Mamma con bambino

Nel 2014 il 35% dei parti è avvenuto con taglio cesareo, con notevoli differenze regionali che comunque evidenziano che in Italia vi è un ricorso eccessivo all’espletamento del parto per via chirurgica. L’ 88,8% dei parti è avvenuto negli Istituti di cura pubblici ed equiparati, l’11,2% nelle case di cura private (accreditate o non accreditate); il 62,5% dei parti si svolge in strutture dove avvengono almeno 1.000 parti annui e il 20% dei parti è relativo a madri di cittadinanza non italiana; l’età media della madre è di 32,7 anni per le italiane mentre scende a 29,9 anni per le cittadine straniere.

Sono alcuni dei risultati illustrati nel Rapporto sull'evento nascita in Italia (CeDAP) relativo all'anno 2014.

La rilevazione – istituita dal Decreto del Ministro della sanità 16 luglio 2001, n. 349 – costituisce a livello nazionale la più ricca fonte di informazioni sanitarie, epidemiologiche e socio-demografiche relative all’evento nascita, rappresentando uno strumento essenziale per la programmazione sanitaria nazionale e regionale.

I principali risultati

In sintesi i dati mostrano i seguenti risultati:

  1. La rilevazione 2014, con un totale di 513 punti nascita, presenta un elevato livello di completezza. Si registra un numero di parti pari al 100,8% di quelli rilevati con la Scheda di Dimissione Ospedaliera (SDO) ed un numero di nati vivi pari al 99,9% di quelli registrati presso le anagrafi comunali nello stesso anno. La qualità dei dati risulta buona per gran parte delle variabili, in termini sia di correttezza sia di completezza.
  2. L’ 88,8% dei parti è avvenuto negli Istituti di cura pubblici ed equiparati, l’11,2% nelle case di cura private (accreditate o non accreditate) e solo lo 0,1% altrove. Naturalmente nelle Regioni in cui è rilevante la presenza di strutture private accreditate rispetto alle pubbliche, le percentuali sono sostanzialmente diverse. Il 62,5% dei parti si svolge in strutture dove avvengono almeno 1.000 parti annui. Tali strutture, in numero di 179, rappresentano il 34,9% dei punti nascita totali. Il 7,5% dei parti ha luogo invece in strutture che accolgono meno di 500 parti annui.
  3. Nel 2014, il 20% dei parti è relativo a madri di cittadinanza non italiana. Tale fenomeno è più diffuso al Centro-Nord dove oltre il 25% dei parti avviene da madri non italiane; in particolare, in Emilia Romagna e Lombardia, il 30% delle nascite è riferito a madri straniere. Le aree geografiche di provenienza più rappresentative, sono quella dell’Africa (25,2%) e dell’Unione Europea (26,4%). Le madri di origine Asiatica e Sud Americana costituiscono rispettivamente il 18,5% e il 7,9% delle madri straniere.
  4. L’età media della madre è di 32,7 anni per le italiane mentre scende a 29,9 anni per le cittadine straniere. I valori mediani sono invece di 33 anni per le italiane e 30 anni per le straniere. L’età media al primo figlio è per le donne italiane quasi in tutte le Regioni superiore a 31 anni, con variazioni sensibili tra le regioni del Nord e quelle del Sud. Le donne straniere partoriscono il primo figlio in media a 28,2 anni.
  5. Delle donne che hanno partorito nell’anno 2014 il 43,7% ha una scolarità medio alta, il 29,4% medio bassa ed il 26,9% ha conseguito la laurea. Fra le straniere prevale invece una scolarità medio bassa (47,5%).
  6. L’analisi della condizione professionale evidenzia che il 56,2% delle madri ha un’occupazione lavorativa, il 29,7% sono casalinghe e il 11,9% sono disoccupate o in cerca di prima occupazione. La condizione professionale delle straniere che hanno partorito nel 2014 è per il 52,8% quella di casalinga, mentre il 63,1% delle madri italiane ha invece un’occupazione lavorativa.
  7. Nell’87% delle gravidanze il numero di visite ostetriche effettuate è superiore a 4 mentre nel 73,3% delle gravidanze si effettuano più di 3 ecografie. La percentuale di donne italiane che effettuano la prima visita oltre il primo trimestre di gravidanza è pari al 2,6% mentre tale percentuale sale al 11,5% per le donne straniere. Le donne con scolarità bassa effettuano la prima visita più tardivamente rispetto alle donne con scolarità medio-alta: la percentuale di donne con titolo di studio elementare o senza nessun titolo che effettuano la prima visita dopo l’11° settimana di gestazione è pari al 10,6% mentre per le donne con scolarità alta la percentuale è del 2,6%. Anche la giovane età della donna, in particolare nelle madri al di sotto dei 20 anni, risulta associata ad un maggior rischio di controlli assenti (3,2%) o tardivi (1° visita effettuata oltre l’undicesima settimana di gestazione nel 12,6% dei casi). Nell’ambito delle tecniche diagnostiche prenatali invasive, sono state effettuate in media 9,2 amniocentesi ogni 100 parti. A livello nazionale alle madri con più di 40 anni il prelievo del liquido amniotico è stato effettuato nel 28,31% dei casi.
  8. La donna ha accanto a sé al momento del parto (esclusi i cesarei) nel 91,83% dei casi il padre del bambino, nel 6,74% un familiare e nell’1,42% un’altra persona di fiducia. La presenza di una persona di fiducia piuttosto che di un’altra risulta essere influenzata dall’area geografica.
  9. Si conferma il ricorso eccessivo all’espletamento del parto per via chirurgica. In media nel 2014 il 35% dei parti è avvenuto con taglio cesareo, con notevoli differenze regionali che comunque evidenziano che in Italia vi è un ricorso eccessivo all’espletamento del parto per via chirurgica. Rispetto al luogo del parto si registra un’elevata propensione all’uso del taglio cesareo nelle case di cura accreditate in cui si registra tale procedura in circa il 53,6% dei parti contro il 32,6% negli ospedali pubblici. Il parto cesareo è più frequente nelle donne con cittadinanza italiana rispetto alle donne straniere: si ricorre al taglio cesareo nel 28% dei parti di madri straniere e nel 36,8% nei parti di madri italiane.
  10. L’1,1% dei nati ha un peso inferiore a 1.500 grammi ed il 6,3% tra 1.500 e 2.500 grammi. Nei test di valutazione della vitalità del neonato tramite indice di Apgar, il 99,4% dei nati ha riportato un punteggio a 5 minuti dalla nascita compreso tra 7 e 10.
  11. Sono stati rilevati 1.377 nati morti corrispondenti ad un tasso di natimortalità, pari a 2,74 nati morti ogni 1.000 nati, e registrati 4.492 casi di malformazioni diagnostiche alla nascita. L’indicazione della causa è presente rispettivamente solo nel 21,6% dei casi di natimortalità e nel 79,9% di nati con malformazioni.
  12. Il ricorso ad una tecnica di procreazione medicalmente assistita (PMA) risulta effettuato in media 1,71 gravidanze ogni 100. La tecnica più utilizzata è stata la fecondazione in vitro con successivo trasferimento di embrioni nell’utero (FIVET), seguita dal metodo di fecondazione in vitro tramite iniezione di spermatozoo in citoplasma (ICSI).
  13. I parti classificabili secondo Robson sono complessivamente pari a livello nazionale a 473.184, corrispondenti al 96,1% del totale dei parti avvenuti nei punti nascita pubblici, equiparati e privati accreditati. Le classi più rappresentate sono quelle delle madri primipare a termine, con presentazione cefalica (classe 1) e delle madri pluripare a termine, con presentazione cefalica e che non hanno avuto cesarei precedenti (classe 3); queste due classi corrispondono complessivamente a circa il 54% dei parti classificati che si sono verificati a livello nazionale nell’anno 2014.

Il flusso informativo

Il flusso informativo del CeDAP è strutturato in sei sezioni, ciascuna delle quali raccoglie specifiche informazioni riferite al punto nascita, ai genitori, alla gravidanza, al parto e al neonato, nonché gli eventi di natimortalità e l’eventuale presenza di malformazioni congenite. La peculiarità ed ampiezza delle informazioni raccolte da parte dell’ostetrica o dal medico che ha assistito al parto, nonché dal medico accertatore nei casi di natimortalità, rende particolarmente complessa la rilevazione dei dati.

I flussi informativi trasmessi semestralmente da parte delle Regioni al Ministero, vengono sottoposti alle necessarie verifiche di completezza e qualità, allo scopo di garantire accuratezza ed attendibilità, nonché confrontabilità a livello territoriale e nel tempo, delle informazioni statistiche pubblicate nel Rapporto CeDAP nazionale.

Al fine di migliorare ulteriormente la qualità dei dati rilevati dal CeDAP sono stati progettati e realizzati opportuni cruscotti di monitoraggio di supporto alle Regioni e al Ministero. Inoltre sono stati resi disponibili specifici cruscotti direzionali dedicati all’evento nascita, destinati agli stakeholder del livello centrale e regionale, già aggiornati con i dati CeDAP dell’anno 2015.

La classificazione Robson per l'analisi del ricorso al taglio cesareo

Come per la precedente edizione del Rapporto, è stato analizzato il fenomeno del ricorso al taglio cesareo attraverso lo studio dei parti nelle Regioni italiane in base alla classificazione Robson, raccomandata dall’Organizzazione mondiale della sanità come standard globale per la valutazione, il monitoraggio e il benchmarking longitudinale e trasversale sul ricorso al taglio cesareo. Le analisi dei dati sono state effettuate grazie alle specifiche informazioni rilevate nella fonte informativa del CeDAP.

La classificazione Robson permette di analizzare e descrivere in maniera clinicamente rilevante, standard, analitica e riproducibile nel tempo e nello spazio, la frequenza dei tagli cesarei. Mediante questo strumento i parti sono classificati in dieci gruppi sulla base dei principali parametri ostetrici: parità, genere del parto, presentazione fetale, età gestazionale, modalità del travaglio e del parto e pregresso taglio cesareo. Le classi che si ottengono sono mutuamente esclusive, completamente inclusive, ripetibili nel futuro, e consentono quindi di monitorare e analizzare in un’ottica operativa i tassi di taglio cesareo (TC) tanto a livello locale che nazionale.

Attraverso questa metodologia, la suddivisione in classi di rischio clinico consente di individuare quelle teoricamente a minor rischio, che includono in tutte le Regioni una percentuale molto elevata delle nascite. In tali classi (parti nelle classi di Robson 1 e 3) si osserva una forte variabilità regionale del ricorso al TC. Tale variabilità si ripercuote nella diversa frequenza del cesareo pregresso nelle Regioni (parti nella classe di Robson 5). Si osserva anche una forte variabilità regionale del tasso di TC, dopo un precedente parto cesareo.

Si evidenzia inoltre che i parti nella classe 5, relativa alle madri con pregresso parto cesareo, rappresentano il 10,6% dei parti totali classificati a livello nazionale. L’analisi del ricorso al taglio cesareo nelle classi di Robson evidenzia un’ampia variabilità regionale nelle classi a minor rischio, che includono in tutte le Regioni una percentuale molto elevata delle nascite, confermando la possibilità di significativi miglioramenti delle prassi organizzative e cliniche adottate nelle diverse realtà.

Il Rapporto nazionale CeDAP evidenzia che la disponibilità di dati affidabili risulta essenziale per supportare le politiche di sanità pubblica.

Approfondimenti

Per approfondire e consultare le edizioni precedenti del Rapporto CeDAP, consulta la pagina dedicata nell'area Sistema statistico sanitario.

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Data di pubblicazione: 21 marzo 2017, ultimo aggiornamento 21 marzo 2017