede di dimissione ospedaliera (SDO)

Ultimo aggiornamento:  31 agosto 2015

1. Che cos’è una SDO?


L’acronimo “SDO” sta per Scheda di Dimissione Ospedaliera.

La SDO viene istituita dal D.M. 28/12/1991 come strumento ordinario per la raccolta delle informazioni relative ad ogni paziente dimesso da tutti gli istituiti di ricovero pubblici e privati, in tutto il territorio nazionale.

Il D.M. 26/07/1993 istituisce il flusso informativo delle Schede di Dimissione Ospedaliera, definendo le modalità di trasmissione delle informazioni dalle strutture di ricovero alle regioni e province autonome e, da queste, al Ministero della Sanità. Successivamente il D.M. n.° 380/2000 aggiorna la disciplina del flusso informativo delle schede di dimissione ospedaliera, ridefinendone i contenuti e le modalità di raccolta e trasmissione dei dati. Il D.M. 8 luglio 2010, n. 135, infine, ha ulteriormente ampliato il contenuto informativo del flusso SDO, e modificato la periodicità di invio dei dati, precedentemente semestrale e divenuta trimestrale per l’anno 2010 e mensile a partire dall’anno 2011



2. Quali informazioni sono contenute nella SDO?

Il disciplinare tecnico allegato al D.M. n.° 380/2000 ed integrato dal D.M. 8 luglio 2010, n. 135, stabilisce le modalità di compilazione, di codifica e di trasmissione delle informazioni contenute nelle SDO.

La Scheda di Dimissione Ospedaliera contiene una serie di informazioni desunte dalla cartella clinica del paziente, sia di tipo anagrafico (ad esempio sesso, data e luogo di nascita, comune di residenza), sia clinico (ad esempio diagnosi, procedure diagnostiche, informazioni sul ricovero e la dimissione), nonché informazioni relative alla struttura dove è stato effettuato il ricovero ospedaliero.



3. Come è strutturato il flusso SDO?

Ciascuna struttura di ricovero provvede alla compilazione delle SDO a partire dalle cartelle cliniche dei pazienti dimessi. Successivamente, con cadenza mensile, ciascuna struttura provvede ad inviare i dati alla Regione, la quale, dopo aver effettuato i dovuti controlli, invia i dati al Ministero della Salute entro i 45 giorni successivi al mese solare di riferimento.

4. Come vengono utilizzate le informazioni contenute nel flusso SDO?

Il flusso SDO ha una copertura pressoché totale dei ricoveri effettuati in tutte le strutture pubbliche e private accreditate nell’intero territorio nazionale.

Data la natura censuaria e la frequenza di aggiornamento dei dati, l’elevato contenuto informativo consente di effettuare importanti analisi statistiche di natura clinico-epidemiologica, e di disporre di informazioni amministrative, che consentono la valutazione della qualità e dell’efficacia dell’assistenza erogata, e di effettuare interventi di programmazione sanitaria.



5. Che cos’è la diagnosi principale?


La SDO contiene sei codici di diagnosi. Di questi uno è definito “diagnosi principale”, mentre gli altri prendono il nome di “diagnosi secondarie o concomitanti”.

In generale esistono due criteri per stabilire quale sia la diagnosi principale. Il primo è di natura prettamente clinica e considera come diagnosi principale la patologia che ha causato il ricovero ospedaliero; il secondo criterio è invece di natura economica e considera come diagnosi principale la patologia che ha comportato il maggior consumo di risorse durante l’episodio di ricovero e che non necessariamente coincide con la causa di ricovero. Quest’ultimo criterio è quello correntemente utilizzato in Italia.

Le diagnosi secondarie o concomitanti, se presenti, specificano ulteriori patologie presenti e contribuiscono a fornire un quadro clinico più completo; alcune diagnosi secondarie si qualificano come diagnosi complicanti, cioè specifiche patologie che, insieme alla diagnosi principale comportano un maggiore aggravio del carico assistenziale. Nella SDO le diagnosi vengono codificate utilizzando la classificazione ICD-9-CM.



6. Che cos’è l’intervento principale?


La SDO contiene sei codici di procedura. Di questi uno è definito “intervento principale”, mentre gli altri prendono il nome di “interventi secondari”.

L’intervento principale è quello che comporta il maggior consumo di risorse durante il ricovero.

Nella SDO gli interventi vengono codificati utilizzando la classificazione ICD-9-CM. Questi codici possono riferirsi a veri e propri interventi di sala operatoria o a più semplici procedure diagnostico-terapeutiche (ad esempio ecografie, ECG, somministrazione di farmaci).



7. Che cos’è la classificazione ICD-9-CM?


L’acronimo “ICD-9-CM” sta per International Classification of Diseases, 9th revision – Clinical Modification, ed è un sistema internazionale di classificazione delle diagnosi e delle procedure chirurgiche e diagnostico-terapeutiche. Viene utilizzato nel flusso SDO per codificare le corrispondenti informazioni.

Dal 1 gennaio 2001 al 1 gennaio 2006 è stata impiegata la versione ICD-9-CM-1997; dal 1 gennaio 2006 al 1 gennaio 2009 è stata impiegata la versione ICD-9-CM-2002 e infine dal 1 gennaio 2009 è entrata in vigore la classificazione ICD-9-CM-2007. Il D.M. 21/11/2005 ha istituito un aggiornamento biennale dei sistemi di classificazione.



8. Che cos’è il sistema DRG?


L’acronimo “DRG” sta per Diagnosis Related Group, ed è un sistema di classificazione isorisorse dei ricoveri ospedalieri. I ricoveri ospedalieri sono, cioè, raggruppati in modo che tutti i ricoveri afferenti ad un medesimo DRG presentino approssimativamente un simile carico assistenziale e consumo medio di risorse.

Questo sistema viene attualmente impiegato in Italia come strumento di finanziamento delle strutture ospedaliere nel sistema sanitario nazionale; infatti, ad ogni DRG è associata una tariffa che rispecchia una stima del costo medio di ciascun ricovero, in base alla quale si remunera l’attività ospedaliera erogata. Ogni DRG è inoltre caratterizzato da un peso relativo, spesso utilizzato per calcolare indicatori di complessità ed efficienza quali: il peso medio della casistica, l’indice di case-mix e l’indice comparativo di performance.

Il sistema DRG è stato mutuato dagli USA, apportando solo lievi modifiche per renderlo adatto al sistema sanitario nazionale. Ogni anno l’Agenzia governativa statunitense Center for Medicare & Medicaid Services (CMS), precedentemente denominata Health Care Financing Administration (HCFA), predispone una nuova versione del sistema.

In Italia è stato impiegato il sistema DRG versione 10 dal 1994 al 2005; a partire dall’1 gennaio 2006 è stata adottata la versione 19 mentre dall’1 gennaio 2009 è stata adottata la versione 24.



9. Come viene attribuito il DRG?

Il raggruppamento dei ricoveri in DRG viene effettuato mediante un software detto Grouper, che, analizzando una serie di informazioni anagrafiche e cliniche sul ricovero, procede all’attribuzione del DRG. Fra le principali informazioni si hanno: i codici di diagnosi e di procedura, età e sesso del paziente, durata del ricovero e modalità di dimissione.

10. Che cos’è una MDC?

Il sistema DRG prevede un ulteriore livello di aggregazione detto MDC, che sta per Major Diagnostic Category (Categoria Diagnostica Maggiore).

Questo livello di aggregazione si basa su criteri anatomici (relativi all’apparato affetto dalla patologia) e eziologici (relativi alla causa della patologia); esiste inoltre il raggruppamento pre-MDC, che comprende casistica ad alto assorbimento di risorse (ad esempio trapianti e tracheostomie).

In generale la MDC viene attribuita in base al codice di diagnosi principale.



11. Che cos’è un ACC?

L’acronimo ACC sta per Aggregato Clinico di Codici. Gli ACC rappresentano un raggruppamento dei codici ICD-9-CM di diagnosi e di procedura.

Gli oltre 14.000 codici di diagnosi confluiscono in 283 ACC, mentre i circa 4.000 codici di procedura confluiscono in 231 ACC.

Gli ACC sono stati sviluppati presso l’agenzia statunitense AHRQ Agency for Healthcare Research and Quality con l’acronimo CCS, ovvero Clinical Classifications Software.



12. Che cos’è il regime di ricovero?

Il regime di ricovero si riferisce alla particolare modalità organizzativa di erogazione dell’assistenza ospedaliera.

Esso si distingue in ricovero ordinario – che prevede l’assegnazione di un posto letto e la permanenza del paziente continuativa con pernottamento nella struttura ospedaliera – e in Day Hospital, caratterizzato dalle seguenti condizioni: si tratta di un ricovero o di un ciclo di ricoveri programmato; è limitato ad una sola parte della giornata e non prevede il pernottamento nella struttura; fornisce prestazioni multiprofessionali o plurispecialistiche che necessitano di un tempo di esecuzione che si discosta in modo netto da quello necessario per una normale prestazione ambulatoriale.



13. Che cos’è il tipo attività?


L’assistenza ospedaliera può essere classificata in diverse tipologie di attività in base alla disciplina di dimissione del paziente. In particolare i pazienti dimessi dalle discipline 28 (unità spinale), 56 (recupero e riabilitazione funzionale), 75 (neuroriabilitazione) afferiscono al tipo di attività “ricoveri di riabilitazione”, perché caratterizzati da una tipologia di assistenza volta a consentire al paziente di recuperare appieno dopo la fase acuta della patologia.

La disciplina 60 (lungodegenza) è caratterizzata da una lunga permanenza del paziente in ospedale. Il tipo attività “nido” si riferisce alla nascita di neonati sani, che si trovano nella struttura esclusivamente per cause legate all’evento della nascita e non per qualche patologia. Tutto il resto dei ricoveri viene classificato secondo il tipo attività “acuti”, perché si riferisce al trattamento della patologia nella sua fase acuta.



14. Che cos’è il valore soglia del DRG?

Per ciascun DRG viene definito uno specifico limite superiore di durata della degenza, al di sopra del quale il ricovero viene considerato anomalo. Tale limite superiore viene calcolato prendendo in considerazione tutti i ricoveri per acuti in regime ordinario, in base alla seguente formula:   
TDRG=[3√q3+(3√q3-3√q1)]3
dove TDRG è il valore soglia del DRG in esame (normalmente definito trim point), q1 e q3 sono, rispettivamente, il primo e il terzo quartile della distribuzione delle durate di degenza (cfr. Francesco Taroni “DRG/ROD e nuovo sistema di finanziamento degli ospedali”, Il Pensiero Scientifico Editore).
I ricoveri anomali per durata della degenza vengono usualmente definiti “ricoveri oltresoglia” o outlier.
Talvolta viene introdotta anche una soglia inferiore, tipicamente sempre pari a un giorno, in base alla quale vengono considerati anomali anche quei ricoveri con durata della degenza eccessivamente breve. In tal caso si parlerà di ricoveri outlier bassi, per distinguerli dal caso precedente, per il quale si parlerà di ricoveri outlier alti.


15. Quali anni di rilevazione sono disponibili per la banca dati SDO?

La banca dati viene fornita a partire dall’anno 2001. L’ultimo anno disponibile è quello relativo all’ultimo Rapporto annuale sull’attività di ricovero ospedaliero pubblicato.

16. Dove posso trovare il Rapporto annuale sull’attività di ricovero ospedaliero?

Il Rapporto annuale sull’attività di ricovero ospedaliero è disponibile per il download nell'apposita sezione di questa area tematica.