La regionalizzazione e la leale collaborazione tra i livelli di governo

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Prima della istituzione del Servizio sanitario nazionale, le prestazioni di rilievo sanitario venivano erogate essenzialmente a livello comunale: infatti la legge 23 dicembre 1978 n. 833, istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale affidava le competenze di gestione del servizio interamente al Comune, al quale erano attribuite tutte le funzioni amministrative in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera non espressamente riservate allo Stato ed alle Regioni. Il processo di unificazione dei trattamenti sanitari e dei sistemi di erogazione delle prestazioni trovava infatti il suo punto di riferimento a livello territoriale nell’Unità sanitaria locale che, dal punto di vista giuridico amministrativo, poteva essere definita come una vera e propria struttura operativa del Comune. Pertanto l’esigenza di assicurare condizioni e garanzie di salute uniformi su tutto il territorio nazionale e livelli delle prestazioni sanitarie accettabili e appropriati per tutti i cittadini veniva in sostanza soddisfatta attraverso la valorizzazione di due livelli territoriali:lo Stato e il Comune; mentre al primo spettava l’approvazione con legge statale di un piano sanitario nazionale, al veniva assegnato un ruolo centrale nella creazione della rete territoriale di unità sanitarie locali.

L'approvazione della "riforma-bis" della sanità ha rappresentato il primo tentativo di porre al centro dello scenario sanitario locale la Regione: titolare della funzione legislativa e amministrativa in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera e responsabile della programmazione sanitaria regionale. Nello specifico, rientravano nella competenza delle Regioni le linee dell'organizzazione dei servizi e delle attività destinate alla tutela della salute, i criteri di finanziamento delle USL e delle aziende ospedaliere, le attività di indirizzo tecnico, promozione e supporto nei confronti delle USL ed aziende, anche in relazione al controllo di gestione e alla valutazione della qualità delle prestazioni sanitarie. L'unità sanitaria locale, da struttura operativa dei Comuni, si trasformava in ente strumentale della Regione divenendo azienda con riconoscimento di personalità giuridica pubblica. Anche il perseguimento degli obiettivi di ristrutturazione della rete ospedaliera, attraverso le trasformazioni di destinazione, gli accorpamenti e le disattivazioni necessarie, prevedeva un coinvolgimento esclusivo della Regione, alla quale era attribuito l’onere di garantire il contenimento della spesa entro la soglia parametrica correlata ai livelli obbligatori di assistenza. Gli stessi controlli sulle USL e gli Enti Ospedalieri, diventavano prerogativa della Regione, chiamata a pronunciarsi sui principali provvedimenti aziendali (bilancio di previsione, variazioni di bilancio, conto consuntivo, piante organiche, programmazione spese pluriennali, provvedimenti che disciplinano l’attuazione dei contratti e delle convenzioni). Allo Stato, attraverso la programmazione sanitaria nazionale, venivano infine mantenute le competenze relative a:
  • definizione degli obiettivi fondamentali di prevenzione, cura e riabilitazione e delle linee generali di indirizzo del Servizio sanitario nazionale
  • indicazione dei livelli di assistenza da assicurare in condizioni di uniformità sul territorio nazionale
  • formulazione dei progetti-obiettivo da realizzare anche mediante la integrazione funzionale e operativa dei servizi sanitari e socio-assistenziali degli enti locali
  • definizione delle esigenze prioritarie in materia di ricerca biomedica e di ricerca sanitaria applicata
  • individuazione degli indirizzi relativi alla formazione di base del personale
Il cammino verso la regionalizzazione e l'aziendalizzazione del sistema era destinato a trovare ulteriore sviluppo nell'organica riforma culminata nel d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229, orientata alla ricerca di nuovi equilibri tra le Regioni e gli Enti locali nel processo di razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale. Con tale riforma alle Regioni viene assegnata la responsabilità totale della programmazione e del governo ma si promuove anche il recupero di spazi significativi di intervento a favore dei Comuni. In particolare viene attribuito, alle autonomie locali, un nuovo ruolo nel governo dell'assistenza sanitaria, non più finalizzato alla gestione diretta del servizio ma funzionale alla cooperazione tra i diversi livelli territoriali nella formulazione delle strategie assistenziali più adeguate ai bisogni della popolazione. Il primo settore di affermazione di questo nuovo ruolo dei Comuni nella gestione del servizio sanitario è quello relativo alla programmazione sanitaria e sociosanitaria a livello regionale e locale; il secondo coincide con la partecipazione ai procedimenti di valutazione dei risultati raggiunti dalle aziende USL ed ospedaliere rispetto ai programmi e agli obiettivi definiti. Ulteriori ambiti in cui la riforma del 1999 della sanità attribuisce un ruolo di amministrazione attiva agli enti locali sono: quello relativo all'erogazione da parte dei comuni di livelli aggiuntivi di assistenza e quello dell'integrazione sociosanitaria.

Fonte:"Libro bianco sui principi fondamentali del servizio sanitario nazionale"
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