PSA - Cosa sapere

    Data di ultimo aggiornamento Aggiornato il 29/10/2025
    PSA - Cosa sapere

    Che cos’è

    La Peste Suina Africana (PSA) è una malattia virale, altamente contagiosa e spesso letale, che colpisce suini e cinghiali. Non è trasmissibile all’uomo, ma è causa di ingenti perdite economiche nel comparto suinicolo a causa delle restrizioni previste dalle norme vigenti in caso di malattia, con conseguenti gravi ripercussioni anche sul commercio comunitario ed internazionale di animali vivi e dei loro prodotti.

    L’Organizzazione Mondiale per la Sanità Animale ed il Nuovo Regolamento di Sanità Animale della Commissione Europea annoverano la PSA nella lista delle malattie di categoria A, ossia malattie che non appena individuate sul territorio dell'Unione Europea richiedono l'adozione immediata di misure di eradicazione. Pertanto qualunque caso di malattia in suini allevati o cinghiali selvatici, anche sospetto, deve essere tempestivamente notificato all’autorità sanitaria localmente (ASL) competente, come previsto anche dall’ordinamento legislativo nazionale, nello specifico dal Decreto Legislativo 5 agosto 2022 n. 136

    Dalla classificazione della malattia nell’ambito della normativa europea derivano i divieti e le limitazioni alle movimentazioni e alla commercializzazione di animali vivi, carni e prodotti provenienti dalle zone di restrizione che vengono istituite intorno alle aziende infette o attorno alle aree di rinvenimento di cinghiali infetti.

    Il regime di restrizione è dovuto all’enorme potenziale di diffusione del virus, in grado di trasmettersi direttamente per contatto tra animali infetti, mentre la trasmissione indiretta avviene a seguito di ingestione da parte degli animali suscettibili alla malattia di carne e prodotti suini contaminati, inclusi rifiuti alimentari, scarti di cucina, frattaglie, avanzi di cibo, o tramite oggetti contaminati come attrezzature, veicoli e abbigliamento, ruote degli automezzi, ossia attraverso il ‘fattore umano’. Il virus è anche altamente e lungamente resistente nell’ambiente.

    Le stringenti e rigide misure di lotta, prevenzione ed eradicazione della PSA sono dettate dunque dalla necessità di evitare tempestivamente il propagarsi dell’infezione. Tra queste, le principali sono rappresentate da: l’istituzione di zone di protezione e sorveglianza (zone di restrizione) intorno all’azienda sede del focolaio di malattia, o di una zona infetta in caso di malattia nei cinghiali, l’obbligo di abbattimento dei capi infetti e sospetti dell’azienda sede di focolaio, la distruzione delle carcasse dei suini morti o abbattuti, e di quelle dei cinghiali morti o abbattuti, la pulizia e la disinfezione dei fabbricati di stabulazione degli animali e dei mezzi di trasporto, il blocco delle movimentazioni e della commercializzazione ed esportazione al di fuori delle zone di restrizione e dell’area infetta di animali vivi e dei prodotti a base di carne suina provenienti da dette aree. La base legale per la definizione delle zone di restrizione per PSA è il Regolamento (UE) 2023/594, norma essenziale per attuare in Europa il principio della regionalizzazione, in base al quale gli Stati membri interessati dalla PSA possono limitare l’applicazione delle misure di restrizione solo a territori ben definiti, e considerare come indenni, e quindi commercialmente liberi, i rimanenti territori. In virtù di questo principio uno Stato membro interessato dalla PSA può continuare a commercializzare liberamente suini e prodotti derivati dalle parti libere del proprio territorio. Ciò vale per gli scambi comunitari con gli altri Stati membri e per i commerci con i Paesi terzi che accettano il principio della regionalizzazione. Purtroppo non tutti i Paesi terzi riconoscono detto principio e quindi non accettano suini e prodotti derivati da nessun territorio in cui è presente la PSA, indipendentemente dalla zona di provenienza. Per evitare gravi distorsioni del mercato e dell’export derivanti dalla persistenza del regime di restrizione, le norme comunitarie prevedono tuttavia la possibilità di ricorrere ad un regime derogatorio ai divieti di movimentazione e commercializzazione di animali vivi e prodotti provenienti dalle aree in restrizione. Gli impianti di macellazione, trasformazione e lavorazione che intendono utilizzare animali e prodotti derivanti dalle zone di restrizione vengono appositamente designati dalla ASL e garantiscono l’applicazione di adeguate condizioni sanitarie per poter operare in deroga ai divieti. La lista di questi impianti deve essere trasmessa alla Commissione Europea per apposita pubblicazione sulla pagina web istituzionale, è disponibile anche sul portale nazionale VETINFO.

    Le zone di restrizione, fondamentali per la tenuta del sistema di regionalizzazione, sono distinte in tre livelli crescenti di rischio:

    ZONA DI RESTRIZIONE PARTE I:

    • area in cui non è stata riscontrata la PSA (quindi senza infezione), ma che è considerata a rischio perché in continuità con aree riconosciute infette (una sorta di area cuscinetto per delimitare con maggior sicurezza le altre due tipologie di aree di restrizione).

    ZONA DI RESTRIZIONE PARTE II:

    • area in cui è stata riscontrata la presenza di infezione da PSA solo in popolazioni di cinghiali selvatici.

    ZONA DI RESTRIZIONE PARTE III:

    • area in cui è stata riscontrata la presenza di infezione da PSA nei suini allevati con o senza presenza di infezione nei cinghiali selvatici.

    In queste aree le misure di controllo disposte dai regolamenti comunitari e in particolare dal Regolamento (UE) 2023/594, sono applicate in base al rischio, con un livello crescente di prescrizioni, che riguardano essenzialmente le modalità di detenzione, gestione e movimentazione dei suini allevati e dei prodotti derivati, i la gestione delle popolazioni di cinghiali e le attività ad essi collegati (inclusa la caccia). Inoltre, nelle zone con accertata circolazione virale nei cinghiali, queste misure condizionano anche l’uso del territorio, sia dal punto di vista agricolo che di attività all’aria aperta, ciò in relazione al rischio di diffusione del virus attraverso movimenti di persone e mezzi che circolano sui terreni potenzialmente contaminati. 

    In particolare, per la definizione delle aree infette nel selvatico in caso di PSA nei cinghiali, il Ministero della Salute si avvale del Gruppo Operativo degli Esperti (GOE) costituito a livello nazionale presso il Ministero stesso, che elabora proposte di area infetta sulla base di elementi epidemiologici, scientifici, e delle caratteristiche orografiche e ambientali dell’area interessata. 

    Per consentire una delimitazione più agevole si seguono i confini amministrativi dei comuni ricadenti nei raggi di ampiezza previsti dalle norme. La zona infetta ha infatti una dimensione minima di 10 km di raggio a partire dal caso più esterno di positività nel cinghiale. La proposta delle aree infette per PSA nel selvatico viene presentata alla Commissione Europea che, qualora condivida, la sottopone al voto degli Stati Membri per la definitiva formalizzazione nell’apposito allegato del Regolamento (UE) 2023/594 e successiva inclusione nella ZR II. 

    Per la definizione della zona di restrizione in caso di PSA in allevamento, la procedura, dettata dalle norme vigenti, prevede l’individuazione di una zona di protezione di almeno 3 km di raggio dall’allevamento infetto, e una zona di sorveglianza di almeno 7 km per un raggio complessivo di almeno 10 km. Queste zone vengono successivamente incluse nelle ZR III e formalizzate nell’apposito allegato del Regolamento (UE) 2023/594). 
    Intorno alle zone di restrizione II e III va considerata anche la zona di restrizione I, del raggio di circa 10 km dal confine più esterno delle zone precedenti. La normativa prevede naturalmente anche la revoca delle zone di restrizione, e quindi il ripristino dello stato di indenne da malattia di una zona di restrizione in presenza di specifiche tempistiche dal rilevamento dell’ultimo focolaio nel domestico o caso nel selvatico, e condizioni sanitarie, tenuto conto della situazione epidemiologica, livello di sorveglianza, valutazione del rischio, etc..

    Diagnosi

    La PSA è causata da un virus della famiglia Asfaviridae, genere Asfivirus, incapace di stimolare la formazione di anticorpi neutralizzanti. Questa caratteristica rappresenta l’ostacolo più importante alla preparazione di un vaccino, che attualmente non è disponibile in commercio.

    I sintomi principali negli animali colpiti sono:

    • febbre
    • perdita di appetito
    • debolezza del treno posteriore con conseguente andatura incerta
    • difficoltà respiratorie e secrezione oculo-nasale
    • costipazione
    • aborti spontanei
    • emorragie interne
    • emorragie evidenti su orecchie e fianchi.

    La presenza del virus nel sangue (viremia) dura dai 4 ai 5 giorni; il virus circola associato ad alcuni tipi di cellule del sangue, causando la sintomatologia che conduce inevitabilmente al decesso dell’animale, spesso in tempi rapidissimi.

    Gli animali che superano la malattia possono restare portatori del virus per circa un anno, giocando dunque un ruolo fondamentale per la persistenza del virus nelle aree endemiche e per la sua trasmissione. Il virus è dotato di una buona resistenza in ambiente esterno e può rimanere vitale anche fino a 100 giorni sopravvivendo all'interno dei salumi per alcuni mesi o resistendo alle alte temperature. Nel sangue prelevato è rilevabile fino a 18 mesi.

    La diagnosi di malattia è effettuata tramite vari esami di laboratorio: immunofluorescenza, PCR, ELISA e Immunoperossidasi.

    Prevenzione e controllo

    La malattia si diffonde direttamente per contatto tra animali infetti oppure attraverso la puntura di vettori (zecche). La trasmissione indiretta si verifica attraverso attrezzature e indumenti contaminati, che possono veicolare il virus, oppure con la somministrazione ai maiali di scarti di cucina contaminati, pratica vietata dai regolamenti europei dal 1980, o smaltendo rifiuti alimentari, specie se contenenti carni suine, in modo non corretto.

    Nei paesi indenni la prevenzione dell’infezione si effettua attraverso la sorveglianza passiva negli allevamenti domestici e sulle carcasse di cinghiale rinvenute nell’ambiente o in seguito ad incidenti stradali, il rigoroso rispetto delle misure di biosicurezza negli allevamenti suini, il severo controllo dei prodotti importati e la costante sorveglianza sullo smaltimento dei rifiuti alimentari, di ristoranti, navi e aerei le cui tratte prevedano il passaggio in paesi infetti.

    Nei paesi infetti il controllo si effettua attraverso l’abbattimento e la distruzione dei suini positivi e di tutti gli altri suini presenti all’interno dell’allevamento infetto ed in quelli eventualmente correlati epidemiologicamente (contatti diretti tra gli allevamenti di mezzi, attrezzature, animali, persone, etc..) e tramite la gestione delle popolazioni di cinghiali infetti e potenzialmente infetti presenti nelle aree infette. Oltre all’individuazione precoce dell’ingresso della malattia in un allevamento o in un territorio, fondamentali per il controllo della malattia , sono la delimitazione tempestiva delle zone di restrizione/zone infette, il rintraccio e il controllo delle movimentazioni di suini vivi e dei prodotti derivati da dette zone, le operazioni di pulizia e disinfezione dei locali e dei mezzi di trasporto degli allevamenti infetti e delle aree di rinvenimento di carcasse di cinghiale infette, l’effettuazione delle indagini epidemiologiche volte ad individuare l’origine dell’infezione.

    Terapia e profilassi

    Al momento non esiste un vaccino per la Peste suina africana. Come previsto dal vigente Piano nazionale di sorveglianza e dalle norme di settore, quando si riscontrano uno o più sintomi tali da far sospettare la presenza di PSA in un allevamento di suini, occorre immediatamente darne comunicazione ai servizi veterinari competenti per territorio. Analogamente, quando si rinviene una carcassa di cinghiale nell’ambiente, o a seguito di incidente stradale che abbia coinvolto un cinghiale, è necessario segnalare l’evento ai Servizi Veterinari, alle forze dell’ordine o enti parco, guardie forestali, oppure contattare i numeri verdi regionali.

    Consulta Elenco degli stabilimenti designati ( Regolamento (UE) 2023/594)