La Peste suina africana (PSA) è una malattia virale, altamente contagiosa e spesso letale, che colpisce suini e cinghiali. Non è trasmissibile agli esseri umani.
È una malattia con un vasto potenziale di diffusione. Un’eventuale epidemia di PSA sul territorio nazionale potrebbe ripercuotersi pesantemente sul patrimonio zootecnico suino con danni ingenti sia per la salute animale che per il comparto produttivo suinicolo e sul commercio internazionale di animali vivi e dei loro prodotti.
L’Organizzazione mondiale per la sanità animale ha inserito la PSA nella lista delle malattie denunciabili: qualunque caso sospetto deve essere denunciato all’autorità competente (Regolamento di polizia veterinaria – DPR n. 320 del 8.2.1954 art.1).
È causata da un virus della famiglia Asfaviridae, genere Asfivirus, incapace di stimolare la formazione di anticorpi neutralizzanti. Questa peculiarità rappresenta l’ostacolo più importante alla preparazione di vaccini, che attualmente non sono disponibili in commercio.
I sintomi principali negli animali colpiti sono:
La presenza del virus nel sangue (viremia) dura dai 4 ai 5 giorni; il virus circola associato ad alcuni tipi di cellule del sangue, causando la sintomatologia che conduce inevitabilmente al decesso dell’animale, spesso in tempi rapidissimi.
Gli animali che superano la malattia possono restare portatori del virus per circa un anno, giocando dunque un ruolo fondamentale per la persistenza del virus nelle aree endemiche e per la sua trasmissione. Il virus è dotato di una buona resistenza in ambiente esterno e può rimanere vitale anche fino a 100 giorni sopravvivendo all'interno dei salumi per alcuni mesi o resistendo alle alte temperature. Nel sangue prelevato è rilevabile fino a 18 mesi.
La diagnosi di malattia è effettuata tramite vari esami di laboratorio: immunofluorescenza, AGID test, Fissazione del Complemento, PCR ed ELISA.
La malattia si diffonde direttamente per contatto tra animali infetti oppure attraverso la puntura di vettori (zecche). La trasmissione indiretta può avvenire attraverso attrezzature e indumenti contaminati, che possono veicolare il virus, oppure con la somministrazione ai maiali di residui di cucina anch’essi contaminati, pratica vietata dai regolamenti europei dal 1980, o smaltendo rifiuti alimentari, specie se contenenti carni suine, in modo non corretto.
Nei Paesi indenni la prevenzione dall’infezione si effettua attraverso il severo controllo dei prodotti importati e la costante sorveglianza sullo smaltimento dei rifiuti alimentari, di ristoranti, navi e aerei.
Nei Paesi infetti il controllo si effettua attraverso l’abbattimento e la distruzione dei suini positivi e di tutti gli altri presenti all’interno dell’allevamento colpito dalla malattia. Fondamentali sono anche la disinfezione, la delimitazione delle zone infette, il controllo delle movimentazioni di suini vivi e dei prodotti derivati, unitamente alle indagini epidemiologiche volte ad individuare l’origine dell’infezione.
Al momento non esiste un vaccino per la Peste suina africana. Quando si riscontrano uno o più sintomi, tali da far sospettare di essere in presenza di PSA, occorre immediatamente darne comunicazione ai servizi veterinari competenti per territorio.
La situazione attuale in UE e nel mondo
Nel 2014 è esplosa un’epidemia di PSA in alcuni Paesi dell’Est della UE. Da allora la malattia si è diffusa in Polonia, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Ungheria, Repubblica Ceca e Bulgaria: ad oggi sono già stati registrati più di mille focolai negli allevamenti di suini domestici e quasi 4mila casi di cinghiali selvatici.
A settembre 2018 il Belgio ha segnalato i primi due casi nei cinghiali selvatici, facendo registrare un preoccupante balzo in avanti della PSA verso l’Europa occidentale.
Fuori dall’UE, la Peste suina africana ha colpito numerosi Paesi africani ed ancora Russia, Ucraina, Moldova e Cina.
Per approfondire:
In Italia, la malattia è presente esclusivamente sul territorio sardo dal 1978. Il numero di focolai di malattia è sempre stato estremamente variabile nel corso degli anni, con l’avvicendarsi di ondate epidemiche critiche intervallate da periodi di apparente silenzio epidemiologico, con un numero di episodi di malattia relativamente basso.
Le motivazioni dell’andamento oscillante della malattia, sia nei suini domestici sia nei cinghiali, sono ascrivibili a molteplici fattori tra cui le diverse cariche infettanti del virus nelle varie ondate epidemiche e sono altresì correlate alle dinamiche della popolazione selvatica in termini di numerosità e movimentazioni, nonché all’efficacia delle misure di controllo ed eradicazione che nel corso degli anni sono state attuate per il contrasto alla malattia.
Per approfondire:
Si riportano di seguito due tabelle riassuntive dell’andamento della malattia dal 2012 al 2018, rispettivamente negli allevamenti suinicoli, con la distinzione per ciascuna ASL regionale e nella popolazione dei selvatici, con la distinzione per animali cacciati nel corso delle stagioni venatorie e quelli rinvenuti morti per altre cause e testati per la ricerca della presenza di PSA (fonte: Unità di Progetto per l’eradicazione della PSA).
ASSL | 2012 | 2013 | 2014 | 2015 | 2016 | 2017 | 2018 |
---|---|---|---|---|---|---|---|
Sassari | 24 | 52 | 8 | 7 | 1 | ||
Olbia | 30 | 51 | 4 | 1 | 1 | ||
Nuoro | 7 | 4 | 14 | 4 | 21 | 12 | 4 |
Ogliastra | 2 | 8 | 2 | 6 | |||
Oristano | 1 | ||||||
Sanluri | 1 | ||||||
Carbonia/Iglesias | |||||||
Cagliari | 12 | 9 | 1 | 2 | |||
TOTALE | 74 | 109 | 40 | 16 | 23 | 17 | 10 |
Sorveglianza virologica su cinghiali trovati morti e cacciati | Sorveglianza sierologica su cinghiali cacciati | ||||
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Testati | Virus+ | Testati | Siero+ | ||
MORTI 2012 | 124 | 119 | |||
Cacciati 12/13 | 2363 | 11 | CVC 12/13 | 3256 | 340 |
MORTI 2013 | 155 | 11 | |||
Cacciati 13/14 | 2047 | 40 | CVC 13/14 | 3431 | 269 |
MORTI 2014 | 155 | 17 | |||
Cacciati 14/15 | 1479 | 9 | CVC 14/15 | 3676 | 271 |
MORTI 2015 | 146 | 1 | |||
Cacciati 15/16 | 2859 | 13 | CVC 15/16 | 3549 | 240 |
MORTI 2016 | 238 | 4 | |||
Cacciati 16/17 | 4106 | 39 | CVC 16/17 | 4898 | 230 |
MORTI 2017 | 218 | 5 | |||
Cacciati 17/18 | 5188 | 24 | CVC 17/18 | 5202 | 198 |
MORTI 2018 | 136 | 0 | |||
Cacciati 18/19 | 3611 | 1 | CVC 18/19 | 3515 | 57 |
TOTALE | 22825 | 194 | 27527 | 1605 |
Come previsto dal Piano di eradicazione per la Peste suina africana in Sardegna, la popolazione suina allevata viene periodicamente sottoposta a controllo sierologico presso l’allevamento e presso il macello. Si effettuano controlli sierologici anche nell’ambito delle macellazioni familiari, svolte alla presenza di un veterinario ufficiale del servizio territoriale.
Le modalità di campionamento vengono elaborate in base al livello di biosicurezza degli allevamenti. Inoltre, all’atto della stesura annuale del Piano di eradicazione, la modalità e la frequenza dei campionamenti vengono adeguate alla realtà territoriale e al livello di rischio dell’area, allo scopo di garantire una copertura del territorio sempre maggiore.
Viene altresì effettuata la sierosorveglianza sulla popolazione cacciata nel corso della stagione venatoria. Il controllo della malattia nel selvatico rappresenta, infatti, uno dei pilastri nella lotta per l’eradicazione della malattia.
Ad oggi la Peste suina africana persiste soltanto in Sardegna, dove è presente dal 1978. La persistenza dell’infezione nella Regione è stata facilitata in particolare dalla diffusione di allevamenti di tipo familiare e dal radicamento di pratiche tradizionali come l’allevamento brado che hanno favorito il continuo passaggio del virus tra animali selvatici e domestici.
I piani di sorveglianza e le misure di controllo adottate in ambito regionale hanno consentito, negli anni, di tenere la malattia sotto osservazione e hanno impedito il suo ingresso nell’Italia continentale. Le misure di sorveglianza e controllo sono state elaborate dalla stessa Regione, di concerto con il ministero della Salute e sono contenute e descritte nel Piano di eradicazione della PSA.
Negli ultimi anni l’approccio alla lotta alla malattia è stato radicalmente rivisto. Dagli insuccessi dei primi piani di eradicazione, causati della drasticità delle misure adottate, dall’assenza di collaborazione da parte degli allevatori e dalle difficoltà di applicazione del divieto di pascolo brado, è scaturito un nuovo approccio finalizzato a coniugare la tipicità delle produzioni e dei metodi di allevamento con adeguati requisiti di biosicurezza e basato su:
Un grado di consapevolezza sensibilmente maggiore è stato raggiunto anche grazie alle campagne di informazione rivolte ad allevatori, cacciatori e addetti del settore. L’incremento dei controlli sierologici in allevamento, le relative sanzioni, le verifiche puntuali dell’applicazione delle misure di biosicurezza hanno portato ad un innalzamento generale degli standard di allevamento suinicolo e ad una regolarizzazione delle aziende.
Tutto ciò si è tradotto in un netto miglioramento della situazione epidemiologica, con una notevole riduzione del numero di focolai negli allevamenti domestici e il drastico calo degli animali bradi illegali, favoriti da un rapporto di collaborazione e fiducia sempre più stretta ed efficace tra autorità sanitarie, allevatori e cacciatori.
A partire dal 2016 le attività proseguono sotto il coordinamento dell’Unità di Progetto, un gruppo di esperti in materia di PSA dedicato all’implementazione del piano di eradicazione, con particolare riferimento alle attività di sorveglianza negli allevamenti, alla verifica dell’applicazione delle misure di biosicurezza, alla lotta all’allevamento illegale e alla pratica del pascolo brado.
Per approfondimenti:
Chiunque provenga da aree in cui la malattia è presente può rappresentare un veicolo inconsapevole di trasmissione del virus agli animali.
Anche i cinghiali selvatici, liberi di avvicinarsi alle zone antropizzate, possono oramai rappresentare uno dei mezzi di diffusione del virus, qualora entrino in contatto con allevamenti che non rispettano le norme di biosicurezza o con rifiuti alimentari abbandonati.
Adottare una serie di comportamenti corretti e di precauzioni è necessario per prevenire la diffusione della malattia
Il ministero della Salute ha favorito la divulgazione del video realizzato da EFSA, Autorità europea per la sicurezza alimentare, per sostenere e diffondere comportamenti corretti e giuste precauzioni da adottare.
Nell’ottica di prevenzione della malattia e sensibilizzazione degli attori coinvolti il ministero ha, inoltre, prodotto materiale informativo chiaro, multilingue e di rapida consultazione:
Il ministero ha inviato al territorio una serie di note informative.
Consulta le note: