I principali contaminanti

    Data di ultimo aggiornamento Aggiornato il 20/03/2023
    I principali contaminanti

    Il particolato

    Si definisce particolato aerodisperso una qualunque dispersione in aria di particelle solide o liquide, con dimensioni tali da non precipitare al suolo per il solo effetto della forza di gravità. Il rischio per la salute associato a queste  particelle varia con il loro diametro aerodinamico: minori sono le loro dimensioni, maggiore è il rischio in quanto risultano più facilmente inalabili.

    I precursori per la formazione del particolato secondario sono perlopiù di origine antropica, appartengono a questa categoria gli ossidi di zolfo (SOx) e di azoto (NOx), i COV (Composti Organici Volatili) e l’ammoniaca (NH3) questi reagendo con l’acqua e altre sostanze presenti nell’ atmosfera generano nitrati di ammonio e solfati di ammonio; altra possibile sintesi del particolato secondario è rappresentata dalla condensazione di gas sulle particelle in sospensione che fungono da coagulo.

    Inoltre, numerose sostanze chimiche, come gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) ed i metalli (quali piombo, nichel, cadmio, arsenico, vanadio, cromo), possono aderire alla superficie delle polveri sottili determinando effetti negativi sulla salute della popolazione esposta.

    Le maggiori sorgenti antropiche di particolato sono il traffico veicolare (degradazione dei pneumatici, dell’asfalto, residui della combustione dei motori), gli impianti di riscaldamento (in particolare quelli alimentati da carbone e legna), le attività industriali, che prevedono la combustione di gasolio o olio combustibile, gli inceneritori e le centrali termoelettriche. Tra le sorgenti naturali troviamo invece l’erosione dei venti sulle rocce, le eruzioni vulcaniche, l’autocombustione di boschi e foreste e i pollini.

    PM10 – Particolato Aerodisperso “Particulate Matter” (materiale particolato)

    Con la sigla PM 10 si indicano le particelle con diametro aereodinamico inferiore o uguale a 10 µm ovvero 0,010 mm (un centesimo di millimetro). La composizione di queste particelle è molto varia e dipende in parte dalla loro origine. Le particelle di particolato possono essere emesse direttamente dalle sorgenti (PM10 primario) oppure derivare da reazioni chimiche (PM 10 secondario).

    PM2,5 – Particolato aerodisperso (particolato fine)

    Anche la frazione di particolato appartenente alla classe PM 2,5 può essere emesso direttamente in atmosfera, (PM2,5 primario) o derivare da reazioni chimiche (PM2,5 secondario). La maggior parte delle particelle di particolato di questa classe è costituita da quella le cui dimensioni ricadono nell’ intervallo compreso tra da 0.1 a 1 um.

    NO2 – Biossido di Azoto

    Il biossido di azoto (NO2), è generato in natura dai fulmini o dai vulcani, mentre la sua origine antropica, è rappresentata dall’ossidazione del monossido di azoto (NO) generato nei motori a combustione interna.

    Gli ossidi di azoto contribuiscono alla formazione del particolato secondario e dell’ozono troposferico: infatti, quando la molecola di NO2 è investita da radiazioni solari (hv) con lunghezza d’ onda inferiore a 380 nm, si dissocia in NO + O, quest’ ultimo reagendo con una molecola di ossigeno O2 genera ozono O3. Con la reazione dell’atomo di ossigeno con altre molecole di ossidi di azoto, si formano i precursori responsabili delle piogge acide (acido nitrico).

    L’acido nitrico nell’acqua si trasforma in nitrato, (NO3-) e l’accumulo di questo favorisce il fenomeno dell’eutrofizzazione (noto come crescita abnorme delle alghe dovuta alla presenza eccessiva di nutrienti come il nitrato).

    O3 – Ozono Troposferico

    Si definisce ozono troposferico l’ozono (O3) presente nella regione più bassa dell’atmosfera, ovvero tra il suolo e i 10/15 km di altezza. Questo è un inquinante secondario, perché si forma attraverso processi fotochimici (grazie alla luce del sole) in presenza di inquinanti precursori (quali gli ossidi d’azoto e i composti organici volatili che ne favoriscono la sintesi).

    B(A)P – Benzo(A)Pirene nel PM10

    Il benzo(a)pirene appartiene alla classe degli idrocarburi policiclici aromatici (IPA). Questi composti sono caratterizzati da più anelli benzenici legati insieme.

    Il benzene costituito da 6 atomi di carbonio e 6 di idrogeno ha la caratteristica di possedere 6 elettroni dislocati che formano due nuvole elettroniche sopra e sotto la molecola che risulta piatta (planare) a forma di esagono. Gli IPA sono considerati pericolosi per la salute umana, in particolare il benzo(a)pirene (B(a)P), che con il benzene, è classificato come cancerogeno per l’uomo (Gruppo 1 AIRC).

    Gli IPA sono prodotti nei processi di combustione in carenza di ossigeno dove la trasformazione del carbonio in CO2 è incompleta. Le parti incombuste, combinandosi tra loro secondo reazioni complesse e non sempre prevedibili, generano gli IPA.

    Se si escludono i vulcani e gli incendi boschivi le sorgenti degli IPA sono esclusivamente antropiche, come inceneritori, riscaldamento domestico, traffico autoveicolare e fumo di tabacco. Gli IPA sono quasi totalmente adsorbiti sul materiale particolato presente in atmosfera.

    Anidride solforosa (Biossido di Zolfo)

    Il biossido di zolfo (SO2) è un gas incolore, dall’odore acre e pungente, molto solubile in acqua, deriva principalmente dall’ ossidazione dello zolfo nei processi di combustione in cui si utilizzano combustibili contenenti zolfo.

    L’ anidride solforosa contribuisce sia alle piogge acide trasformandosi in acido solforico, sia alla formazione di particolato secondario. L’ acido solforico in acqua si trasforma in ione solfato favorendo l’eutrofizzazione delle acque.

    Le fonti emissive dell’anidride solforica sono le centrali termoelettriche, gli impianti di riscaldamento domestico a combustibili fossili, le produzioni industriali (raffinerie, fonderie, cementifici) e il traffico veicolare (in particolare i veicoli con motore diesel). Recentemente con le innovazioni tecnologiche applicate ai motori disel e all’utilizzo di combustibili a basso tenore di zolfo, la presenza di questo inquinante è notevolmente diminuita.

    La concentrazione di anidride solforosa presenta notevoli variazioni stagionali, con un picco nella stagione invernale dovuto all’utilizzo degli impianti di riscaldamento.    

    Monossido di Carbonio (CO)

    Il monossido di carbonio (CO), gas incolore e inodore, deriva da qualunque combustione, in condizioni di scarsità di ossigeno, di materiale organico: legna, carbone, metano. Nelle condizioni sopra riportate si generano anche IPA, ma se la reazione ha luogo in locali chiusi o poco aerati, il monossido di carbonio agisce immediatamente portando alla morte per asfissia i presenti.

    Il CO ha infatti la proprietà di legarsi tramite legami coordinativi al ferro dell’emoglobina in maniera molto forte impedendo così all’ emoglobina di essere disponibile per il trasporto dell’ossigeno. In atmosfera, nell’arco di alcune settimane si trasforma in anidride carbonica (CO2).