La polio, o poliomielite, è una malattia infettiva causata da poliovirus, virus a RNA appartenenti al genere Enterovirus.
Esistono tre sierotipi di poliovirus: 1, 2, e 3.
Le cellule umane sono provviste di specifici recettori proteici ai quali i poliovirus possono aderire e quindi penetrare nelle cellule suscettibili. Il virus infetta le cellule dell'orofaringe, le tonsille, i linfonodi del collo e l'intestino tenue.
L'infezione evolve attraverso cicli di replicazione virale, determinando la distruzione delle cellule infette. Una volta instaurata l'infezione, i poliovirus possono raggiungere il sistema nervoso centrale attraverso la barriera emato-encefalica, tramite il torrente ematico o attraverso le fibre nervose. Quando soggetti non immuni sono esposti a poliovirus selvaggi si possono avere infezioni inapparenti prive di sintomi, con pochi sintomi (febbricola, nausea, diarrea), meningiti asettiche, o forme paralitiche. Solo l'1% circa delle infezioni si manifesta come malattia riconoscibile clinicamente.
Il periodo di incubazione varia da 4 a 35 giorni, tipicamente 7-14 giorni. I sintomi clinici iniziali possono includere febbre, affaticamento, mal di testa, vomito, costipazione (o meno comunemente diarrea), indolenzimento del collo e dolore agli arti. La moltiplicazione virale distrugge i neuroni motori che non rigenerano, esitando nell'inabilità funzionale dei muscoli interessati, anche se in alcuni casi è possibile recuperare la funzionalità muscolare in modo completo. Non esistono farmaci in grado di curare questa malattia; l'unica possibilità è rappresentata dalla prevenzione attraverso vaccinazione.
L'Italia è stata ufficialmente certificata "polio-free" il 21 giugno 2002, anche se l'ultimo caso che si è manifestato nel nostro paese risale al 1982.
La ricomparsa della malattia, tuttavia, è sempre possibile, fintanto che ci saranno zone del mondo in cui la malattia è presente e diffusa. Resta pertanto attiva la sorveglianza dei casi di paralisi flaccida acuta (PFA), una delle complicanze più gravi della poliomielite.
Per approfondire
Il virus della polio si trasmette da persona a persona, principalmente per via oro-fecale, in quanto i soggetti contagiati lo eliminano per alcune settimane con le feci; ma, all'inizio, per un periodo limitato, la trasmissione del virus può anche avvenire per via orale, tramite le goccioline di saliva (per esempio con un colpo di tosse o degli starnuti).
Anche chi non manifesta i sintomi della poliomielite può trasmettere il virus.
La maggior parte delle infezioni decorre in modo asintomatico (forme inapparenti), mentre in altri casi si manifestano sintomi aspecifici, di tipo influenzale, febbre, affaticamento, mal di testa, vomito, costipazione (o meno comunemente diarrea), indolenzimento del collo e dolore agli arti. Tutte queste forme regrediscono completamente lasciando una immunità stabile.
In alcuni casi invece la moltiplicazione virale distrugge i neuroni motori che non rigenerano, portando inabilità funzionale dei muscoli interessati, anche se in alcuni casi è possibile recuperare la funzionalità muscolare in modo completo.
Una minima parte delle infezioni, circa 1 su 200 secondo i dati Oms, porta a una paralisi irreversibile, mentre il 5-10% dei malati muore a causa della paralisi dei muscoli dell’apparato respiratorio. La paralisi è la manifestazione più evidente della malattia, ma solo l’1% dei malati presenta questo sintomo.
Spesso la diagnosi non è agevole, soprattutto quando i sintomi sono pochi e aspecifici. Può essere sospettata in presenza di rigidità della nuca e della schiena con difficoltà di flessione del collo, difficoltà a sollevare le gambe o in caso di riflessi anomali.
Per la conferma diagnostica è necessario il prelievo di un campione biologico (ad esempio espettorato o liquido cerebro-spinale); la ricerca del virus viene effettuata soprattutto nei campioni di feci prelevati nei primi giorni della malattia.
Non esistono cure per la poliomielite, se non trattamenti sintomatici, che possono solo in parte minimizzare gli effetti della malattia. L’unica possibilità di sconfiggere la malattia è rappresentata dalla prevenzione attraverso la vaccinazione.
L'igiene costituisce un'ottima forma di prevenzione, intervenendo sulla trasmissione oro-fecale, ma non è sufficiente a eliminare la malattia, perché la trasmissione mediante secrezioni respiratorie può assumere una notevole rilevanza, rispetto alla trasmissione oro-fecale nei Paesi industrializzati, per le migliori condizioni igieniche realizzate.
L'unica arma di prevenzione è rappresentata dalla vaccinazione antipolio.
Il vaccino antipolio in uso in Italia dal 2002 (quando l’Oms ha certificato l’eradicazione del virus nella regione europea) è quello definito “inattivato” (Ipv, Inactivated polio vaccine), basato cioè su un procedimento chimico in grado di uccidere il virus senza fargli perdere la capacità di stimolare il sistema immunitario.
In precedenza, era impiegato anche il vaccino antipolio orale (Opv, Oral polio vaccine) in cui il virus non era ucciso, ma reso incapace di replicarsi nel tessuto nervoso.
La vaccinazione antipolio, secondo il calendario vaccinale, prevede la somministrazione di 3 dosi nel primo anno di vita, (al 3°, 5° e 11° mese), seguite da 2 richiami al 6° e dopo il 12° anno di vita.
Data di pubblicazione: 18 aprile 2013 , ultimo aggiornamento 18 dicembre 2019