Il virus dell’epatite C si trasmette venendo a contatto con il sangue di una persona infetta (uso di droghe per via endovenosa, trasfusioni di sangue infetto, utilizzo di strumentazioni mediche o estetiche non sterili).
Ancora oggi la condivisione di aghi o siringhe è il maggior fattore di rischio di contrarre la malattia. Le trasfusioni di sangue ed emoderivati hanno rappresentato fino agli anni ’90 il fattore di rischio prevalente per la diffusione dell’HCV.
Tuttavia, dopo l’introduzione dello screening obbligatorio del sangue basato sulla ricerca degli anticorpi anti-HCV il tasso di incidenza di epatite C associato alle trasfusioni si è quasi azzerato.
Meno frequente, ma non impossibile, è la trasmissione per via sessuale. Tuttavia, il rischio è maggiore se si ha un’attività sessuale con più partner in quanto maggiore è la possibilità di contrarre malattie veneree le cui lesioni cutanee possono costituire un porta di ingresso o di uscita per il virus dell’epatite C.
L’infezione si può trasmettere per via verticale da madre a figlio in meno del 5% dei casi.
L’epatite C decorre spesso in maniera del tutto asintomatica. I sintomi, quando presenti, sono caratterizzati da dolori muscolari, nausea, vomito, febbre, dolori addominali e ittero (colorazione gialle di sclere e cute).
I sintomi si possono presentare prevalentemente dopo due o tre mesi dall’infezione.
Dopo l’infezione acuta circa il 60-80% evolve verso l’epatite cronica, spesso accompagnata da una sintomatologia aspecifica dominata spesso da uno stato di fatica e malessere persistenti.
La complicanza più frequente è rappresentata dalla cronicizzazione dell'infezione acuta; l'epatite C può diventare cronica in un’elevata percentuale di casi (si stima fino all’85%).
Inoltre, nel giro di 15-30 anni dall’infezione, circa il 20% dei pazienti con epatite cronica progredisce verso la cirrosi epatica, che è il risultato di un processo continuo di danno e riparazione del parenchima epatico con conseguente fibrosi che conduce ad insufficienza epatica.
Altre complicanze importanti sono: la formazione di varici nell’esofago e nello stomaco, che rompendosi causano emorragie e l’accumulo di liquido nell’addome (ascite) che può infettarsi.
Inoltre, le sostanze tossiche che dovrebbero essere smaltite dal fegato possono essere riversate direttamente nel sangue e arrivare al cervello, determinando uno stato confusionale che può arrivare fino al coma (encefalopatia epatica).
La complicanza più grave dell’infezione cronica da HCV è il carcinoma epatico, che colpisce ogni anno il 4-6% dei soggetti con cirrosi.
Il virus C può infettare altri tipi di cellule oltre quelle del fegato e dar luogo non solo a patologie epatiche, ma anche extraepatiche.
Grazie alla sempre maggior conoscenza del virus e del suo comportamento si è dimostrato che molte patologia extraepatiche sono attualmente correlate all’infezione HCV.
Le associazioni più frequenti sono le seguenti:
Dal momento che molti soggetti non sviluppano una sintomatologia classica, la diagnosi di epatite C si affida soprattutto agli esami del sangue. Molto spesso, infatti, si scopre di avere l’epatite C solo grazie a questi esami eseguiti, ad esempio, in occasione di una donazione del sangue o di un intervento chirurgico.
Gli esami disponibili per diagnosticare l’epatite C sono:
Per i nati tra il 1969 e il 1989, è possibile aderire allo screening gratuito per l'epatite C, informandosi presso la propria ASL.
È, inoltre, possibile valutare in modo indiretto lo stato di infiammazione del fegato determinando i livelli delle transaminasi epatiche.
Per determinare re il grado dell’epatopatia occorre conoscere l’entità dell’infiammazione, della necrosi e dei fenomeni cicatriziali con conseguente fibrosi epatica.
Una prima indicazione si può ottenere attraverso l’ecografia epatica, ma la valutazione della fibrosi si effettua con il Fibroscan, apparecchio molto simile ad un ecografo, che con un esame rapido (circa 5-10 minuti) ed indolore misura la durezza, e quindi il grado di friborsi ,del tessuto epatico.
Un quadro più preciso si ha attraverso la biopsia epatica.
È, inoltre, possibile valutare in modo indiretto lo stato di infiammazione del fegato determinando i livelli delle transaminasi epatiche.
Una volta accertata la presenza del virus si può eseguire una biopsia per avere un quadro più preciso sull’entità e sul tipo di danno al fegato.
La terapia dell’epatite C negli ultimi anni ha subito una vera rivoluzione.
I primi farmaci ad essere stati impiegati sono stati l’ interferone alfa pegilato e la ribavirina, la cui efficacia non era sempre certa.
Nel 2012 sono stati immessi in commercio i farmaci antivirali ad azione diretta (DAA) di I generazione, gli inibitori delle proteasi (boceprevir e telaprevir) utilizzati in associazione con interferone e ribavirina solo per alcune tipologie di pazienti.
Dalla fine del 2014, sono divenuti disponibili in Italia i nuovi DAA di II generazione (inibitori di polimerasi, inibitori di proteasi ed inibitori della proteina NS5A) che, utilizzati nelle opportune combinazioni, si mostrano un’efficacia in circa il 90% dei pazienti e una buona tollerabilità.
In un primo momento l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) aveva stabilito la prescrizione a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) solo per alcune categorie di pazienti; con determina n. 500 del 24 marzo 2017 la rimborsabilità dei DAA è stata estesa a tutti i pazienti con infezione HCV, indipendentemente dal grado di malattia, collocando l’Italia tra i Paesi che hanno trattato il maggior numero di pazienti. A giugno 2019 sono stati avviati al trattamento 185.694 pazienti
Dal momento che non è disponibile un vaccino anti-HCV, le uniche misure di prevenzione realmente efficaci sono rappresentate dall’osservanza delle norme igieniche generali, e dall’adozione di corretti comportamenti quali:
La diagnosi precoce è fondamentale per evitare di trascurare la malattia e le sue complicanze. Per i nati tra il 1969 e il 1989, è possibile aderire allo screening gratuito per l'epatite C, informandosi presso la propria ASL.
Per avere maggiori informazioni e sapere se e quando effettuare gli accertamenti, è bene rivolgersi al proprio medico di famiglia.
Per approfondire leggi il Piano nazionale per la prevenzione delle epatiti virali B e C.
Data di pubblicazione: 19 aprile 2013 , ultimo aggiornamento 27 luglio 2023