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Pertosse

Come si trasmette

La trasmissione dell’infezione avviene da malato a sano, attraverso le goccioline di saliva emesse con la tosse, gli starnuti o anche semplicemente parlando.
Chi è affetto da pertosse è contagioso per gli altri, dall’inizio del periodo catarrale, fino a 2 settimane dalla comparsa della tosse.

Per la pertosse non si ammette l’esistenza di “portatori sani” (persone che senza essere malate ospitano e diffondono l’agente patogeno) ma solo di malati in forma atipica o asintomatica.

I casi asintomatici veri e propri sarebbero in realtà estremamente rari, perché un’attenta osservazione clinica permette di mettere in evidenza sintomi aspecifici di infezione dell’apparato respiratorio.

 

Sintomi e segni

Dopo un periodo di incubazione, che può variare da 5 a 21 giorni (solitamente 7-10 giorni), si ha comparsa di febbre moderata e di sintomi non molto diversi da quelli di una qualsiasi affezione delle vie aeree (naso chiuso o che cola, tosse lieve e occasionale).

A volte la febbre può essere del tutto assente.

Fasi della malattia

  • Fase catarrale, dura circa 2 settimane ed è caratterizzata da: febbre lieve o assenza di febbre e sintomi simili a quelli di qualsiasi infezione delle vie aeree.
  • Fase convulsiva, dura fino a 6 settimane ed oltre ed è caratterizzata da: accessi incontenibili di tosse stizzosa, che si concludono con un tipico “urlo inspiratorio” e l’espulsione di un "blocchetto" di catarro molto denso e vischioso; a volte gli accessi di tosse sono seguiti da conati di vomito; può seguire estrema stanchezza dopo un attacco, anche se chi ne soffre sembra stare bene tra un attacco e l'altro, respiro a fatica. Forme atipiche nei bambini molto piccoli: al termine dell’attacco di tosse, invece dell’urlo inspiratorio può manifestarsi apnea (assenza di respirazione) e soffocamento.
  • Fase di convalescenza, dura 1-2 settimane.

Complicanze

La pertosse è una malattia particolarmente pericolosa nei bambini molto piccoli, al di sotto del primo anno di vita, in cui può essere responsabile di gravi complicazioni, spesso con conseguenze invalidanti permanenti.

Le complicazioni più frequenti sono rappresentate dalle emorragie sottocongiuntivali e dalle epistassi (emorragie dal naso) causate direttamente dai colpi di tosse; altre complicanze sono: le otiti medie purulente (solitamente per sovrapposizione di un’altra infezione batterica), le polmoniti e le broncopolmoniti (fino al 12% dei casi).

Le complicazioni più gravi sono quelle a carico del sistema nervoso centrale (encefalopatia) e sono dovute sia alla scarsa ossigenazione del sangue durante gli accessi di tosse, sia all’azione diretta della tossina pertossica e si manifestano in circa il 5% dei casi.

La letalità delle pertosse non complicata nei Paesi industrializzati è in generale molto bassa, ma continua ad essere elevata nei Paesi in via di sviluppo.
La letalità della pertosse, che nell’Italia dei primi decenni del ‘900 era di circa il 10 per mille, è attualmente dello 0,01 per mille, ma può arrivare a 0,5-1 per mille nei bambini al di sotto dell’anno di vita.
La letalità dell’encefalopatia pertossica, invece, può arrivare al 30% e circa la metà dei sopravvissuti subisce danni neurologici permanenti.

Diagnosi

In caso di sospetta pertosse, occorre chiamare immediatamente il medico.

La diagnosi di viene confermata con test di laboratorio.


Terapia

La terapia è quella antibiotica; se iniziata precocemente nella fase catarrale, può attenuare sensibilmente la sintomatologia della pertosse; gli attacchi possono però presentarsi lo stesso, soprattutto se l’inizio della terapia è stato tardivo.

In ogni caso il trattamento antibiotico combatte l’infezione e ne evita la diffusione ad altri soggetti suscettibili e per questo è indicato, a scopo preventivo, anche nelle persone esposte.

Utile il riposo, in ambiente tranquillo e confortevole: gli attacchi di tosse, oltre che dall’esercizio fisico, dallo sbadiglio o da starnuti, possono essere provocati da stimoli esterni improvvisi.

I lattanti e bambini hanno maggiori probabilità di essere ricoverati in ospedale per il trattamento, perché sono più a rischio di complicazioni come la polmonite.

Prevenzione

I casi sospetti devono evitare il contatto con i neonati, i bambini piccoli e le donne in gravidanza avanzata, soprattutto se non immunizzate.

La vaccinazione antipertossica rappresenta il metodo di prevenzione in assoluto.

I vaccini contro la pertosse sono sicuri ed efficaci nel ridurre il rischio di malattia grave nei neonati e nei bambini piccoli. La malattia è solitamente più lieve nelle persone vaccinate.

Per i bambini nel primo anno di vita (ciclo di base), il vaccino anti-pertosse, secondo il calendario vaccinale, è incluso nel vaccino esavalente (contro difterite, tetano, pertosse acellulare, epatite B, Haemophilus influenzae tipo b, polio), con ciclo a 3 dosi al compimento di 2 mesi (dal 61° giorno), di 4 mesi (dal 121° giorno) e di almeno 10 mesi (dal 301° giorno) di vita.

Per i successivi richiami (a 5-6 anni e a 11-18 anni) sono disponibili preparazioni combinate (vaccino trivalente contro difterite, tetano e pertosse, o vaccino tetravalente contro difterite, tetano, pertosse e polio).

Per conservare l'immunità sono opportuni ulteriori richiami ogni 10 anni, preferibilmente con il vaccino trivalente tetano, difterite, pertosse acellulare (dTpa)”

Per prevenire i casi di pertosse nel neonato e lattante non ancora vaccinato o che non ha completato il ciclo di base, è molto importante la vaccinazione della gestante nel terzo trimestre di ogni gravidanza (idealmente alle 28ma settimana).


Data di pubblicazione: 7 gennaio 2013 , ultimo aggiornamento 12 novembre 2024



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