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FAQ - Influenza aviaria: aspetti sanitari e sicurezza degli alimenti

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È una infezione virale che si diffonde normalmente tra gli uccelli. Tuttavia, alcuni virus dell'influenza aviaria possono infettare altri animali e le persone. I sintomi nell'uomo possono variare da una lieve infezione delle vie respiratorie superiori (febbre e tosse) a una grave polmonite, sindrome da distress respiratorio acuto (difficoltà respiratoria), shock e persino la morte. 

Esistono quattro tipi di virus influenzali: tipi A, B, C e D:

I virus influenzali A infettano l'uomo e diversi animali. L'emergere di un nuovo virus influenzale A, con capacità di infettare le persone e con trasmissione sostenuta da persona a persona, può causare una pandemia influenzale.
I virus influenzali B circolano tra le persone e causano epidemie stagionali. Dati recenti hanno mostrato che possono infettare anche le foche.
I virus influenzali C possono infettare sia le persone che i suini, ma le infezioni generalmente provocano forme lievi di malattia e vengono segnalate raramente.
I virus influenzali D colpiscono principalmente i bovini e non è noto che infettino o causino malattie nelle persone.

I virus influenzali di tipo A sono di grande importanza per la sanità pubblica a causa del loro potenziale zoonosico (trasmissione dagli animali all’uomo) e, data l’elevata trasmissibilità, nel caso in cui siano in grado di trasmettersi da uomo a uomo, possono essere in grado di causare una pandemia influenzale.
Questi virus, sono classificati in sottotipi in base alle combinazioni di diverse proteine di superficie del virus emoagglutinina (HA) e neuraminidasi (NA).
Finora sono stati identificati 18 sottotipi di emoagglutinina e 11 sottotipi di neuraminidasi.
In base alla specie colpita, la malattia portata dal virus dell'influenza A prende il nome della specie interessata. Si parla quindi di: influenza aviaria, influenza suina e così via.
I sottotipi dei virus dell'influenza aviaria più patogeni, siano essi circolanti in uccelli selvatici o in volatili domestici, appartengono ai sottotipi H5 (H5N1 – H5N8), H7 (H7N7) e H9 (H9N2), mentre quelli dell’influenza dei suini appartengono ai sottotipi H1 (H1N1) e H3 (H3N2).
Questi virus influenzali che colpiscono gli animali sono distinti dai virus dell'influenza umana e non si trasmettono facilmente tra le persone.

In termini di trasmissione, sono state segnalate sporadicamente infezioni umane con virus dell'influenza aviaria e altri virus zoonotici, sebbene rari.

Il principale fattore di rischio per l'uomo è l'esposizione in ambienti contaminati con alta carica virale e a stretto contatto con gli animali infetti, siano essi vivi o morti. Sono quindi situazioni a rischio i mercati di uccelli vivi, diverse fasi della lavorazione del pollame, come la macellazione, la spiumatura, la manipolazione delle carcasse.

Non ci sono prove che suggeriscano che i virus A(H5), A(H7N9) o altri virus dell'influenza aviaria possano essere trasmessi all'uomo attraverso la manipolazione delle carni di pollame o uova adeguatamente preparati e trattati termicamente, come la cottura. Alcuni casi umani di influenza A(H5N1) sono stati collegati al consumo di piatti a base di sangue di pollame crudo e contaminato. Per quanto riguarda la trasmissibilità interumana (da uomo a uomo), i dati al momento disponibili non dimostrano un’alta infettività di questi virus, sebbene si siano verificati alcuni casi, per lo più all’interno del contesto familiaredeterminanti da contatto stretto e prolungato. 

Nel 1997, sono state segnalate infezioni umane da virus HPAI A(H5N1) durante un focolaio nel pollame nella Regione ad Amministrazione Speciale (RAS) di Hong Kong, in Cina. Dal 2003, questo virus aviario si è diffuso dall'Asia all'Europa e all'Africa ed è diventato endemico nelle popolazioni di pollame in alcuni paesi. Le epidemie hanno provocato milioni di infezioni nel pollame, diverse centinaia di casi e molti decessi umani (circa 850 casi ufficiali) . Nel 2013, per la prima volta in Cina sono state segnalate infezioni umane da virus A(H7N9). Da allora, il virus si è diffuso nella popolazione avicola in tutto il paese e ha provocato oltre 1500 segnalazioni di casi tra le persone compresi molti decessi. Altri virus dell'influenza aviaria hanno provocato infezioni umane occasionali, inclusi i virus A(H7N7) e A(H9N2).

Il controllo della circolazione dei virus dell'influenza aviaria nel pollame è essenziale per ridurre il rischio di infezione umana.

I virus responsabili di focolai nel pollame in Italia si sono dimostrati sempre poco pericolosi per l'uomo. Le rarissime infezioni segnalate sono state asintomatiche o hanno provocato delle congiuntiviti guarite spontaneamente. È importante ricordare inoltre che nei Paesi in cui si sono verificati casi umani gravi, la trasmissione della malattia è avvenuta per uno stretto contatto con volatili domestici attraverso secrezioni e feci disseccate degli animali.

Le infezioni da influenza aviaria, suina e altre zoonosi nell'uomo possono causare malattie, che vanno da una lieve infezione delle vie respiratorie superiori (febbre e tosse) a una rapida progressione fino a polmonite grave, sindrome da distress respiratorio acuto, shock e persino la morte.

Sintomi gastrointestinali quali nausea, vomito e diarrea sono stati riportati più frequentemente nell'infezione da A(H5N1). Anche la congiuntivite è stata riportata in alcuni casi. Le caratteristiche della malattia come il periodo di incubazione, la gravità dei sintomi e l'esito clinico variano a seconda del virus che causa l'infezione, ma si manifesta principalmente con sintomi respiratori.

In molti pazienti con virus dell'influenza aviaria A(H5) o A(H7N9), la malattia ha un decorso clinico aggressivo. I sintomi iniziali comuni sono febbre alta (maggiore o uguale a 38°C) e tosse seguiti da sintomi che coinvolgono le basse vie respiratorie, tra cui dispnea o difficoltà respiratorie. I sintomi delle alte vie respiratorie come mal di gola o raffreddore sono meno comuni.
Nel decorso clinico di alcuni pazienti sono stati riportati anche altri sintomi come diarrea, vomito, dolore addominale, sanguinamento dal naso o dalle gengive, encefalite e dolore toracico. Le complicanze dell'infezione comprendono polmonite grave, insufficienza respiratoria ipossiemica, disfunzione multiorgano, shock settico e infezioni batteriche e fungine secondarie.

Per le infezioni umane da virus dell'influenza aviaria A(H7N7) e A(H9N2), la malattia è tipicamente lieve o subclinica. Finora è stata segnalata nei Paesi Bassi solo un'infezione umana fatale da A(H7N7).

Per le infezioni umane da virus dell'influenza suina, nella maggior parte dei casi si è presentata una forma lieve di malattia con pochi casi ospedalizzati e pochissime segnalazioni di decessi.

Per le infezioni da virus dell'influenza aviaria A(H5N1) nell'uomo, i dati attuali indicano un periodo di incubazione che va in media da 2 a 5 giorni e fino a 17 giorni. Per le infezioni umane da virus A(H7N9), il periodo di incubazione varia da 1 a 10 giorni, con una media di 5 giorni. Per entrambi i virus, il periodo medio di incubazione è più lungo di quello dell'influenza stagionale (2 giorni).

Infezioni, per lo più con lieve sintomatologia, sono segnalate anche con i sottotipi H3 e H10.

L'influenza aviaria è l'infezione sostenuta da virus dell'influenza che generalmente colpisce volatili e che, in particolari condizioni di contatto, può trasmettersi da uccelli infetti all'uomo. La pandemia influenzale è un'epidemia globale di influenza causata da un nuovo virus influenzale che emerge e si trasmette da persona a persona, causando la malattia in vaste regioni oin tutto il mondo.

La circolazione continua di alcuni virus dell'influenza aviaria nel pollame, come i virus A(H5) e A(H7), è fonte di preoccupazione per la sanità pubblica poiché questi virus causano nelle persone forme gravi di malattia e hanno il potenziale di mutare e aumentare la trasmissibilità tra le persone.

Ad oggi, non è stata segnalata una trasmissione sostenuta tra le persone, sebbene sia noto il rischio potenziale a causa di sporadici episodi legati a prolungata esposizione con pazienti infettati ed in particolari condizioni igienico-sanitarie.

Nel 20° secolo ci sono state tre pandemie e una nel 21° secolo. Tutte si sono diffuse nel mondo entro un anno dal loro esordio. 

  • 1918-19, "Spagnola", da virus A-H1N1, ha causato il più alto numero noto di morti: da 20 a 50 milioni di persone potrebbero essere morte in tutto il mondo a causa di questa influenza. Le persone morirono maggiormente nei primi giorni dall’inizio della sintomatologia o in seguito a complicanze. Quasi la metà di questi erano giovani adulti sani.
  • nei primi giorni dopo l'infezione e altri in seguito a causa delle complicanze. Quasi la metà di questi erano giovani adulti sani.
  • 1957-58, "Asiatica", da virus A-H2N2, ha causato circa 70.000 morti negli Stati Uniti. Dalla prima identificazione avvenuta in Cina, alla fine del febbraio 1957, il virus si diffuse fino agli Stati Uniti nel giugno 1957.
  • 1968-69 "Hong Kong" da virus A-H3N2, ha causato approssimativamente 34.000 decessi negli Stati Uniti. Questo virus è stato identificato in Hong Kong all'inizio del 1968 e si diffuse negli Stati Uniti nell'arco di un anno.
    Il virus A-H3N2 circola ancora oggi, provocando epidemie stagionali, per le quali è ora possibile una prevenzione con il vaccino.
  • 2009-10 "Suina" da H1N1, ha avuto origine in Messico nella primavera del 2009, estendendosi in breve tempo a più di 80 Paesi e contagiando in pochi mesi milioni di persone. L'OMS decise di dichiarare la prima Pandemia Influenzale del nuovo secolo, non tanto per la gravità della malattia, ma per la difficoltà di contenere il virus essendo questo facilmente trasmissibile. Ancora oggi il virus fa parte dei virus responsabili dell'influenza stagionale.

Al momento l'OMS non fornisce indicazioni per limitare viaggi per e da paesi colpiti dall'influenza aviaria. Tuttavia, i viaggiatori possono adottare alcune misure di prevenzione per ridurre il rischio di infezione.

No. Al momento attuale non sono disponibili vaccini per la prevenzione delle infezioni da influenza aviaria nell'uomo. L'OMS, con i laboratori che fanno parte della rete globale di sorveglianza dell'influenza, lavora costantemente per l'allestimento di vaccini specifici da usare in caso di necessità.

Sì. Per il trattamento (e la prevenzione) di un'infezione umana da virus dell'influenza aviaria, le evidenze scientifiche suggeriscono che alcuni farmaci antivirali, in particolare gli inibitori della neuraminidasi (oseltamivir, zanamivir), possono ridurre la durata della replicazione virale e migliorare le prospettive di sopravvivenza, tuttavia sono necessari ulteriori studi clinici. È stata segnalata l'insorgenza di resistenza all'oseltamivir.

Nei casi sospetti e confermati, gli inibitori della neuraminidasi devono essere prescritti il prima possibile (idealmente entro 48 ore dall'insorgenza dei sintomi) per massimizzare i benefici terapeutici. Tuttavia, data la significativa mortalità attualmente associata alle infezioni da sottotipi virali A(H5) e A(H7N9) e l'evidenza di una prolungata replicazione virale, la somministrazione del farmaco dovrebbe essere presa in considerazione anche nei pazienti che si trovano in fasi tardive della malattia.

Il trattamento è raccomandato per un minimo di 5 giorni, ma può essere esteso fino a quando non si ottiene un miglioramento clinico soddisfacente.

I corticosteroidi non devono essere usati di routine, a meno che non sia indicato per altri motivi (es: asma e altre condizioni specifiche); poiché è stato associato a una prolungata clearance virale, immunosoppressione che porta a superinfezione batterica o fungina.

Comunemente i virus A(H5) e A(H7N9) sono resistenti ai farmaci antivirali adamantani (ad es. amantadina e rimantidina) e pertanto non sono raccomandati per la monoterapia.

La presenza di co-infezione con patogeni batterici può essere riscontrata in pazienti critici.

L’OMS raccomanda le seguenti misure personali di protezione (misure non farmacologiche) utili per ridurre la trasmissione del virus dell’influenza aviaria:

  • Lavaggio regolare con corretta asciugatura delle mani
  • Buona igiene respiratoria: coprire bocca e naso quando si tossisce o si starnutisce, utilizzare fazzoletti monouso e smaltirli correttamente
  • Autoisolamento immediato in caso di febbre e sintomi simil influenzali
  • Evitare il contatto ravvicinato con persone malate
  • Evitare di toccarsi occhi, naso e bocca

Gli operatori sanitari che eseguono procedure che generano aerosol dovrebbero utilizzare precauzioni per via aerea. Durante le epidemie dovrebbero essere messi a disposizione e utilizzati precauzioni standard da contatto e da goccioline e adeguati dispositivi di protezione individuale (DPI).

I viaggiatori e le persone che vivono in paesi con epidemie note di influenza aviaria dovrebbero, se possibile, evitare allevamenti di pollame, il contatto con animali nei mercati di pollame vivo, entrare in aree in cui il pollame può essere macellato e il contatto con qualsiasi superficie che potrebbe essere contaminata da feci di pollame o altri animali. Dovrebbero essere seguite buone pratiche di sicurezza alimentare e igiene alimentare. I viaggiatori di ritorno dalle regioni colpite devono segnalare al proprio medico curante eventuali sintomi respiratori.

Sì. La vaccinazione antinfluenzale, pur non conferendo una protezione specifica verso i virus dell'influenza aviaria, è utile in quanto può ridurre la probabilità di essere infettati contemporaneamente, sia dal virus dell'influenza aviaria che da quello stagionale (coinfezioni). La riduzione delle coinfezioni riduce la probabilità che i virus acquisiscano la capacità di diffondersi facilmente da persona a persona. 

Consultare immediatamente il medico curante se si vive o si è visitato di recente una zona in cui si è verificata un'epidemia e si presentino sintomi simil-influenzali quali febbre, tosse e difficoltà respiratorie.

I prodotti a base di carne e le uova possono essere consumati in sicurezza, previa accurata cottura, in quanto il virus dell'influenza aviaria è inattivato dal trattamento termico. Il consumo di carne e uova crude o non completamente cotte, in generale dovrebbe essere evitato.  Allo stesso modo, gli animali malati o morti inaspettatamente non dovrebbero essere mangiati.

Va sottolineato che nella Unione europea i focolai di influenza aviaria ad alta patogenicità nel pollame del sottotipo H5 e H7 prevedono l’attuazione di strette misure di controllo che vanno dall’abbattimento e distruzione dei volatili, negli allevamenti colpiti, all’istituzione di zone di controllo intorno ai focolai dove la movimentazione è consentita solo previa esecuzione favorevole di rigidi controlli sanitari. Inoltre come regola generale i volatili inviati al macello vengono sottoposti a visite pre-macellazione (visita ante-mortem) e post-macellazione (visita post-mortem) che assicurano in caso di sospetto l’eliminazione dei volatili dalla catena alimentare. L’insieme di questi controlli garantisce un elevato livello di sicurezza per il consumatore.


Per evitare contaminazioni, separare sempre la carne cruda e le uova dai cibi cotti o pronti da consumare. Non utilizzare lo stesso tagliere o lo stesso coltello per carne cruda e altri alimenti e non riporre la carne cotta sullo stesso piatto o sulla stessa superficie su cui si trovava prima della cottura. Dopo aver maneggiato carne cruda, lavarsi accuratamente le mani con acqua e sapone. Non mangiare uova crude o alla coque. Lavare e disinfettare tutte le superfici e gli utensili che sono stati a contatto con carne cruda.

In generale la resistenza del virus nell'ambiente è legata alla temperatura è al pH del mezzo in cui si trova. Le temperature elevate rendono il virus rapidamente inattivo, mentre a temperature basse il virus sopravvive più a lungo. PH sotto il 3 (fortemente acidi) e sopra il 10 (fortemente alcalini) inattivano rapidamente il virus.

  • A 4°C, nell'acqua e nelle feci - circa un mese
  • A 60°C, nell'acqua - circa 30 minuti
  • A 100°C, nell'acqua - meno di 2 minuti
  • A esposizione diretta alla luce solare - circa 48 ore
  • A esposizione diretta ai raggi ultravioletti - si inattiva dopo alcune ore
  • In solventi organici: etere, cloroformio, acetone, ecc. - si inattiva rapidamente
  • In disinfettanti comuni; agenti ossidanti, acidi diluenti, alogeni (cloruro, iodio), ecc. - si inattiva rapidamente

Il congelamento (in particolare il congelamento lento che si ottiene conservando gli alimenti a temperature intorno ai -18° -20 °C) non è in grado di distruggere il virus dell'influenza aviaria eventualmente presente in prodotti alimentari. Con il congelamento si ottiene solo una riduzione della carica infettante, ossia del numero di virus vitali presenti nel prodotto infetto.

Naturalmente per i prodotti avicoli italiani o provenienti da altri Stati dell’Unione Europea, il problema non si pone, in quanto, in caso di riscontro di focolai, le carni di animali infetti non possono essere destinate al consumo umano.
Allo stesso modo, per i prodotti provenienti da aree di Paesi Terzi a rischio, ne è vietato l’ingresso nei territori dell’Unione Europea.

Il tipo di sintomatologia negli uccelli varia sia in relazione alla patogenicità (capacità del virus di infettare, di diffondere e di determinare sintomi) del ceppo virale sia alla specie di volatile interessato (ad esempio i tacchini sono animali molto sensibili). L'infezione da alcuni virus A (per esempio, alcuni ceppi H5 ed H7) può causare epidemie estese ed elevata mortalità tra alcune specie di selvatici e di uccelli domestici, compresi polli e tacchini, anatre, oche, quaglie.

Alcune specie di uccelli selvatici, soprattutto di ambienti acquatici e palustri, come anatre e cigni, fungono da serbatoi del virus. Lo ospitano nell'intestino, anche senza mostrare una sintomatologia evidente, e lo eliminano con le feci, con la saliva e con le secrezioni respiratorie. Il contatto di uccelli suscettibili con queste escrezioni e in ambiente contaminato favorisce la trasmissione dell'infezione. La trasmissione fecale-orale è la modalità di trasmissione più comune.

Gli animali sani sensibili all'infezione che frequentano le zone non interessate dai casi di positività da virus particolarmente pericolosi come l'H5N1 e l’H5N8, non rappresentano un rischio per la popolazione.

L'attività di monitoraggio predisposta su tutto il territorio nazionale ha dimostrato la capacità dei servizi veterinari, degli Enti coinvolti e dei responsabili delle attività di sorveglianza passiva, di evidenziare in tempo reale la presenza sul nostro territorio dei virus influenzali.

La presenza di uccelli selvatici migratori rappresenta un rischio che deve essere costantemente monitorato investigando sui casi di mortalità anomala negli uccelli selvatici anche con l'aiuto del privato cittadino che ha l'obbligo di garantire che l'attività di sorveglianza venga svolta in tutta serenità contribuendo a non creare inutili allarmismi con segnalazioni generiche e non sospette. Come in tutti i casi in cui si individuano animali selvatici morti la raccomandazione è di evitare di toccarli e avvisare l’ASL competente per territorio che provvederà a prelevare la carcassa per i necessari accertamenti diagnostici.


Ad oggi risultano occasionali casi di trasmissione del virus dell'influenza aviaria verso i nostri amci cani e gatti, pertanto, al momento non rappresentano un rischio per l’uomo.

Tuttavia, a causa della capacità di mutazione dei virus influenzali, gli esperti non possono escludere che la situazione muti. Nelle ultime epidemie da virus H5N1 ad alta patogenicità i casi di passaggio di questo virus nei carnivori selvatici marini (foche, delfini) e terrestri, incusi canidi (volpi, coyote) e felini (linci, puma, tigri) sono stati numerosi.

I casi segnalati nei gatti e nei cani sono per ora da ritenersi un evento inconsueto legato al contatto dell'animale con carcasse di volatili selvatici morti a seguito dell'infezione con virus altamente patogeni o alla frequentazione di ambienti fortemente contaminati come i focolai nel pollame. Per questo motivo, nelle zone in cui ci sono focolai in uccelli selvatici o nei domestici è una buona misura di biosicurezza evitare che cani e gatti vengano a contatto con le carcasse di volatili morti.

Per gli animali da compagnia tenuti in abitazione nelle aree urbane attualmente non sussistono elementi di preoccupazione.

La frutta e la verdura non rappresentano un rischio per l’uomo. Tuttavia è sempre una buona norma igienica lavare e pulire le verdure e la frutta prima del consumo, in quanto potrebbero essere imbrattate con escrezioni di animali e quindi, potenzialmente trasmettere agenti patogeni.
Il corretto lavaggio, infatti, riduce a livelli di sicurezza accettabili il rischio di contrarre qualsiasi infezione.

Il rischio che il virus dell'influenza aviaria possa essere trasmesso da prodotti a base di piume trattate è praticamente nullo.

L’importazione di piume è regolamentata dal Regolamento europeo 142/2011, il quale vieta "l'importazione e il transito nell'Unione dei seguenti sottoprodotti di origine animale: b) piume, parti di piume e piumino non trattati".

I processi di bonifica delle piume, stabiliti dallo stesso regolamento prevedono che "Le piume, le parti di piume e il piumino che sono stati sottoposte a lavaggio industriale e trattati con vapore caldo a 100 °C per almeno 30 minuti possono essere immessi sul mercato senza restrizioni a norma del presente regolamento".

Le piume, le parti di piume ed il piumino trattati possono essere importati se:

  • si tratta di piume ornamentali trattate, di piume trattate trasportate dai viaggiatori per uso privato o di lotti di piume o piumino trattati spediti a singoli per usi non industriali
  • oppure sono accompagnati da un documento commerciale attestante che le piume o le parti di piume il piumino sono stati trattati con getto di vapore o qualsiasi altro metodo atto a garantire l'eliminazione dei rischi inaccettabili e sono stati confezionati allo stato secco in modo sicuro in imballaggi
  • e, a meno che il documento commerciale indichi che sono state sottoposte a lavaggio industriale e trattate con getto di vapore a 100 °C per almeno 30 minuti, vengono inviate ad uno stabilimento o ad un impianto autorizzato per tale trattamento.

Nel caso in cui si verifichino focolai di influenza aviaria da ceppi altamente patogeni, la normativa comunitaria prevede la possibilità di sospendere alcune pratiche a rischio legate all’attività venatoria, come, ad esempio, il ripopolamento della selvaggina da penna e l’uso dei richiami vivi. Inoltre è previsto il controllo della selvaggina cacciata per individuare la presenza di virus influenzali e studiarne le caratteristiche. In questo modo è possibile valutare più correttamente i rischi e adottare adeguate misure per salvaguardare il pollame nonché tutelare la salute dei cacciatori e limitare la diffusione del virus.

  • Avvertire immediatamente il servizio veterinario della ASL.
  • Non avvicinarsi alle carcasse e non consentire a nessuno di avvicinarsi.
  • Non portare fuori dall'allevamento animali ed oggetti.
  • Attendere l'intervento del Servizio veterinario della ASL per l'adozione dei provvedimenti stabiliti dalle norme comunitarie e nazionali.

Le principali specie di uccelli selvatici da monitorare, individuate dall'Unione Europea sono: oche, anatre, limicoli (pavoncella), gabbiani, cigni.

I fagiani, le quaglie e le pernici appartengono a specie che potenzialmente possono contrarre la malattia. Tuttavia occorre considerare che queste specie vivono in ambienti diversi da quelli in cui si fermano normalmente gli uccelli migratori che costituiscono il serbatoio naturale dei virus influenzali.
Tuttavia è sempre buona norma contattare il servizio veterinario territorialmente competente, qualora si rinvenisse un animale selvatico morto per cause sconosciute.

Le galline presenti nel cortile di privati cittadini, che appaiono sane e razzolano normalmente senza manifestare comportamenti anomali, non rappresentano un pericolo per la trasmissione dell'influenza aviaria all'uomo. Anche per questi volatili nei periodi a rischio (autunno e inverno) è necessario evitare che vengano a contatto con uccelli selvatici. 

Gli allevamenti privati di pollame, se solo per autoconsumo, non rappresentano un pericolo né di diffusione né di contagio. Tuttavia è buona norma osservare il comportamento degli animali e segnalare qualsiasi sintomo anomalo (es. calo della deposizione delle uova, ridotto consumo del mangime, sintomi nervosi) al Servizio veterinario.

La normativa nazionale prevede l’obbligo di registrare, presso il Servizio Veterinario dell’Asl, la detenzione di specie avicole sia per scopi di allevamento commerciale, che rurale, per autoconsumo e hobbistico.

Il Decreto ministeriale 13 novembre 2013 (Modalità operative di funzionamento dell’anagrafe informatizzata delle aziende avicole), definisce come allevamento familiare l’allevamento rurale con capacità strutturale inferiore a 250 capi che non movimenta avicoli verso altre aziende e nel quale gli avicoli sono allevati esclusivamente per autoconsumo o utilizzo personale, senza alcuna attività commerciale, fatte salve le eccezioni previste dal Regolamento (CE) 852/2004.

Nella Banca Dati Nazionale dell'Anagrafe Zootecnica (BDN) devono essere registrati tutti gli stabilimenti, intesi come i luoghi dove sono allevati o custoditi avicoli detenuti animali come definiti al punto 27 dell’articolo 4 del Regolamento (UE) 2016/429, con esclusione dall’obbligo di registrazione solo per gli allevamenti familiari con meno di 50 capi, ai sensi dell’art. 4 del Decreto legislativo 9/2010, come modificato dall’art. 1 (510) della Legge 27 dicembre 2017, n. 205

Per gli allevamenti familiari di avicoli è obbligatoria in ogni caso la registrazione locale (quindi non in BDN) di cui all’articolo 14, comma 1, del decreto legislativo 16 marzo 2006, n. 158, presso la ASL di appartenenza. Per i titolari di tali allevamenti, ossia gli operatori responsabili degli animali, come definiti al punto 27 dell’articolo 4 del Regolamento (UE) 2016/429, la mancanza delle registrazioni si configura come violazione al decreto legislativo 158/2006 sanzionabile ai sensi dell’articolo 32, comma 2, dello stesso decreto legislativo.

Si intende per azienda: qualsiasi luogo, anche all'aria aperta, in cui gli animali sono allevati, o detenuti, anche transitoriamente.

È necessario impedire che animali selvatici vengano a contatto con gli animali allevati, installando ad esempio reti anti-passero ed evitando la presenza di acqua di abbeveraggio e mangime esposti all'ambiente esterno.

I cani e i gatti che hanno accesso agli allevamenti avicoli non rappresentano un pericolo; tuttavia è opportuno evitare che vengano a contatto con i volatili per escludere precauzionalmente che possano diventare un veicolo passivo di trasmissione della malattia ad altri allevamenti di volatili.

La morte di un singolo animale in un allevamento di volatili da cortile non è significativa ai fini di sospetto di influenza aviaria. Tuttavia, qualora questa si verifichi in un’area dove si sono verificati altri focolai di influenza aviaria oppure nel caso in cui vi siano più animali che presentino sintomi di malattia, insieme ad animali morti, occorre fornire segnalazione al Servizio veterinario della ASL, in quanto, seppure si possa dubitare che si tratti specificamente di influenza aviaria, la morte di più animali è indice di una malattia trasmissibile del pollame.

  • Non toccarlo a mani nude.
  • Richiedere l'intervento del servizio veterinario della ASL competente o della Polizia Provinciale o Municipale.
  • Fornire segnalazione all'istituto zooprofilattico sperimentale.
  • Se possibile isolare la carcassa per evitare il contatto con curiosi e/o animali ed attendere che personale adeguatamente protetto provveda a recuperarla.

Colombi, tortore e passeracei (passeri, merli, storni) hanno un ruolo marginale nella diffusione dell’influenza aviare e nel contagio di altri animali o dell'uomo. Questo dato è supportato dal fatto che nel corso di epidemie influenzali verificatesi negli anni passati, questi volatili sono stati solo raramente interessati da fenomeni morbosi e perlopiù in contesti reali e non cittadini.

In caso si rinvengano soggetti malati appartenenti a queste specie è comune sempre buona norma manipolarli con attenzione nel rispetto del principio della massima cautela igienico-sanitaria o ancora meglio, soprattutto se si evidenzino episodi di alta mortalità, occorre avvisare il Servizio veterinario della ASL competente per territorio per approfondimenti diagnostici.

Chi possiede animali da cortile al di sotto di 250 unità, deve segnalare il possesso al Comune di appartenenza; disfarsi degli animali uccidendoli o abbandonandoli è un comportamento perseguibile penalmente in quanto sottrae gli animali ai controlli sanitari, qualora si rendessero necessari. (Articolo 500 del Codice Penale)

Di norma, se si tratta di specie non sensibili all'influenza aviaria, spetta ai Comuni la rimozione delle spoglie di animali morti.

Gli allevamenti biologici sono sottoposti agli stessi controlli sanitari previsti per le altre tipologie di allevamento; il rispetto di disciplinari di produzione biologica non rappresenta un elemento di maggiore sicurezza sanitaria; la normativa in materia di sicurezza alimentare è la stessa per tutte le filiere produttive siano esse a carattere tradizionale, rurale, industriale o biologico ecc.

Gli allevamenti biologici con parchetti all'aperto sono maggiormente a rischio di contrarre la malattia dagli uccelli selvatici, per questo motivo devono prendere tutti gli accorgimenti necessari per limitare questo rischio, installando ad esempio doppie reti anti-passero ed evitando la presenza di acqua di abbeveraggio e mangime esposti all'ambiente esterno.

I controlli delle carni di pollame vendute nelle macellerie e nei supermercati sono attestati dall’apposizione, sulle stesse, del marchio di identificazione dello stabilimento che le ha immesse in commercio.

Il marchio di identificazione apposto sulle carni di pollame è costituito da un bollo ovale che:

  • nella parte superiore riporta la sigla di identificazione del Paese dal quale proviene il prodotto che stiamo acquistando, ad esempio IT (Italia), DK (Danimarca), DE (Germania), ecc.
  • al centro il numero di riconoscimento dello stabilimento, con l’indicazione della tipologia di stabilimento (ad esempio in Italia la lettera M sta per macello, S sta per laboratorio di sezionamento ecc)
  • nella parte inferiore la sigla relativa alla produzione avvenuta nell’Unione Europea (UE, EWG ecc.)

Il marchio di identificazione può essere apposto direttamente sul prodotto, sulla confezione, sull’imballaggio o essere stampato su un’etichetta applicata a sua volta sul prodotto, sulla confezione o sull’imballaggio oppure può consistere in una targhetta o un sigillo in materiale resistente. 

L’allevamento avicolo deve essere sottoposto a controllo da parte del servizio veterinario dell’ASL di competenza per il territorio, almeno una volta nell’ambito del ciclo produttivo. Il controllo comprende l'esame dei registri dell'allevatore, e, se del caso, esami complementari, oltre a prelievi di campioni d'acqua e di mangimi.

Al macello, i volatili da cortile* devono subire una visita sanitaria ante mortem da parte di un veterinario ufficiale (il veterinario ASL).

Una volta macellati, il veterinario ufficiale sottopone le carcasse ad un’ulteriore ispezione (ispezione post-mortem) durante il quale, a sondaggio o comunque in caso di fondato sospetto, può procedere al prelievi di campioni per la ricerca, ad esempio, di residui di sostanze ad azione farmacologica oppure di patogeni.

Anche negli stabilimenti che lavorano ulteriormente le carni di pollame il veterinario ufficiale deve garantire la sorveglianza ed il controllo sulla lavorazione delle carni stesse, nonché deve assicurare il controllo dell'igiene generale dello stabilimento ed il controllo del registro di entrata e di uscita delle carni. Le carni che il veterinario ufficiale ritiene possano rappresentare un rischio per la salute umana, o anche per salute degli altri animali (problemi di sanità animale), sono sequestrate.

* Nella normativa sanitaria, le carni di pollame vengono ricomprese nella definizione di "volatili da cortile", con la quale di intendono i volatili appartenenti alle specie dei polli (genere Gallus), dei tacchini (genere Meleagris), delle faraone (genere Numida), delle anatre (genere Anas) e delle oche (genere Anser). Le altre specie di volatili dalle quali si ottengono carni destinate al consumo umano afferiscono alla definizione di "selvaggina da penna", disciplinate per l'immissione in commercio da specifica normativa che garantisce pari livello di sicurezza sanitaria. Entrambe rientrano nella dizione "carni avicole".

Con il Regolamento 1169/ 2011 e successive modificazioni è stato previsto che obbligatoriamente le carni di tutte le specie avicole, quindi comprese le carni di polli, tacchini, faraone, anatre, oche, quaglie, fagiani e le altre carni di selvaggina da penna cacciata ed allevata, rechino l'indicazione sull'origine.

Oltre all'indicazione sull'origine anche le informazioni di tracciabilità previste consentono di identificare il prodotto e di sapere in tempi brevissimi l’origine dello stesso, al fine di poter intervenire con tempestività in caso di necessità o di emergenza, anche nel caso in cui si debba richiamare l’eventuale prodotto già acquistato dal consumatore.

L'etichetta deve essere apposta sulla carcassa ovvero sul materiale di confezionamento o di imballaggio. Nel caso di vendita al dettaglio di prodotto sfuso le informazioni previste devono essere fornite mediante cartello esposto in maniera visibile nei luoghi di presentazione e vendita dei prodotti al consumatore.

Sull'etichetta, all’interno del bollo sanitario, vi è la sigla "IT".

L’operatore del settore alimentare responsabile delle informazioni sugli alimenti è l’operatore con il cui nome o con la cui ragione sociale è commercializzato il prodotto o, se tale operatore non è stabilito nell’Unione, l’importatore nel mercato dell’Unione.

Il Decreto Legislativo 15 dicembre 2017 n. 231 riporta la disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni del Reg. (UE) 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori.

L'uovo è un alimento igienicamente sicuro e controllato. L'uovo freschissimo è dotato di barriere naturali che gli conferiscono una buona resistenza alla contaminazione; infatti, nonostante l'abbondante microflora riscontrabile sulla superficie esterna, la cuticola, il guscio e le sue membrane, l'albume si oppongono alla penetrazione dei microrganismi all'interno.
La cottura delle uova è consigliata come misura di tipo precauzionale nei riguardi di possibili contaminazioni, che possono verificarsi durante la manipolazione del guscio dell'uovo e rientra nelle normali procedure di buone norme igieniche che devono essere rispettate nelle nostre case, così come viene consigliato di mantenere separati alimenti non ancora puliti o preparati, es. verdure, da alimenti già cucinati o pronti per il consumo.
In caso di focolai di influenza aviaria le uova prodotte da animali infetti non vengono destinate al consumo.

Da gennaio 2004 le uova riportano chiaramente le indicazioni riferite alla loro origine e senza dubbio, oggi sono l'alimento che fornisce le maggiori informazioni rispetto a tutti gli altri alimenti.
Infatti, sul guscio, sono impresse delle sigle e numeri che permettono di risalire all'allevamento di provenienza e ne indicano anche la tipologia:

  • il primo numero indica la tipologia di allevamento 0=biologico, 1= all'aperto, 2=a terra, 3= in gabbia;
  • successivamente viene riportata la sigla del Paese di origine: IT per l'Italia;
  • una serie di numeri indica il Comune in cui ha sede l'allevamento;
  • la sigla della provincia dell'allevamento;
  • una serie di numeri indica, infine, l'allevamento.

La normativa è valida solo per i Paesi dell'Unione Europea e non per le produzioni dei Paesi terzi; pertanto in quest'ultimo caso la dicitura prevista sugli imballaggi è “sistema d'allevamento indeterminato".
Il guscio quindi diventa etichetta e ciò rappresenta uno strumento di tutela per tutti gli italiani, poiché dà loro la possibilità di poter risalire non solo al Paese di provenienza, ma addirittura all'allevamento di produzione. L'obbligo dell'etichettatura non si applica esclusivamente alle uova cedute direttamente dall'allevatore al consumatore.

Non esiste alcuna ragione per non consumare prodotti a base di uova crude. Questi prodotti sono fatti in industrie alimentari che utilizzano materia prima sottoposta a controlli igienico-sanitari, gestiti in autocontrollo dalle aziende stesse, e da controlli ufficiali da parte del servizio veterinario pubblico delle ASL, compresi i controlli microbiologici per la ricerca di agenti patogeni pericolosi per il consumatore.
Particolare attenzione deve essere data, a livello familiare, sia nella fase di preparazione che di conservazione di creme e maionese, per evitare delle possibili contaminazioni dei prodotti, essendo l'uovo un ottimo terreno nutritivo per lo sviluppo di batteri.

Gli esercizi di somministrazione di alimenti hanno l'obbligo di documentare la tracciabilità dei prodotti che somministrano e la loro provenienza da attività produttive riconosciute ai sensi della vigente normativa comunitaria e nazionale in materia di produzione e commercializzazione di alimenti. In ogni caso il virus dell'influenza aviaria viene rapidamente inattivato dalla cottura.


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Data di ultimo aggiornamento: 19 maggio 2023


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