
Salute di genere
Con il termine “genere” (gender) si intende definire le categorie “uomo" e “donna”, non solo fondate su differenze biologiche, ma anche condizionate da fattori ambientali, sociali e culturali, nonché dall’esperienza propria del singolo individuo.
Con il termine “sesso” (sex), invece, si intende più semplicemente la caratterizzazione biologica dell’individuo.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha posto un’attenzione particolare sulle diversità con cui numerose patologie, un tempo ritenute tipicamente maschili, si manifestano nella popolazione femminile, formulando delle precise raccomandazioni.
Alla luce di tali precisazioni, si sta passando dallo studio di tipo biologico tra uomini e donne, ad uno studio più complesso che non trascura le implicazioni sociali, psicologiche politiche e culturali della persona.
L’approccio di genere è ormai ritenuto una realtà dalla quale non si può prescindere.
A settembre 2015 l’Assemblea Generale dell’ONU ha approvato i 17 Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile inseriti nell’ Agenda globale per lo sviluppo post 2015 e, tra questi, l’obiettivo 5 "Raggiungere l’uguaglianza di genere ed emancipare donne e ragazze".
Dati demografici
Al primo gennaio 2014, la popolazione residente in Italia è pari a 60.782.668 unità, 29.484.564 maschi e 31.298.104 femmine, la distribuzione tra i sessi all’interno delle classi di età registra squilibri crescenti a favore della componente femminile, a partire dalla classe 30-34 anni. Queste tendenze demografiche incidono inevitabilmente sullo stato e l’evoluzione della salute in termini di maggiore incidenza di patologie tipiche del genere femminile in età avanzata.
In Italia, come nel resto d’Europa, le donne sono più longeve degli uomini (84,4 anni contro 79,6 anni) anche se le differenze di genere continuano a diminuire
Istruzione
Le differenze di genere sono elevate per tutti i livelli di istruzione a favore delle femmine, le quali conseguono risultati nettamente migliori rispetto ai maschi, soprattutto tra le generazioni più giovani. Nel 2012 e nel 2013, la quota di donne di 25-64 anni che hanno conseguito almeno il diploma di scuola superiore è di quasi 3 punti percentuali maggiore dei coetanei maschi.
Lavoro
Nel 2013, la quota di occupati tra i 15 e i 64 anni in Italia ammonta a 55,6%, ossia 1,1 punti percentuali in meno rispetto al 2012, e presenta sia un forte squilibrio di genere (64,8% per gli uomini e 46,5% per le donne). Analizzando più nel dettaglio la situazione italiana, emerge che, seppur ancora consistenti, diminuiscono le differenze di genere, ma solo perché il tasso di occupazione della componente maschile peggiora velocemente, avvicinandolo ai bassi livelli occupazionali di quella femminile.
Stili di vita
In merito agli stili di vita persistono le differenze di genere in relazione al fumo (sebbene siano meno marcate rispetto a trent’anni fa) e nel consumo di alcol a rischio, che è molto più diffuso fra i maschi in tutte le classi di età, sebbene fra le generazioni più giovani queste differenze tendano ad assottigliarsi. I maschi tendono a essere più attivi delle femmine in tutti i paesi e ciò suggerisce anche che le opportunità di intraprendere l’attività fisica risentano delle differenze di genere.
Percezione salute
Le donne mostrano solitamente una peggiore percezione della propria salute, con un divario che aumenta al crescere dell’età, anche per effetto della maggiore prevalenza di malattie croniche, soprattutto fra le donne anziane; Nella fascia over 65 anni dichiara di stare male o molto male il 23,4% delle donne a fronte del 16,6% degli uomini.
Le differenze di genere evidenziano uno svantaggio tutto al femminile con un tasso del 7,1% contro quello del 3,8% dei maschi. Tale svantaggio non si può giustificare unicamente con la maggiore longevità delle donne; infatti, già a partire dai 55 anni, età in cui cominciano a registrarsi percentuali di una certa consistenza, lo scarto tra uomini e donne emerge in tutte le fasce d’età messe a confronto. Le limitazioni di tipo motorio (camminare, salire le scale ecc.) affliggono il 2,6% della popolazione di 6 anni e più, con quote molto più alte dopo i 75 anni, fino ad arrivare al 22,5% fra gli ultraottantenni, con forti differenze di genere (25,4% per le donne contro 17,1% per gli uomini).