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Con l’espressione mutilazioni genitali femminili (MGF) si fa riferimento a tutte le forme di rimozione parziale o totale dei genitali femminili esterni o ad altre modificazioni indotte agli organi genitali femminili, effettuate per ragioni culturali o altre ragioni non terapeutiche.

Si conoscono vari tipi di mutilazioni genitali femminili con diversi livelli di gravità, di cui la più radicale è comunemente chiamata infibulazione. Una pratica diffusa prevalentemente nell’Africa Subsahariana che l’immigrazione ha fatto conoscere anche in Europa e in Italia.

La Legge 9 gennaio 2006, n. 7 (Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazioni genitali femminile), prevede all’art. 4 che il Ministero della salute emani Linee guida destinate alle figure professionali sanitarie e ad altre figure, che operano con le comunità di immigrati provenienti da Paesi dove si effettuano pratiche di mutilazione genitale femminile (MGF), per realizzare un'attività di prevenzione, assistenza e riabilitazione delle donne e delle bambine già sottoposte a tali pratiche.

Le Linee guida sono uno strumento per le Regioni per attivare sul territorio tutte le iniziative volte alla formazione del personale sanitario per la prevenzione della diffusione delle MGF ed un invito al Sistema sanitario ad adeguare le proprie conoscenze e modalità di cura, per rispondere in modo adeguato ed efficace alla domanda di salute proveniente da una specifica fascia di popolazione femminile immigrata.

Il documento si muove nell’ambito di obiettivi generali quali l’affermazione del rispetto della donna come persona, della sua dignità, del diritto all’integrità del suo corpo, alla salute, all’esercizio delle libertà fondamentali.
E' costituito da 2 parti interdipendenti e di pari importanza:

  1. una di carattere socio-antropologico, che introduce alla tematica delle MGF, illustrandone le profonde motivazioni psicologiche, economiche, sociali e culturali, oltre agli strumenti giuridici che consentono di contrastarle in Italia e nel mondo in nome di diritti universali
  2. l’altra costituita da indicazioni di tipo relazionale e medico-sanitarie per operatori sanitari ed operatori sociali che, nell’esercizio della loro professione, si imbattono in queste problematiche.

La stessa legge 7/2006 prevede il divieto di praticare le mutilazioni genitali femminili, considerandole un grave reato punito severamente. È necessario pertanto fare opera di sorveglianza e prevenzione soprattutto nei confronti delle figlie delle donne che le hanno già subite nel loro Paese d’origine.

Fondi previsti per la formazione

Un elemento importante della legge è la previsione di risorse finanziarie destinate alla formazione, ma anche a campagne di informazione e di divulgazione della cultura dei diritti umani e del diritto all’integrità della persona.
Il Ministero della salute ha già ripartito alle Regioni, per gli anni 2005, 2006 e 2007, i fondi (2.500.000 euro/anno) destinati alla formazione, intesa anche come occasione per accrescere le conoscenze sul tema del diritto alla salute e sulla medicina transculturale, sulla delicatezza dell’approccio alla sessualità delle donne straniere, al loro corpo, alla maternità ed alla salute in generale.
Dal 2008 in poi, a causa delle norme di stabilizzazione economica, gli importi inizialmente previsti dalla Legge 7/2006 (2.500.000 Euro/anno) sono stati significativamente ridotti fino agli attuali circa 177 mila Euro/anno.
La ripartizione dei fondi dal 2009, previa Intesa in Conferenza Stato-Regioni, viene effettuata secondo un criterio misto, che prevede: il 70% del totale sulla base della popolazione residente e il 30% secondo il numero delle donne immigrate, titolari del permesso di soggiorno, presenti sul territorio regionale e provenienti dai Paesi dove sono effettuate pratiche di mutilazioni genitali.

Monitoraggio sull’utilizzo dei fondi

Il Ministero della salute effettua periodiche ricognizioni sull’utilizzo dei fondi in oggetto.
Sulla base dell’ultimo monitoraggio, avviato nell’ottobre 2013, a cui non tutte le regioni hanno risposto, in nessuna regione sono state segnalate pratiche di MGF eseguite in Italia, né sono stati avviati interventi legali per il reato di pratica di MGF.
Tuttavia in alcune regioni (Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte, Toscana, Friuli Venezia Giulia, Umbria, Puglia, Sardegna, P.A. Trento) è stata rilevata la presenza di donne che hanno subito mutilazioni genitali.
Dal 2006 al 2013 risultano ben 957 donne in cui sono state riscontrate tali mutilazioni e per 284 di esse è stato effettuato un intervento di plastica ricostruttiva (Friuli Venezia Giulia, Puglia, Umbria, Toscana, Emilia Romagna e Piemonte). Le Regioni hanno inoltre provveduto ad organizzare attività formative, corsi, seminari, convegni  per personale sanitario, mediatori culturali, operatori dei Consultori familiari, Medici di medicina generale (MMG), scuole.

I centri di riferimento per l’assistenza alle donne e bambine mutilate sono presenti in:

  • Friuli Venezia Giulia
  • Toscana
  • Sardegna
  • Puglia
  • Lazio
  • Lombardia
  • Emilia Romagna.

Per approfondire consulta:


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Data di pubblicazione: 14 dicembre 2007, ultimo aggiornamento 7 marzo 2016

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