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Nuovo coronavirus - Ultimo aggiornamento: 15 febbraio 2021
1. Ho fatto il vaccino antipneumococcico, sono immune dall’infezione da nuovo coronavirus?
Il vaccino antipneumococcico previene la polmonite da pneumococco, ma attualmente non esistono evidenze che abbia un ruolo nella prevenzione dell’infezione da nuovo coronavirus. La vaccinazione contro lo pneumococco è quest’anno particolarmente importante, perché questo miscrorganismo può causare infezioni delle vie respiratorie i cui sintomi potrebbero essere confusi con quelli causati da SARS-CoV-2. Questa vaccinazione è indicata in particolari categorie di popolazione a rischio di infezione pneumococcica (ad esempio adulti ≥ 65 anni, splenectomizzati, ecc.).
2. Ho piu’ di 80 anni e vorrei vaccinarmi contro il nuovo coronavirus, come posso fare?
In molte Regioni è iniziata la somministrazione dei vaccini per la fascia di età da 80 anni in su. Per vaccinarsi è necessario seguire le indicazioni della Regione in cui si è residenti. Per informazioni si possono consultare il sito internet del Governo dedicato alle vaccinazioni anti Covid-19, i siti internet delle Regioni ove si risiede, o della propria Asl, oppure si possono chiedere informazioni al proprio medico di medicina generale.
3. Sono un ultraottantenne e soffro di diabete e ipertensione, posso vaccinarmi contro il nuovo coronavirus?
Il Piano strategico di vaccinazione contro il nuovo coronavirus indica gli operatori sanitari e sociosanitari, le persone residenti e il personale delle Rsa e le persone di ottanta anni e oltre tra le categorie da vaccinare prioritariamente. Questo perché le persone anziane a causa dell’età avanzata e della possibile presenza di malattie concomitanti sono considerate soggetti fragili ed esposte ad un maggior rischio di sviluppare forme gravi di Covid-19. Prima di somministrare il vaccino, il personale dei centri vaccinali si informa sullo stato di salute della persona e valuta che non ci siano controindicazioni.
Per ogni dubbio ci si può comunque rivolgere in via preventiva al proprio medico curante, che conoscendo in modo approfondito lo stato di salute dei propri assistiti saprà dare ad ognuno le giuste indicazioni.
Per saperne di più:
4. Perché è stato raccomandato di effettuare il vaccino contro l’influenza stagionale se non protegge dal nuovo coronavirus?
Il nuovo coronavirus e il virus dell’influenza stagionale sono due virus diversi. Il vaccino contro i ceppi di influenza stagionale non è quindi efficace contro il virus che determina la malattia COVID-19. Tuttavia, la vaccinazione anti-influenzale, in caso di sintomi respiratori, permette di escludere l'Influenza, rendendo più facile e più rapida la diagnosi differenziale (cioè la distinzione tra le due infezioni) e portando più precocemente all'isolamento di eventuali casi di COVID-19.
Vaccinando contro l’influenza, inoltre, si riducono le complicanze da influenza nei soggetti a rischio e conseguentemente gli accessi al pronto soccorso e i ricoveri. I ricoveri in strutture sanitarie possono aumentare il rischio di esposizione a SARS-CoV-2 e il successivo sviluppo di forme gravi di COVID-19.
5. A chi mi posso rivolgere per avere informazioni sui comportamenti corretti da seguire e l’iter da rispettare in caso avessi avuto un contatto con persone positive?
In caso di sintomi o dubbi, rimani in casa, non recarti al pronto soccorso o presso gli studi medici ma chiama al telefono il tuo medico di famiglia, il tuo pediatra o la guardia medica. Oppure chiama il numero verde regionale o il numero di pubblica utilità 1500. Il numero verde della Croce Rossa 800.065.510 offre informazioni e un aiuto per la consegna di spesa e farmaci a domicilio.
Consulta: A chi rivolgersi
6. È vero che gli anziani sono più a rischio?
Tutti possono contrarre l’infezione ma le persone anziane che soffrono di una o più malattie pregresse hanno più probabilità di sviluppare sintomi e complicanze gravi in caso di contagio con Sars-CoV-2.
Per saperne di più: Covid-19 - Anziani e persone fragili
7. E’ possibile andare a visitare un familiare ospitato in casa di riposo o hospice? Quali precauzioni bisogna adottare?
- Poiché l'isolamento sociale e la solitudine rappresentano motivo di sofferenza e importanti fattori di rischio nella popolazione anziana, le visite dei parenti e dei volontari devono essere consentite, in piena sicurezza e con l'ausilio di tamponi rapidi antigenici per lo screening dei contagi da COVID-19. Questi test possono essere effettuati direttamente in loco e, in caso di esito negativo, i visitatori sono autorizzati ad accedere in struttura secondo le indicazioni fornite dal direttore.
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Se, però, in struttura è presente un caso COVID-19 o un focolaio in atto, le visite devono essere sospese.
Possono essere tuttavia consentite, in casi selezionati, secondo la valutazione del direttore della struttura e in base alle possibilità di gestire in modo completamente autonomo le aree con pazienti COVID-19 da quelle con gli assistiti negativi. - In caso di hospice, le visite possono essere autorizzate, in situazioni di fine vita di assistiti affetti da COVID-19, dal direttore della struttura, dopo valutazione dei rischi-benefici. Le persone autorizzate dovranno comunque essere in numero limitato e osservare tutte le precauzioni raccomandate per la prevenzione della trasmissione dell’infezione da SARS-CoV-2. Nelle situazioni di fine vita, su richiesta dell’assistito o dei familiari, va anche autorizzata l’assistenza spirituale.
Leggi
- Indicazioni ad interim per la prevenzione e il controllo dell’infezione da SARS-CoV-2 in strutture residenziali sociosanitarie e socioassistenziali,
- Circolare 30 novembre 2020 - Disposizioni per l’accesso dei visitatori a strutture residenziali socioassistenziali, sociosanitarie e hospice e indicazioni per i nuovi ingressi nell’evenienza di assistiti positivi nella struttura
8. Prendo più farmaci per curare malattie croniche, questo mi rende più debole e più esposta al rischio di prendere l’infezione da nuovo coronavirus? Devo sospendere la mia terapia?
I farmaci per la cura delle patologie croniche di cui si è affetti sono importanti per tenere sotto controllo sintomi e malattia, quindi non vanno sospesi salvo diversa indicazione del medico curante.
9. Ho una malattia rara, sono più a rischio di contrarre il virus da COVID -19?
Non tutte le malattie rare presentano condizioni cliniche che aumentano il rischio di contrarre il virus o una maggiore probabilità di andare incontro a un decorso clinico più grave rispetto al resto della popolazione.
Ci sono però alcuni gruppi di malati rari che presentano un rischio aumentato, in particolare, i bambini e adulti con deficit immunitari, disabilità neuromotoria, patologie respiratorie croniche, cardiopatie, con malattie ematologiche, con patologie metaboliche ereditarie a rischio di scompenso acuto o portatori di dispositivi medici, i malati oncologici o onco-ematologici, per le quali il Ministero della Salute, su iniziativa del Comitato Tecnico Scientifico della Protezione Civile, ha redatto le Raccomandazioni, in relazione all'emergenza da COVID-19.
10. Ho una malattia rara, chi posso contattare per avere informazioni?
In presenza di quesiti strettamente correlati a specifiche malattie rare, si consiglia di contattare telefonicamente il proprio medico specialista di riferimento o in alternativa, qualora non sia reperibile, i punti infomantivi regionali dedicati alle malattie rare.
L’Istituto Superiore di Sanità, e in particolare il Centro Nazionale Malattie Rare, rimane vicino ai malati rari e alle loro famiglie, ed è disponibile ad accogliere tutte le richieste attraverso il Telefono Verde Malattie Rare 800 89 69 49 - tvmr@iss.it - email dedicata a persone sorde tvmrlis@iss.it. Il servizio di counseling telefonico attivo dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 13.00.
11. Le donne in gravidanza sono più suscettibili alle infezioni o hanno un rischio maggiore di sviluppare una forma severa di COVID-19?
La gravidanza comporta cambiamenti del sistema immunitario che possono aumentare il rischio di contrarre infezioni respiratorie virali, tra cui quella da SARS-CoV-2. Tuttavia, ad oggi, come evidenziato dal Report dell’Iss le donne in gravidanza non sembrano essere a maggior rischio rispetto alle non-gravide per infezione grave da COVID-19 che richiede il ricovero ospedaliero.
Resta consigliato, anche per le donne in gravidanza, di intraprendere le normali azioni preventive per ridurre il rischio di infezione, come lavarsi spesso le mani ed evitare contatti con persone malate.
Per saperne di più leggi la pagina Donne del sito nuovo coronavirus.
12. Le donne in gravidanza con COVID-19 possono trasmettere il virus al feto o neonato?
Nonostante le evidenze siano ancora scarse, la trasmissione verticale del virus SARS-CoV-2 non può essere esclusa. Ad oggi viene considerato un evento raro ma possibile. Sono vari i casi in Italia di positività tra i neonati, presumibilmente infettati a seguito del contatto con la madre positiva durante o dopo il parto. È stato osservato che questi bambini non presentano sintomi importanti e si tratta di una condizione che non desta particolari preoccupazioni.
13. Le donne in gravidanza con COVID-19 devono necessariamente effettuare un parto cesareo?
Le donne in gravidanza positive al nuovo coronavirus non devono necessariamente effettuare un parto cesareo. In relazione alle attuali conoscenze, infatti, non c'è indicazione elettiva al taglio cesareo nelle donne positive al nuovo coronavirus e rimangono valide le indicazioni attuali al taglio cesareo.
14. Le donne positive al test per il nuovo coronavirus possono avere contatti con il neonato subito dopo la nascita?
Ogni qualvolta sia possibile, l’opzione da privilegiare è quella della gestione congiunta di madre e neonato, ai fini di facilitare l’interazione e l’avvio dell’allattamento materno.
Qualora la madre sia paucisintomatica e si senta in grado di gestire autonomamente il neonato, madre e neonato possono essere gestiti insieme. In questo caso, è applicabile il rooming-in per madre e neonato, applicando le normali precauzioni per le malattie respiratorie a trasmissione aerea.
Se la madre presenta, invece, un’infezione respiratoria francamente sintomatica (febbre, tosse e secrezioni respiratorie, mialgie, mal di gola, astenia, dispnea), madre e neonato vengono transitoriamente separati.
La decisione di separare o meno madre-neonato va comunque presa per ogni singola coppia tenendo conto dell’informazione-consenso dei genitori, della situazione logistica dell’ospedale ed eventualmente anche della situazione epidemiologica locale relativa alla diffusione del SARS-CoV-2.
15. Le donne positive al test per il nuovo coronavirus possono allattare al seno il proprio bambino?
15. Le donne positive al test per il nuovo coronavirus possono allattare al seno il proprio bambino?
Le donne positive al nuovo coronavirus non devono necessariamente rinunciare ad allattare al seno il proprio bambino ed il contatto pelle a pelle non è controindicato per le donne SARS-CoV-2 positive.
Al momento, il rischio connesso all’allattamento è legato soprattutto al contatto ravvicinato con la madre, attraverso le goccioline del respiro (droplet).
Il Report “Indicazioni ad interim per gravidanza, parto, allattamento e cura dei piccolissimi di 0-2 anni in risposta all’emergenza COVID-19” dell’Iss, evidenzia che durante tale contatto, come pure durante il rooming-in e l'allattamento, è raccomandata l’adozione di misure di prevenzione quali il lavaggio delle mani e indossare una mascherina chirurgica.
Qualora la madre sia paucisintomatica, questa potrà allattare al seno adottando tutte le precauzioni possibili per evitare di trasmettere il virus al proprio bambino, lavandosi le mani e indossando una maschera chirurgica mentre allatta. Nel caso si utilizzi latte materno spremuto con tiralatte manuale o elettrico, la madre deve lavarsi le mani e seguire le raccomandazioni per una corretta pulizia degli strumenti dopo ogni utilizzo. Se vi è la possibilità, considerare l’utilizzo di latte umano donato.
Se la madre presenta, invece, un’infezione respiratoria francamente sintomatica (febbre, tosse e secrezioni respiratorie, mialgie, mal di gola, astenia, dispnea), madre e neonato dovrebbero essere transitoriamente separati.
In questo caso, andrebbe evitato il ricorso automatico ai sostituti del latte materno, implementando piuttosto la spremitura del latte materno o il ricorso all’uso di latte umano donato.
Nei casi di infezione materna grave la spremitura del latte materno potrà non essere effettuata in base alle condizioni generali della madre.
La compatibilità dell’allattamento materno con farmaci eventualmente somministrati alla donna con COVID-19 va valutata caso per caso.
L’utilizzo del latte materno spremuto di madre SARS-CoV-2 positiva, per il proprio neonato, all’interno di una Terapia Intensiva Neonatale segue protocolli specifici.
16. I bambini presentano un minor rischio di contrarre l'infezione da nuovo coronavirus?
I bambini attualmente costituiscono una percentuale esigua dei casi segnalati di COVID-19.
I bambini sembrano avere la stessa probabilità degli adulti di essere infettati, ma un rischio molto più basso, specialmente quelli sotto i 10 anni, di sviluppare sintomi o malattie gravi. Tuttavia, come per altre malattie respiratorie, alcune popolazioni di bambini possono essere a maggior rischio di infezione grave, come ad esempio i bambini in condizioni di salute già compromesse da altre patologie.
Pur avendo osservato che la probabilità di sviluppare sintomi dopo l’infezione aumenta con l’aumentare dell’età, e che la carica virale (e quindi il potenziale di trasmissione) non è statisticamente differente tra sintomatici e asintomatici, non è ancora perfettamente noto quanto i bambini, prevalentemente asintomatici, trasmettano SARS-CoV-2 rispetto agli adulti. Alcuni studi, ipotizzano che, specialmente i bambini al di sotto dei 10 anni, giochino un ruolo minore nella trasmissione dell’infezione.
Anche i bambini devono, quindi, adottare le misure raccomandate per prevenire l'infezione, in particolare la frequente pulizia delle mani con acqua e sapone o disinfettante per le mani a base di alcol, il distanziamento fisico, l'utilizzo della mascherina (per i bambini di età superiore ai 6 anni), ed evitare il contatto con persone malate.
Per saperne di più: Covid-19 - Bambini
17. I bambini possono essere vaccinati contro il Sars-CoV-2?
Attualmente non sono stati ancora autorizzati dalle autorità competenti vaccini anti Covid-19 che possono essere somministrati in età pediatrica. I vaccini attualmente autorizzati da Ema e Aifa (Pfizer BioNTech, Moderna, Astra Zeneca), infatti, possono essere somministrati nelle persone di età superiore ai 16 -18 anni.
Per saperne di più
18. Dove posso trovare informazioni sulle misure previste per le persone con disabilità?
L'Ufficio per le politiche in favore delle persone con disabilità, pubblica aggiornamenti specifici relativi alle norme che riguardano le persone con disabilità sul sito Nuovo Coronavirus: domande frequenti sulle misure per le persone con disabilità e altre informazioni utili sulle misure adottate dal Governo per i disabili.
19. Quali sono i consigli per le persone con neoplasie?
Ai pazienti oncologici si raccomanda di:
- osservare un’accurata e frequente igiene delle mani
- evitare, ove possibile, luoghi affollati
- indossare la mascherina chirurgica fuori dal domicilio, in particolare quando si rende necessario recarsi in ospedale per visite, esami e/o trattamenti
- ridurre al minimo, per quanto possibile, il tempo trascorso in strutture ospedaliere, favorendo le consultazioni a distanza
- nel caso si presenti una sintomatologia che possa far sospettare di aver contratto l’infezione da Covid-19, si raccomanda di contattare telefonicamente il proprio medico curante e/o lo specialista che valuterà se apportare eventuali modifiche al trattamento
- le terapie in corso non devono mai essere sospese autonomamente.
Il documento Raccomandazioni per la gestione dei pazienti oncologici e onco-ematologici in corso di emergenza da COVID-19 fornisce indicazioni sia per i pazienti che hanno completato il percorso terapeutico sia per i pazienti ancora in trattamento.
20. Le persone immunodepresse sono più a rischio di contrarre l'infezione da COVID-19?
Sì, i soggetti affetti da immunodeficienze (congenite o secondarie, riceventi un trapianto di organo solido o cellule staminali emopoietiche, affetti da malattie autoimmuni in trattamento con farmaci ad azione immuno-soppressiva), così come quelli affetti da patologie oncologiche o onco-ematologiche, sono soggetti particolarmente a rischio in caso d'infezione da virus respiratori, sia per quanto riguarda la morbilità (sviluppo di quadri d'infezione gravi, inclusi polmonite e rischio di insufficienza respiratoria) che per quanto riguarda la mortalità.
Sono disponibili dati limitati sulle persone con immunodeficienza o in trattamento con farmaci immunomodulanti. Sebbene tali soggetti possano non rispondere altrettanto bene al vaccino, non sussistono particolari problemi di sicurezza. Secondo il Piano strategico vaccini anti Covid-19 le persone con immunodeficienza o in trattamento con farmaci immunomodulanti dovranno essere vaccinate nelle prime fasi, in quanto maggiormente suscettibili di ammalarsi di COVID-19.
Per saperne di più: Raccomandazioni per la gestione dei pazienti immunodepressi residenti nel nostro Paese in corso di emergenza da COVID-19
21. I fumatori e i consumatori di tabacco sono più a rischio di infezione da COVID-19?
È probabile che i fumatori siano più vulnerabili al virus SARS-CoV-2 in quanto l'atto del fumo fa sì che le dita (ed eventualmente le sigarette contaminate) siano a contatto con le labbra, il che aumenta la possibilità di trasmissione del virus dalla mano alla bocca. I fumatori possono anche avere già una malattia polmonare sottostante o una ridotta capacità polmonare che aumenterebbe notevolmente il rischio di sviluppare forme di malattia gravi.
22. Le persone che soffrono di allergia ai pollini o di allergie in generale hanno un rischio maggiore di sviluppare una forma grave di COVID-19?
Un'ampia percentuale della popolazione (fino al 15-20%) riferisce sintomi stagionali legati ai pollini, i più comuni dei quali includono congiuntivite, congestione nasale, naso che cola ed a volte starnuti ed eruzioni cutanee. Tutti questi sintomi sono solitamente indicati come raffreddore da fieno, allergia al polline o più appropriatamente rinite allergica. La rinite allergica è comunemente associata all'asma allergica sia nei bambini che negli adulti.
Le forme allergiche più lievi, tra cui anche l'asma allergica lieve, non sono state identificate come uno dei principali fattori di rischio per l'infezione da SARS-CoV-2 o per un esito più sfavorevole negli studi finora disponibili. L'asma da moderata a grave, invece, in cui i pazienti hanno bisogno di cure giornaliere, è inclusa nelle condizioni polmonari croniche che predispongono a malattie gravi.
23. Cosa deve fare chi soffre di allergia e in particolare di asma allergica?
I bambini e gli adulti che assumono farmaci di mantenimento per l’asma (ad es. inibitori leucotrienici, corticosteroidi e/o broncodilatatori per via inalatoria) devono continuare il trattamento come prescritto dal medico e non devono interrompere il trattamento a causa del timore di COVID-19. Se sviluppano sintomi compatibili con COVID-19 (come febbre, tosse, mal di gola) dovranno auto-isolarsi, informare il medico e monitorare la loro salute come tutti gli altri. Se si sviluppa una progressiva difficoltà respiratoria, devono richiedere una pronta assistenza medica.
24. Che cosa si intende per lavoratori fragili?
Il concetto di fragilità va individuato in quelle condizioni dello stato di salute del lavoratore/lavoratrice rispetto alle patologie preesistenti che potrebbero determinare, in caso di infezione, un esito più grave o infausto e può evolversi sulla base di nuove conoscenze scientifiche sia di tipo epidemiologico sia di tipo clinico.
Con specifico riferimento all’età, va chiarito che tale parametro, da solo, anche sulla base delle evidenze scientifiche, non costituisce elemento sufficiente per definire uno stato di fragilità nelle fasce lavorative.
Per approfondire Circolare 4 settembre 2020 Indicazioni e chiarimenti circolare 29 aprile 2020 con particolare riguardo ai lavoratori e alle lavoratrici "fragili"
25. È possibile far visita ad un familiare ricoverato in una struttura per persone con disturbi mentali?
- La visita ad una persona ospitata in residenze di salute mentale è possibile secondo modalità programmate dalla direzione sanitaria e a seconda dei bisogni degli ospiti e dei familiari
- Per limitare gli ingressi, la famiglia è invitata a identificare una sola persona.
- Come nel caso delle residenze per anziani, i visitatori, per accedere, devono eseguire un test antigenico rapido, effettuato possibilmente nella stessa residenza; in caso di esito negativo, è possibile accedere alla struttura secondo le indicazioni fornite dal direttore sanitario.
- All’ingresso della residenza la persona dovrà effettuare un’attenta igiene delle mani con il gel idroalcolico messo a disposizione e indossare la mascherina eventualmente fornita dalla residenza.
- Non è necessario indossare guanti, a meno che essi non siano stati forniti dalla struttura e indossati all’interno della stessa dopo l’igiene delle mani.
- Le strutture devono prevedere la possibilità di consegnare effetti personali ai pazienti ricoverati affidandoli al personale in servizio all’ingresso della struttura.
Per approfondire
- Circolare 4 dicembre 2020 - Disposizioni per l’accesso dei visitatori a strutture residenziali per persone con disturbi mentali e per persone con disabilità fisiche, psichiche e sensoriali.
- Rapporto ISS COVID-19 n. 4/2020 Rev. 2
- Rapporto ISS COVID-19 n. 20/2020 Rev 2
- Il ruolo delle patologie croniche pregresse nella prognosi dei pazienti COVID-19
26. Le persone con HIV sono più a rischio di sviluppare la COVID-19?
Le persone con HIV in trattamento antiretrovirale efficace, con un numero di CD4 maggiore di 500 e con viremia controllata, per i dati oggi a disposizione, non hanno un rischio di peggior decorso rispetto a una persona HIV-negativa. Però, come per la popolazione generale, hanno maggiori probabilità di sviluppare forme gravi di malattia, le persone anziane e quelle con patologie sottostanti, quali ipertensione, problemi cardiaci o diabete e i pazienti immunodepressi (per patologia congenita o acquisita o in trattamento con farmaci immunosoppressori, trapiantati).
Sono da considerarsi immunodepresse e quindi teoricamente potrebbero essere più esposte a complicanze e ad un decorso più severo di COVID-19, le persone con HIV con un numero di CD4 minore di 500, indipendentemente dal trattamento antiretrovirale, anche se al momento non ci sono casi che lo confermino. A queste persone si applica in modo particolarmente stringente l’indicazione di rimanere in casa.
27. Le persone con HIV devo adottare comportamenti parricolari nei confronti dell'infezione Covid-19?
Non ci sono indicazioni specifiche per le persone con HIV, occorre attenersi alle misure igienico sanitarie indicate dal Ministero della Salute e alla indicazione di rimanere il più possibile in casa e uscire solo in caso di comprovata necessità. Ciò si applica con maggior forza alle persone con HIV immunodepresse (CD4<500).
28. Le persone con HIV si possono recare presso i centri clinici per visite programmate, prelievi o per ritirare i farmaci?
I centri di Malattie Infettive, che generalmente curano le persone con HIV, oggi sono in prima linea nel fronteggiare la pandemia. Per questo molti centri hanno modificato la loro operatività e adottato procedure locali per l’assistenza ordinaria, la consegna dei farmaci antiretrovirali, i prelievi e la gestione delle urgenze delle persone con HIV. Verificate con il vostro medico/centro come comportarvi. Per tutto ciò che non riveste carattere di urgenza, molti centri hanno provveduto a posticipare gli appuntamenti.
Le modifiche delle normali procedure sono state adottate al fine di ridurre l’afflusso di persone presso gli ospedali,come da indicazioni di sanità pubblica diramate a tutta la popolazione.
Informazioni più specifiche su alcuni centri italiani.
29. Sono una persona con HIV, a chi posso rivolgermi in caso di sintomatologia riferita a una possibile malattia COVID-19?
Le persone con HIV in caso di sintomatologia sospetta da COVID-19 devono rivolgersi telefonicamente al proprio medico di medicina generale o ai numeri di pubblica utilità messi in campo dalle Regioni per ottenere consulenza specifica sulle procedure da seguire.
30. I farmaci antiretrovirali assunti dalle persone con HIV possono proteggere dal nuovo coronavirus e impedire che si sviluppi la COVID-19?
Al momento non esistono evidenze che gli antiretrovirali utilizzati nella terapia di COVID-19 (inibitori delle proteasi) possano fornire protezione efficace contro il contagio da SARS-Cov-2 nelle persone che li assumono per l’infezione da HIV.
Direzione Generale della Prevenzione sanitaria
in collaborazione con: