La Demenza di Alzheimer è una demenza degenerativa primaria: degenerativa perché le cellule cerebrali più nobili - i neuroni - muoiono, interrompendo la produzione e la distribuzione di alcune sostanze chimiche – i neurotrasmettitori – che trasportano i messaggi all’interno del cervello. Primaria perché non è causata da un'altra malattia ma costituisce una patologia primitivamente nel cervello.
È la causa più comune di demenza degenerativa in tutto il mondo, anche nei Paesi in via di sviluppo, rappresentando circa il 50%-75% di tutti i casi di demenza. In Italia dove le ultime stime dell’ISS hanno calcolato che circa 1.200.000 persone vivono con la demenza, si stima che di queste circa 600.000 soffrano di Alzheimer.
Si manifesta, gradualmente, di solito dopo i 60 anni di età, ma nelle forme giovanili può iniziare anche a 40 anni. Il tasso di insorgenza della malattia aumenta con l'età: molto raramente tra i 40 e i 50 anni, maggiore tra i 60 e i 65 anni e molto frequente oltre gli 80 anni.
L'AD ha un decorso che peggiora lentamente nel tempo, e una sopravvivenza di circa 8-14 anni dall'esordio: inizia tipicamente con un disturbo della memoria, che con il tempo coinvolge attenzione, linguaggio e astrazione, fino alla completa dipendenza da altre persone. Non ci sono importanti fluttuazioni nelle condizioni del paziente, ad eccezione di improvvisi peggioramenti dovuti a una malattia concomitante da cui il paziente si riprende lentamente.
I primi disturbi, lenti a comparire, sono quelli comuni della vecchiaia ma più frequenti e invalidanti:
Con il progredire della malattia i sintomi peggiorano:
Ad oggi non esiste un modo per diagnosticare la Demenza di Alzheimer in vita con una precisione del 100% (la diagnosi, infatti, si definisce “probabile” o “possibile”). Il medico esprimerà il giudizio migliore in base alle informazioni raccolte da una serie di valutazioni ed esami, che comprendono un’accurata raccolta delle informazioni cliniche.
È necessario che sia effettuata una valutazione dello stato cognitivo con test che indagano memoria, linguaggio, capacità di giudizio, abilità nella vita quotidiana e nel risolvere problemi.
Vengono richiesti inoltre esami del sangue, una TC o una RMN dell’encefalo per escludere altre patologie, talvolta un EEG per escludere altre cause e Successivamente lo specialista può decidere di effettuare altri esami più approfonditi.
Consulta
La demenza di Alzheimer è causata dall’atrofizzarsi progressivo di aree via via più estese del cervello. Questo processo altera la strutture del cervello e le sue capacità di funzionare correttamente. Non è noto cosa inneschi questo meccanismo, tuttavia una peculiare caratteristica del cervello delle persone affette da Alzheimer è la presenza di una quantità abnorme di una proteina (amiloide) che si condensa in placche e di accumuli fibrosi (definiti aggregati neurofibrillari).
Da ciò nasce il malfunzionamento delle cellule del cervello (i neuroni) e la loro progressiva distruzione.
Anche se la ricerca non è ancora giunta alla piena comprensione dei meccanismi che sottendono lo sviluppo della demenza di Alzheimer, sono stati identificati diversi fattori che aumentano il rischio di sviluppare la patologia:
La diagnosi di Alzheimer non è semplice. La malattia infatti ha una sintomatologia che può essere comune a molte altre patologie. Inoltre non esistono marcatori specifici, perciò la diagnosi viene posta escludendo le altre condizioni.
Il percorso che porta alla diagnosi di demenza di Alzheimer prevede:
Oggi purtroppo non esistono farmaci in grado di fermare e far regredire la malattia e tutti i trattamenti disponibili puntano a contenerne i sintomi.
Per alcuni pazienti, in cui la malattia è in uno stadio lieve o moderato, farmaci come tacrina, donepezil, rivastigmina e galantamina possono aiutare a limitare l’aggravarsi dei sintomi per alcuni mesi. Questi principi attivi funzionano come inibitori dell'acetilcolinesterasi, un enzima che distrugge l'acetilcolina, il neurotrasmettitore carente nel cervello dei malati di Alzheimer. Perciò inibendo questo enzima, si spera di mantenere intatta nei malati la concentrazione di acetilcolina e quindi di migliorare la memoria. Altri farmaci, inoltre, possono aiutare a contenere i problemi di insonnia, di ansietà e di depressione.
La messa a punto di nuovi farmaci per la demenza di Alzheimer è un campo in grande sviluppo, nei laboratori di ricerca si sta lavorando a principi attivi che aiutino a prevenire, a rallentare la malattia e a ridurne i sintomi.
Altra via di ricerca attiva è quella che punta sullo sviluppo di una risposta immunologica contro la malattia cercando di sviluppare un vaccino in grado di contenere la produzione di b-amiloide (il peptide che si aggrega a formare le placche).
Trattamenti non farmacologici
Per le persone con demenza, un approccio non farmacologico può migliorare e/o mantenere la funzionalità cognitiva, consentire alla persona di continuare a svolgere le proprie occupazioni e affrontare i sintomi comportamentali.
Su alcuni tipi di trattamento non farmacologico esistono evidenze di efficacia, seppur modeste (es. interventi riabilitativi e psicosociali, stimolazione cognitiva, musicoterapia, esercizio fisico), mentre altri interventi ad oggi non sono da considerare efficaci (es. integratori alimentari)
Per approfondire:
A oggi non esiste una cura per la malattia di Alzheimer. Sono però disponibili farmaci che possono alleviare i sintomi e in alcuni casi rallentare la progressione della patologia. I principali sono:
La terapia della malattia di Alzheimer può comprendere anche farmaci antidepressivi, ansiolitici, ipnotici e antipsicotici.
Molti studi hanno dimostrato che è possibile agire sui fattori di rischio modificabili che possono favorire la demenza e l’azione di prevenzione si sviluppa lungo le diverse fasi della vita.
Esempi di interventi di fattori di rischio modificabili e possibili azioni:
Data di ultimo aggiornamento 19 settembre 2024