Immagine di un farmacista che prende dei farmaci da un cassetto

In vigore dal 24 gennaio il decreto legge n. 1 del 2012, “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività“.

Di particolare interesse per il cittadino l'art. 11 che prevede il "Potenziamento del servizio di distribuzione farmaceutica, accesso alla titolarità delle farmacie e disciplina della somministrazione dei farmaci generici".

A tale riguardo, sono stati chiesti al Ministero della salute alcuni chiarimenti sulla corretta interpretazione del comma 9 dell’articolo 11, con particolare riferimento al comportamento al quale è tenuto il farmacista.

Premesso che la norma stabilisce che “Il farmacista, qualora sulla ricetta non risulti apposta dal medico l’indicazione della non sostituibilità del farmaco prescritto, è tenuto a fornire il medicinale equivalente generico avente il prezzo più basso, salvo diversa richiesta del cliente”, è stato segnalato che un’interpretazione letterale della disposizione potrebbe indurre a ritenere che al farmacista venga imposto di dare al cliente (che non esprima una diversa volontà) il medicinale con denominazione generica avente il prezzo più basso fra i medicinali di uguale composizione, anche quando tale prezzo risulti uguale o addirittura superiore al prezzo del medicinale “con marchio” (branded) indicato come prima scelta dal medico.

La corretta interpretazione della norma non può prescindere dalla ratio dell’intero comma 9, le cui finalità sono, con ogni evidenza, dirette a favorire l’uso di medicinali equivalenti a più basso costo, nei casi in cui non sussistano specifiche ragioni sanitarie, che rendano necessario l’impiego dello specifico medicinale indicato dal medico.

Quando il medicinale con denominazione di fantasia indicato dal medico sulla ricetta risulti avere il prezzo uguale a quello più basso fra tutti gli altri medicinali equivalenti (sia con nome di fantasia, sia con denominazione generica), la sostituzione di tale medicinale con altro equivalente non troverebbe alcuna giustificazione.
La sostituzione sarebbe in insanabile contrasto, poi, con le finalità della legge, se il prezzo del farmaco specificato dal medico risultasse più basso dei prezzi di tutti gli altri equivalenti.

L’espressione, indubbiamente ridondante, di “equivalente generico” deve intendersi  riferita a tutti i medicinali che risultino equivalenti a quello specificato dal medico, come si ricava dalla disposizione dell’art. 11 comma 9 che fa carico al medico di “informare il paziente sull’esistenza in commercio di medicinali aventi uguale composizione in principi attivi, nonché forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio e dosaggio unitario uguali”, senza operare alcuna distinzione fra medicinali branded  e medicinali a denominazione generica.

In conclusione, il farmacista, qualora sulla ricetta non risulti apposta dal medico l’indicazione della non sostituibilità del farmaco prescritto, è tenuto a fornire al cliente il farmaco prescritto, ove questo abbia il prezzo più basso (in assoluto o alla pari di altri farmaci) fra i farmaci equivalenti, mentre se il prezzo del farmaco prescritto è superiore a quello di altri equivalenti, il farmacista è tenuto a fornire al cliente il farmaco equivalente (con denominazione di fantasia o con denominazione generica) avente il prezzo più basso fra tutti, fatta salva la diversa volontà del cliente.

 

 

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Data di pubblicazione: 25 gennaio 2012, ultimo aggiornamento 15 giugno 2017