
Malattia di Newcastle
Malattia di Newcastle
Che cos’è
La malattia di Newcastle (ND), detta anche pseudopeste aviare, è una delle più temute malattie che possono colpire i volatili. Quando sostenuta da ceppi altamente patogeni, ha conseguenze devastanti, non solo per l’elevato tasso di mortalità, ma anche per il forte impatto economico che ne consegue, derivante sia dall’adozione di una politica di eradicazione, sia dalle restrizioni al commercio imposte ai Paesi sede di focolai. All'infezione sono sensibili numerosissime specie di uccelli, tra domestici e selvatici, con variabilità nelle manifestazioni cliniche secondo la specie e il ceppo virale coinvolto. Dagli anni della sua prima comparsa la Malattia di Newcastle si è diffusa a livello mondiale e nel secolo scorso si sono verificate almeno quattro pandemie. L’infezione, per contatto diretto con elevate cariche virali, può verificarsi anche nell’essere umano determinando congiuntivite, che è il sintomo più comune e si manifesta dopo 24 ore dall’esposizione.
La malattia di Newcastle è considerata infatti una zoonosi minore: sono stati descritti sporadici casi di congiuntivite nell’essere umano.
Il serbatoio naturale dei Paramyxovirus aviari è rappresentato dagli uccelli selvatici e in particolare dagli uccelli acquatici. La maggior parte degli anatidi è particolarmente resistente all’infezione anche con ceppi in grado di dare quadri morbosi importanti in altre specie di uccelli ed è in grado di eliminare virus potenzialmente pericolosi senza alcuna sintomatologia clinica evidente.E’ una malattia soggetta ad obbligo di denuncia, (Regolamento di polizia veterinaria – DPR n. 320 del 8.2.1954 art.1).
Diagnosi
L’agente eziologico è il Paramyxovirus sierotipo 1 (APMV-1). Gli APMV-1 possono essere classificati secondo diversi criteri.
- grado di patogenicità
- tropismo per il tessuto e le manifestazioni cliniche conseguenti all’infezione
- velocità di replicazione virale in vivo e in vitro
- sequenza nucleotidica in specifici tratti genici o le proprietà antigeniche.
In base alla forma clinica osservata nel pollo in seguito ad infezione sperimentale è possibile una classificazione in 5 patotipi:
- viscerotropo velogeno: raggruppa virus che danno forme iperacute o acute con sintomi respiratori, enterici e nervosi, mortalità elevatissima e spesso associata a gravi lesioni emorragiche intestinali (forma di Doyle)
- neurotropo velogeno: raggruppa virus che danno forme respiratorie e nervose caratterizzate da elevata mortalità, in sede anatomo-patologica in genere non si riscontrano lesioni intestinali (forma di Beach)
- mesogeno: ne fanno parte virus responsabili di forme respiratorie e talvolta nervose con bassa mortalità (forma di Beaudette)
- lentogeno: comprende virus che danno infezione respiratoria lieve o inapparente (forma di Hitchner)
- enterico asintomatico: si tratta di virus che hanno come prima sede di replicazione l’intestino e non danno alcun sintomo. Questa classificazione risulta schematica e talvolta è difficile collocare un ceppo virale nell’uno o nell’altro patotipo.
La diagnosi di malattia è effettuata tramite vari esami di laboratorio tra cui l’emoagglutinazione (HA) e l’inibizione dell’emoagglutinazione (HI). Il test ufficiale di patogenicità per la normativa comunitaria è l’inoculazione intracerebrale in pulcini di pollo SPF di un giorno di vita di una soluzione virale sterile con un titolo emoagglutinante di almeno 1:32.
Terapia e profilassi indiretta
In Italia la vaccinazione profilattica è stata resa obbligatoria nel 2001 da un provvedimento ministeriale emanato in seguito all’epidemia del 2000 (nota prot. 600.6/24461/25N/118) modificato da un successivo provvedimento nel 2005 (nota prot. DGVA.Vm/29204/P – I.8.d/158) in cui sono stati ridotti gli interventi vaccinali in alcune categorie produttive e privilegiato l’uso di vaccini vivi attenuati al fine di favorire i metodi di vaccinazioni di massa. Tale piano di vaccinazione minimo ha il fine di conferire un livello anticorpale uniforme e sufficientemente protettivo nelle specie sensibili per evitare i danni diretti provocati dalla malattia e limitare un’eventuale diffusione di virus molto virulenti.
Nel 2015 tale piano è stato ulteriormente rivisto con nota DGSAF 5266 e sono state fornite alcune precisazioni in merito alla gestione delle positività.
Nel 2019 sono state rilevate le richieste delle Associazioni di categoria in merito alla possibilità di una riduzione degli interventi di minima su alcune specie aviarie a lunga vita.
I ceppi vaccinali a patogenicità intermedia (Roakin, Komarov, Mukteswar), sono utilizzati solo nei Paesi in via di sviluppo (Africa, Medio Oriente e Sud-Est asiatico), dove i virus ad alta patogenicità sono endemici. Anche per i vaccini inattivati, la legislazione Europea pone delle regole nella produzione approvando solo quelli allestiti con virus con ICPI inferiore a 0,7.
La profilassi e il controllo della malattia di Newcastle si attuano a vari livelli:
- internazionale
- nazionale
- allevamento.
A qualunque livello la profilassi sia applicata è sempre finalizzata a prevenire l’esposizione al virus dei soggetti sensibili e a ridurre il numero dei soggetti sensibili con l’attuazione di un’idonea profilassi indiretta.
Prevenzione
La prevenzione dell’introduzione e della diffusione del virus richiede la conoscenza e la considerazione di tutte le possibili vie di trasmissione, incluso il contatto diretto o indiretto con uccelli selvatici. A livello di allevamento, le misure di biosicurezza sono il primo e più importante strumento per prevenire l’introduzione, la trasmissione e la diffusione del virus.