Il 25 novembre si celebra nel mondo la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, una ricorrenza istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite, che in questa data invita i governi, le organizzazioni internazionali e le ONG a organizzare attività volte a sensibilizzare l'opinione pubblica su una delle più devastanti violazioni dei diritti umani.
“Orange the world: Fund, Respond, Prevent, Collect!” - Colora il mondo di arancione: Finanzia, Rispondi, Previeni, Raccogli”- è il tema della Giornata al centro della campagna UNiTE 2020, promossa da UN Women, organizzazione delle Nazioni Unite dedicata all'uguaglianza di genere e all'emancipazione delle donne. Come negli anni precedenti la Giornata Internazionale lancerà 16 giorni di attivismo che si concluderanno il 10 dicembre con la Giornata Internazionale dei Diritti Umani. Gli hashtags lanciati dall’Onu per la Giornata sono: #GenerationEquality #orangetheworld #16days and #spreadtheword.
In occasione della Giornata la Sottosegretaria alla Salute Sandra Zampa ha sottolineato in una nota che sono “troppe le donne in Pronto Soccorso poiché vittime di violenze. Il quadro è ancora preoccupante". La Sottosegretaria ha inoltre dichiarato: "È fondamentale utilizzare modelli d’intervento coordinati, multidisciplinari ed inter-istituzionali, che rispondano in modo efficace ai bisogni delle vittime di violenza. È necessario garantire protezione fisica, strutture d’accoglienza in emergenza, aiuto sanitario, psicologico, legale, economico e un accompagnamento in un nuovo progetto di vita che porti la donna a superare il maltrattamento subito”.
La violenza contro le donne rappresenta un importante problema di sanità pubblica, oltre che una violazione dei diritti umani.
La violenza ha effetti negativi a breve e a lungo termine, sulla salute fisica, mentale, sessuale e riproduttiva della vittima. Le conseguenze possono determinare per le donne isolamento, incapacità di lavorare, limitata capacità di prendersi cura di sé stesse e dei propri figli. I bambini che assistono alla violenza all’interno dei nuclei familiari possono soffrire di disturbi emotivi e del comportamento. Gli effetti della violenza di genere si ripercuotono sul benessere dell’intera comunità.
Questi dati evidenziano le gravi dimensioni del fenomeno, che costituisce un rilevante problema di sanità pubblica, oltre che una violazione dei diritti umani.
Nel triennio 2017-2019, secondo le risultanze dell’analisi condotta dal ministero della Salute e dall’Istat sugli accessi delle donne in Pronto soccorso, rilevati dal Sistema informativo per il monitoraggio dell’assistenza in Emergenza-Urgenza (EMUR), per approfondire la conoscenza del fenomeno della violenza di genere, le donne che hanno avuto almeno un accesso in Pronto Soccorso con l’indicazione di diagnosi di violenza sono 16.140 per un numero totale di accessi in Pronto Soccorso con l’indicazione di diagnosi di violenza nell’arco del triennio pari a 19.166 (1,2 accessi pro capite).
Dai dati di accesso al Pronto Soccorso è emerso che le stesse donne nell’arco del triennio hanno effettuato anche altri accessi in Pronto Soccorso con diagnosi diverse da quelle riferibili a violenza. Complessivamente il numero pro-capite di accessi per queste donne, a prescindere dalla diagnosi, è superiore a 5 e nella classe di età 18-44 anni è superiore a 6. Questo significa che una donna che ha subito violenza nell’arco del triennio torna in media 5/6 volte in Pronto Soccorso.
Analizzando i dati per fascia di età si rileva che:
Laddove le famiglie sono più a stretto contatto e trascorrono più tempo assieme, come avvenuto durante l’attuale pandemia, aumenta il rischio che le donne e i figli siano esposti alla violenza soprattutto se in famiglia vi sono gravi perdite economiche o di lavoro. Man mano che le risorse diventano più scarse, possono aumentare anche forme di abuso, di potere e di controllo da parte del partner. I dati Istat indicano che le chiamate al numero antiviolenza 1522 nel periodo 1 marzo-16 aprile 2020 sono state 5.031, il 75% in più rispetto al medesimo periodo del 2019.
Nel periodo marzo - ottobre 2020, quindi durante la pandemia da Covid-19, i dati Istat sulle chiamate al numero verde antiviolenza 1522 (promosso e gestito dal Dipartimento per le Pari Opportunità presso la Presidenza del Consiglio) evidenziano che il numero delle chiamate valide sia telefoniche sia via chat è notevolmente cresciuto rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (+71,7%), passando da 13.424 a 23.071. La crescita delle richieste di aiuto tramite chat è triplicata passando da 829 a 3.347 messaggi. Tra i motivi che inducono a contattare il numero verde raddoppiano le chiamate per la “richiesta di aiuto da parte delle vittime di violenza” e le “segnalazioni per casi di violenza” che insieme rappresentano il 45,8% delle chiamate valide (in totale 10.577). Nel periodo considerato, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, esse sono cresciute del 107%. Crescono anche le chiamate per avere informazioni sui Centri Anti Violenza (+65,7%).
Inoltre, tra gli effetti dell’emergenza COVID-19 è da segnalarsi un aumento del consumo di alcol nel medio e lungo periodo, importante fattore di rischio diretto, per il suicidio, ma anche indiretto, perché possibile trigger di violenza domestica.
In Italia il Servizio Sanitario Nazionale garantisce alle donne, alle coppie e alle famiglie, le prestazioni e i servizi finalizzati alla prevenzione, all’individuazione precoce e all’assistenza nei casi di violenza di genere e sessuale. In particolare per la tempestiva e adeguata presa in carico delle donne vittime di violenza che si rivolgono al Pronto Soccorso sono state adottate le specifiche Linee Guida nazionali per le Aziende sanitarie e le Aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza. Poiché spesso, però, la violenza rimane nascosta, al fine di individuarne il più rapidamente possibile i segni è importante rafforzare le competenze degli operatori sociosanitari che entrano in contatto con le vittime, mediante specifici programmi di formazione.
A tal fine, nel periodo 2019-2020, il Ministero della Salute, con l’Istituto Superiore di Sanità, ha aggiornato ed esteso a tutti i Pronto Soccorso presenti sull’intero territorio nazionale il Programma di Formazione a distanza (FAD) “Prevenzione e contrasto della violenza di genere attraverso le reti territoriali” (Seconda edizione), precedentemente messo a punto ed erogato in quattro Regioni italiane (Sicilia, Campania, Lazio, Lombardia). Il corso, erogato attraverso la piattaforma www.eduiss.it, è stato indirizzato ai professionisti sanitari e agli assistenti sociali dei Pronto Soccorso impegnati in interventi di prevenzione, diagnosi, cura e assistenza per le donne che subiscano violenza.
Dei 651 Pronto Soccorso presenti in Italia, hanno aderito al programma formativo a distanza 642 Pronto Soccorso, di questi il 97,7% ha avuto almeno un dipendente/professionista che ha concluso l’intero programma formativo.
Hanno partecipato complessivamente 26.347 professionisti; si tratta per il 51,8% di "operatori sanitari dell’area infermieristica-ostetrica", per il 15,5% di "operatori sanitari impegnati nell’area tecnico-assistenziale", per il 13,7% di "medici"; per il 4,5% di "psicologi"; hanno anche partecipato figure professionali non sanitarie (4%): "assistenti sociali", "avvocati", "giuristi".
Chi è vittima di violenza può contattare i seguenti numeri telefonici e/o App dedicate e/o strutture indicate:
Per saperne di più sulla Giornata
Consulta anche
Data di pubblicazione: 25 novembre 2020 , ultimo aggiornamento 8 marzo 2021