Il nostro sistema sanitario mette a disposizione di tutte le donne, italiane e straniere, una rete di servizi sul territorio, ospedalieri e ambulatoriali, socio-sanitari e socio-assistenziali, anche attraverso strutture facenti capo al settore materno-infantile, come ad esempio il consultorio familiare, al fine di assicurare un modello integrato di intervento.
Uno dei luoghi in cui più frequentemente è possibile intercettare la vittima è il Pronto Soccorso.
E’ qui che le vittime di violenza, a volte inconsapevoli della loro condizione, si rivolgono per un primo intervento sanitario. In particolare per la tempestiva e adeguata presa in carico delle donne vittime di violenza che si rivolgono al Pronto Soccorso sono state adottate nel 2017 le specifiche Linee Guida nazionali per le Aziende sanitarie e le Aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza.
Accessi in Pronto soccorso
L’analisi Istat sui dati relativi ai ricoveri ospedalieri, rilevati con il flusso della Scheda di dimissione ospedaliera (SDO), evidenzia che:
(Fonte: Analisi Istat su dati Sistema EMUR, Rapporto SDO - anni 2017- 2021)
Infortuni femminili in ambito lavorativo: violenza, aggressione e minaccia
Dati Inail evidenziano che nel quinquennio 2017-2021 tra gli infortuni femminili in occasione di lavoro e riconosciuti positivamente da Inail (al netto dei Covid), la causa «violenza, aggressione e minaccia», che può provenire da persone esterne all’azienda o da colleghi della stessa azienda, rappresenta oltre il 5% dei casi codificati, circa 20.500 infortuni nell’intero quinquennio (poco più di 4.000 l’anno).
Tra le lavoratrici vittime di aggressioni o violenze, quasi il 60% svolge professioni sanitarie e assistenziali, a seguire (ma a distanza) insegnanti e specialisti dell’educazione-formazione, impiegati postali, personale di pulizia e servizi di vigilanza e custodia, ecc. (Fonte: Inail)
I numeri della violenza sulle lavoratrici della sanità e del sociale
(Fonte: Inail Andamento degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali - n.10, ottobre, 2020)
In Europa
Le operatrici e gli operatori del settore sanitario e sociale sono tra i più colpiti in Europa da episodi di violenza al lavoro. In particolare:
Poiché spesso la violenza rimane nascosta, al fine di individuarne il più rapidamente possibile i segni è importante rafforzare le competenze degli operatori sociosanitari che entrano in contatto con le vittime, mediante specifici programmi di formazione. Il Ministero della salute ha richiesto agli Assessorati competenti delle regioni e delle province autonome, già nella prima metà del 2019, le informazioni relative agli atti formali di recepimento delle Linee Guida nazionali per le Aziende sanitarie e le Aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza. Inoltre, ogni regione e provincia autonoma è stata invitata a designare i propri referenti, in qualità di focal point, ai fini del monitoraggio della piena attuazione delle disposizioni in argomento e per le attività di contrasto alla violenza sulle donne.
I percorsi formativi promossi dal Ministero della Salute
Il Ministero della Salute riconosce come cruciale la formazione del personale sanitario e socio-sanitario per la prevenzione della violenza (art. 15 della Convenzione di Istanbul) ed ha finanziato dal 2014, nell’ambito del CCM, due progetti (2014-2019) con l'Istituto Superiore di Sanità (ISS) per la formazione degli operatori sociosanitari dei Pronto Soccorso (PS) italiani, raggiungendo circa 18.000 persone e oltre il 96% dei PS del territorio nazionale.
A conclusione di questo percorso decennale il Progetto IPAZIA CCM 2021 “Strategie di prevenzione della violenza contro le donne e i minori, attraverso la formazione di operatrici e operatori di area sanitaria e socio-sanitaria con particolare riguardo agli effetti del COVID-19” #IpaziaCCM2021, finanziato nell’ambito del CCM, tramite l’accordo tra il Ministero della Salute e la Regione Toscana, capofila di progetto. I partner: ISS, INMP e altre 5 regioni in rappresentanza del nord, centro e sud del Paese.
Il progetto, ha voluto estendere la formazione dal Pronto soccorso ad operatrici e operatori della rete di assistenza sanitaria territoriale, mediante la sperimentazione di un modello formativo, articolato in un percorso di base (corso FAD) rivolto a operatrici e operatori dei servizi sanitari e socio-sanitari territoriali e in un percorso specifico per la “formazione di formatori”, individuati dalle singole Asl partecipanti.
Il progetto si è concluso il 25 maggio 2024 ed ha realizzato:
Per approfondire:
Evento conclusivo Progetto IPAZIA - 8 maggio 2024
Progetti CCM 2014 e 2019
Con il Progetto CCM 2014, primo percorso formativo blended (Formazione A Distanza, FAD e incontri de visu): “Prevenzione e contrasto della violenza di genere attraverso le reti territoriali” è stata definita ed applicata nel periodo 2015 -2017, una strategia innovativa ed efficace di formazione per gli operatori sociosanitari dei Pronto Soccorso (PS) relativamente alla gestione dei casi di violenza di genere. Sono stati formati operatori socio-sanitari di 28 PS presenti in 4 regioni italiane (Lombardia, Lazio, Campania e Sicilia). L’intero percorso blended è stato portato a termine da 636 professionisti, pari al 73,3% di coloro i quali si erano iscritti (868).
Con il secondo corso FAD associato al Progetto “Implementazione di un programma di formazione a distanza (FAD) per operatori sociosanitari dei Pronto Soccorso (PS) italiani, mirato alla prevenzione e al contrasto della violenza di genere” (2019) sono stati raggiunti tutti i 651 PS italiani. Sono stati coinvolti complessivamente 26.347 professionisti, di questi il 67% (pari a 17.637) ha terminato il corso FAD. L’inclusione massima e capillare dei PS, inoltre, ha evidenziato la necessità di coinvolgere nella formazione i Servizi territoriali di area sanitaria e socio-sanitaria, in quanto nodi cruciali della rete di prevenzione e contrasto della violenza.
La prima significativa innovazione legislativa in materia di violenza sessuale, in Italia, si era avuta con l’approvazione della Legge 15 febbraio 1996, n. 66, che ha iniziato a considerare la violenza contro le donne come un delitto contro la libertà personale, innovando la precedente normativa, che la collocava fra i delitti contro la moralità pubblica ed il buon costume.
Con la Legge 4 aprile 2001, n. 154 vengono introdotte nuove misure volte a contrastare i casi di violenza all’interno delle mura domestiche con l'allontanamento del familiare violento.
Nello stesso anno vengono approvate anche le Leggi n. 60 e la Legge 29 marzo 2001, n. 134 sul patrocinio a spese dello Stato per le donne, senza mezzi economici, violentate e/o maltrattate, uno strumento fondamentale per difenderle e far valere i loro diritti, in collaborazione con i centri anti violenza e i tribunali.
Con la Legge 23 aprile 2009, n. 38 sono state inasprite le pene per la violenza sessuale e viene introdotto il reato di atti persecutori ovvero lo stalking.
Il nostro Paese ha compiuto un passo storico nel contrasto della violenza di genere con la Legge 27 giugno 2013 n. 77, approvando la ratifica della Convenzione di Istanbul, redatta l'11 maggio 2011. Le linee guida tracciate dalla Convenzione costituiscono infatti il binario e il faro per varare efficaci provvedimenti, a livello nazionale, e per prevenire e contrastare questo fenomeno.
Il 15 ottobre 2013 è stata approvata la Legge 119/2013 (in vigore dal 16 ottobre 2013) “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, che reca disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere”.
Le donne, purtroppo, sono più degli uomini, vittime di aggressioni, anche nell’ambito del Servizio sanitario nazionale, in particolare nelle postazioni di guardie mediche e nei Pronto soccorso.Il 14 agosto 2020 il Parlamento ha approvato la Legge n.113 che dispone misure di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell'esercizio delle loro funzioni.
Al fine di progettare adeguate politiche di prevenzione e contrasto alla violenza di genere e di assicurare un effettivo monitoraggio del fenomeno è stata approvata la legge 5 maggio 2022, n. 53 recante “Disposizioni in materia di statistiche in tema di violenza di genere” che all’articolo 4 prevede che tutte le strutture sanitarie pubbliche, e in particolare le unità operative di pronto soccorso, hanno l'obbligo di fornire i dati e le informazioni relative alla violenza contro le donne. L'articolo prevede anche che il flusso informativo EMUR Pronto Soccorso sia integrato con le informazioni utili e necessarie per la rilevazione della violenza di genere contro le donne, assicurando l'individuazione della relazione tra autore e vittima e rilevando anche: la tipologia di violenza, fisica, sessuale, psicologica o economica, esercitata sulla vittima; se la violenza è commessa in presenza sul luogo del fatto dei figli degli autori o delle vittime e se la violenza è commessa unitamente ad atti persecutori; gli indicatori di rischio di revittimizzazione previsti dall'allegato B al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 novembre 2017, facendo salva la garanzia di anonimato delle vittime.
L'istat ha diffuso il 23 ottobre 2024 le tavole dati riguardo il numero di pubblica utilità 1522 – Anni 2013- II trimestre 2024
I dati Istat relativi alle chiamate al numero 1522 Antiviolenza e Antistalking nei primi due trimestri 2024 evidenziano che il numero delle chiamate vede un incremento dell’83,5% delle chiamate valide (17.880 in termini di valori assoluti), Tale incremento si conferma anche nel secondo trimestre, anche se di minore intensità, con il 57,4% pari a 15.109 chiamate valide.
In continuità con il 2023 e in aumento rispetto ai due trimestri di riferimento il tipo di violenza subita per circa la metà delle vittime è quella fisica (39,8% nel primo trimestre e 42,9% nel secondo), seguita da quella psicologica (rispettivamente 37,9% e 36,7%) Considerando inoltre i casi di vittime che hanno subito due o più tipi di violenze è la violenza psicologica ad essere subita in forma rilevante:
Osservando il totale delle violenze subite, oltre alle violenze fisiche e psicologiche sono le minacce e gli atti persecutori a costituire le forme maggiormente diffuse, che conferma il ruolo di contrasto svolto dal servizio nei confronti dello stalking. Di rilievo anche le chiamate per violenza economica.
La violenza riportata al 1522 è preminentemente di tipo domestico: nei tre trimestri del 2023 il (74,3%) dei rispondenti dichiara che il luogo della violenza è la propria casa. Questo spiega l’elevata percentuale dei casi di violenza assistita. La percentuale di vittime che dichiara che i propri figli hanno assistito e subito la violenza è del 18,9%, mentre nel 32,3% di casi i figli la hanno solo assistita.
I tre quarti delle vittime che si rivolgono al servizio non denuncia a violenza subita alle autorità competenti (il 70,9%) e i motivi della mancata denuncia si devono principalmente alla paura e alla paura della reazione del partner violento (28,2%)
I dati Istat relativi alle chiamate al numero 1522 Antiviolenza e Antistalking (servizio pubblico promosso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Pari Opportunità) nei primi tre trimestri 2023 evidenziano che il numero delle chiamate per telefono e chat rimane sostanzialmente stabile, con un calo che si registra nel II trimestre e, su base annuale, in crescita rispetto agli anni precedenti (tav.6), arrivando a totalizzare nel corso di tutti e tre i trimestri considerati 30.581 chiamate (erano 22.553 nel 2022 e 24.699 nel 2021).
Nel corso del III trimestre i dati evidenziano un aumento delle richieste di aiuto degli utenti e delle vittime rispetto al trimestre precedente (rispettivamente + 6,5% e + 3,7%). L’incremento maggiore di chiamate proviene da utenti che si rivolgono al 1522 per avere informazioni sulla tipologia del servizio erogato (+24,8%). Questa richiesta, secondo i dati Istat, costituisce peraltro, in termini di composizione percentuale, il motivo più frequente tra quelli che inducono a rivolgersi a questo servizio (31,9%), nel corso del III trimestre.
Nei tre trimestri considerati circa i 2/3 delle chiamate al 1522 (68,2%) sono state indirizzate verso i servizi più idonei alle richieste che, per il 93,9% dei casi, sono rappresentati da Centri e Servizi Antiviolenza, Case protette e di accoglienza per vittime.
Riguardo i tipi di violenze subite nei tre trimestri del 2023 (tav.12) l’indagine evidenzia che per circa la metà delle vittime è quella fisica a motivare il ricorso alla chiamata di aiuto (47,6% sul totale delle risposte.).
La violenza psicologica è la seconda causa delle chiamate (36,9%). Considerando inoltre i casi di vittime che hanno subito due o più tipi di violenza, nel 62,3% è la violenza psicologica ad essere subita in forma rilevante. Va notato che, quando le violenze sono multiple, è la violenza economica, oltre a quella fisica, ad essere più frequentemente associata alle altre (12,1%, tav.12bis-tris-quater).
La maggior parte delle vittime riporta un lungo vissuto di violenze subite: il 64,5% di esse infatti dichiara di aver subito per anni, e il 25,5% per mesi la violenza, mentre il dato relativo alle richieste di aiuto di vittime che hanno subito soltanto uno o pochi episodi di violenza si attesta al 10% (tav.13).
Il 24,8% delle vittime che si sono rivolte al 1522 hanno paura di morire e timore per la propria incolumità e dei propri cari, mentre i 2/3 di esse provano ansia e il 24,3% si sente in grave stato di soggezione. Il 10,2% si sente invece molestata, ma non in pericolo (tav.14).
La violenza riportata al 1522 è preminentemente di tipo domestico: nei tre trimestri del 2023 il 79,4% dei rispondenti dichiara che il luogo della violenza è la propria casa (tav.15). Questo spiega l’elevata percentuale dei casi di violenza assistita. Nei tre trimestri considerati circa la metà delle vittime rispondenti (44,5%) ha figli e di esse il 24,3% dichiara di avere figli minori. È pari al 57,1% la percentuale di vittime che dichiarano che i propri figli hanno assistito alla violenza e nel 25,8% l’hanno subita loro stessi (tav.18).
Dal racconto che le vittime fanno alle operatrici del 1522 emerge che la maggior parte di esse non denuncia la violenza subita alle autorità competenti. Solo il 15,8% nei tre trimestri considerati ha infatti denunciato la violenza subita (1.311 vittime). I dati evidenziano una persistente resistenza a denunciare: il 59,4% delle vittime infatti dichiara di non denunciare anche se la violenza subita dura da anni.
I dati Istat evidenziano che nel quarto trimestre 2022, rispetto allo stesso trimestre 2021, si continua a registrare un calo delle chiamate valide al numero di Pubblica Utilità 1522 (si passa da 11.337 chiamate a 9.877 del 2022 (-13%). Analizzando il tipo di canale, la diminuzione delle chiamate valide è evidente nel caso di contatto telefonico (da 9.576 del 2021 a 8.131 del 2022; -15,1%) mentre è trascurabile per le segnalazioni via chat (da 1.761 a 1746; -0.85%). A conferma della tendenza già registrata nel 2021, si evidenzia una riduzione anche delle chiamate da parte delle vittime pari al -11,5% (3.967 nel IV trimestre 2021 e 3.510 nel corrispettivo del 2022). (Fonte: Istat).
Analizzando i tipi di violenze subite, il 63,5% delle vittime dichiara di averne subito più di un tipo. Le violenze maggiormente riportate nel complesso sono le minacce (37,5%) e la violenza psicologica (35,7%). Se si considera, però, la violenza che spinge maggiormente le vittime a contattare il numero di pubblica utilità 1522, quella fisica (40,1%) risulta essere la prevalente.
Riguardo la frequenza degli atti subiti, nel quarto trimestre 2022 si registra una lieve diminuzione delle vittime che dichiarano di subire le violenze da anni (52,3%) mentre il dato relativo alle richieste di aiuto di vittime che hanno subito soltanto uno o pochi episodi di violenza si attesta intorno al 10-11%.
Nel quarto trimestre 2022 nel 55% dei casi le vittime con figli dichiarano che i propri figli hanno assistito alla violenza e nel 15,3% l’hanno subita loro stessi.
Dal racconto che le vittime fanno alle operatrici del 1522 emerge che la maggior parte di esse non denuncia la violenza subita alle autorità competenti. Solo il 14,5% nel quarto trimestre 2022 ha infatti denunciato la violenza subita (399 vittime). Questo dato è peraltro in lieve diminuzione rispetto ai precedenti trimestri.
Data ultimo aggiornamento, 25 novembre 2024