5.5. Ambiente e alimenti

    Data di ultimo aggiornamento Aggiornato il 02/12/2011

    Negli ultimi decenni, il frequente riscontro di taluni contaminanti ambientali negli alimenti è prepotentemente divenuto una priorità per la salute pubblica. È noto che le contaminazioni più significative per gli alimenti si verificano a livello di produzione primaria (allevamento), un processo già sottoposto a sorveglianza attraverso l’attuazione del Piano Nazionale Residui, del Ministero della Salute.

    Ai fini della tutela della salute pubblica, però, la sola attività di gestione del rischio sanitario non può bastare. È necessario, infatti, un idoneo controllo ambientale per l’individuazione e la rimozione delle sorgenti di contaminazione. Pertanto, il Ministero della Salute ha rafforzato la cooperazione con il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM) attraverso la partecipazione attiva, dal 2009, alle Conferenze di servizi per la gestione dei Siti di Interesse Nazionale (SIN), in ragione del forte legame ambiente-salute.

    Un’ulteriore attività del Ministero è stata la pianificazione, nel 2009, di uno “Studio di fattibilità di un piano di monitoraggio nazionale sui contaminanti ambientali nei prodotti di origine animale”. Tale studio ha permesso di ottenere, con la collaborazione dell’ISS, un elenco dei principali contaminanti ambientali di interesse per la sicurezza alimentare.

    A fronte delle conoscenze acquisite, è stata predisposta una bozza del piano di monitoraggio, condivisa in seguito con Regioni e Province Autonome, Istituti Zooprofilattici Sperimentali (IZS), ISS e Centro di referenza per la valutazione del rischio (IZS dell’Abruzzo e del Molise), che ha portato alla predisposizione del “Piano nazionale di monitoraggio dei contaminanti ambientali in alimenti di origine animale prodotti nei siti di interesse nazionale”.

    Scopo di questo piano è fornire i dati relativi alla migrazione delle sostanze inquinanti nella catena alimentare. In Italia attualmente sono stati individuati 57 SIN che, complessivamente, coprono una superficie di 7.300 km2, pari al 3% dell’intero territorio nazionale: 1.800 km2 sono costituiti da aree marine, lagunari e lacustri, 5.500 km2 da aree terrestri. Il piano, emanato nel 2011, ha durata triennale e permetterà di monitorare tutti i SIN di interesse per la sicurezza alimentare.

    Al fine di prevenire rischi per la salute pubblica, è vietata l’immissione sul mercato di prodotti alimentari contenenti quantitativi inaccettabili di sostanze residue. Tali sostanze inquinanti sono il risultato dei condizionamenti ambientali o dei trattamenti subiti dagli alimenti successivamente alla produzione e possono costituire un rischio per la salute pubblica.

    L’Unione Europea ha fissato i tenori ammissibili di contaminanti, mantenendoli ai livelli più bassi possibile. In modo particolare, nel corso del 2010 sono state approvate e adottate tre Raccomandazioni di monitoraggio pluriennali per studiare sia la presenza nell’ambiente di sostanze ampiamente utilizzate in campo industriale, quali le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS), sia la presenza di contaminanti che possono formarsi in maniera non intenzionale durante i processi di preparazione, quali l’acrilammide in taluni alimenti sottoposti a processi di cottura e l’etilcarbammato nelle acquaviti di frutta con nocciolo.

    Oltre a quanto sopra esposto, si evidenzia che in sede comunitaria sono attualmente in trattazione anche proposte di regolamenti volte a:

    • introdurre nuovi limiti massimi per alcuni contaminanti organici persistenti (diossine e PCB diossina simili, PCB non diossina simili);
    • aggiornare/modificare i tenori massimi per gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA). In particolare, a modifica della normativa esistente che individua il benzo(a)pirene come marcatore della presenza e degli effetti degli IPA negli alimenti, si stanno fissando nuovi limiti massimi per la somma di quattro idrocarburi policiclici aromatici (IPA-4), ritenendolo un indicatore più idoneo del benzo(a)pirene;
    • introdurre nuovi limiti o modificare i limiti esistenti per i metalli pesanti in talune matrici alimentari e per i nitrati nei vegetali a foglia.

    Nell’ambito del monitoraggio dei contaminanti nell’alimentazione umana, dal 2007 la Commissione Europea ha iniziato a richiedere agli Stati membri la raccolta di dati sull’incidenza di livelli elevati di acrilammide negli alimenti, per valutare il collegamento tra acrilammide e cancro. L’acrilammide (AA) è una sostanza che può formarsi negli alimenti, solitamente nei prodotti amilacei, tra cui patatine fritte, patate fritte a bastoncino, pane e fette biscottate, durante il processo di cottura a temperature pari o superiori a 120 °C. È un noto cancerogeno negli animali da laboratorio, potenzialmente tossico per l’uomo, pertanto è necessario impegnarsi per ridurre al minimo l’esposizione derivante da tutte le fonti, compresa la dieta.

    È importante precisare che, allo stato attuale, per l’AA non esistono limiti massimi nazionali e comunitari aventi valore legale. Il programma di monitoraggio ha lo scopo di raccogliere in tutta la Comunità, per un certo periodo, dati affidabili sui tenori di acrilammide negli alimenti, così da ottenere un quadro per quei prodotti alimentari di cui è noto l’elevato contenuto di acrilammide e/o che notoriamente contribuiscono in misura significativa alla sua assunzione per via alimentare da parte della popolazione nel suo complesso e di particolari gruppi vulnerabili, quali i lattanti e i bambini nella prima infanzia. I dati ottenuti serviranno a definire valori guida e/o tenori massimi per le varie matrici alimentari.

    Va sottolineato che, rispetto ai precedenti anni, al monitoraggio del 2009 ha contribuito un maggiore numero di Regioni/Province Autonome. È stato quindi raggiunto il numero minimo di 194 campioni da sottoporre ad analisi, stabilito per l’Italia nella Raccomandazione 2007/331/CE.