immagine del cartello della conferenza proiettata in aula

Si è svolta il 4 ottobre a Roma la Conferenza internazionale “Avian influenza: a global threat”.

L’evento, organizzato dal Ministero della salute, in collaborazione con l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie – Centro di referenza nazionale e laboratorio di riferimento OIE/FAO per l’influenza aviaria e la malattia di Newcastle, ha radunato esperti e autorità sanitarie internazionali attive a vari livelli e responsabili nella gestione dell’influenza aviaria. Durante la mattinata si è svolto il convegno tecnico-scientifico mentre nel pomeriggio la Tavola rotonda tra i Capi dei servizi veterinari (CVO) dei Paesi del G7 e la Commissione Europea.

“La Conferenza” – ha ribadito Silvio Borrello, Capo dei Servizi veterinari italiani, introducendo i lavori - “è stata fortemente voluta dalla Presidenza italiana del G7, per evidenziare il prezioso contributo fornito dal settore veterinario alla sanità pubblica. La contemporanea presenza delle tre Organizzazioni internazionali OIE, FAO e OMS, competenti rispettivamente per la salute animale, la produzione agroalimentare e la salute umana, e dell’EFSA – ha continuato Borrello - dà una misura concreta della volontà di affrontare in modo congiunto il problema dell’influenza aviaria seguendo l’approccio One Health”.

Le relazioni hanno fatto il punto sulla diffusione dell’influenza aviaria nel mondo, sottolineando come l’incidenza della malattia sia aumentata notevolmente nell’ultimo decennio, principalmente come conseguenza della diffusione dei virus ad alta patogenicità (HPAI). Ci si è soffermati, in particolare, sul ruolo svolto dagli uccelli selvatici nella trasmissione della malattia, ribadendo la necessità di ampliare in una prospettiva globale e di lungo periodo gli studi sulle specie coinvolte e sulle strategie di prevenzione e controllo del virus, prendendo spunto dall’importante epidemia nordamericana del 2015.

Per quanto riguarda la natura del virus dell’influenza aviaria, gli studi finora condotti hanno confermato la sua capacità di mutare e produrre nuove varianti. L’impegno futuro della comunità scientifica sarà quello di riuscire a monitorare in tempo reale il virus per comprenderne la diversità e i meccanismi di diffusione. Un miglioramento sostenibile della ricerca nell’ambito della genomica e lo sviluppo di protocolli standardizzati per la raccolta di dati provenienti da epidemie saranno, dunque, necessari a livello globale per comprendere meglio l’origine e le dinamiche di trasmissione precoce della malattia.

La conferenza ha toccato anche aspetti diversi da quelli di sanità animale. Affrontare un’epidemia di influenza aviaria, infatti, significa anche gestire consapevolmente le ricadute economiche e strutturali sui mercati domestici e globali, con implicazioni anche sociali. Le epidemie di HPAI rappresentano, infatti, la più grande minaccia per l’industria avicola e hanno messo a rischio direttamente la food security e il sostentamento delle aree rurali nei Paesi in via di sviluppo, depauperandone il patrimonio zootecnico e riducendone le possibilità di scambi commerciali.

I rappresentanti OIE, OMS ed EFSA hanno approfondito il ruolo degli Organismi internazionali nella prevenzione e gestione della malattia, illustrando come le misure di gestione del rischio cerchino di rispondere in maniera concreta alle necessità di tutte le parti coinvolte: salute animale, sicurezza alimentare, salute pubblica, impatti economici e commerciali.

Infine, è stata richiamata l’attenzione sulla necessità di un approccio globale all’influenza aviaria anche come zoonosi. Di recente, infatti, è stata ancora una volta confermata l’importanza delle interazioni virali nell’interfaccia animale/uomo, insieme all’aumento dei casi in tutto il mondo di trasmissione dell’infezione all’uomo dei sottotipi H5, H7 e H9.

Nel pomeriggio, i partecipanti hanno potuto assistere alla Tavola rotonda dei CVO dei Paesi del G7. I Capi dei Servizi Veterinari hanno messo in comune le proprie esperienze e le proprie opinioni su quali siano i fattori prioritari che determinano l’impatto economico della malattia negli Stati membri. La discussione, aperta e arricchita dalle domande del pubblico, ha aperto la strada a un lavoro congiunto per la condivisione e l’armonizzazione delle pratiche di studio e di gestione della malattia.

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Data di pubblicazione: 9 ottobre 2017, ultimo aggiornamento 13 ottobre 2017