La Febbre della Valle del Rift (Rift Valley Fever, RVF) è una zoonosi virale acuta che colpisce principalmente gli animali domestici ( epizoozie) ma può infettare anche l’uomo.
Il virus, appartenente al genere Phlebovirus dell’ordine Bunyavirales, è stato identificato per la prima volta nel in un'epidemia di pecore in una fattoria nella Rift Valley in Kenya. Da allora sono stati segnalati focolai nell’Africa sub-sahariana e nel Nord Africa. Nel 2000, i primi casi segnalati della malattia al di fuori del continente africano provenivano dall’Arabia Saudita e dallo Yemen.
Le epidemie di RVF possono avere importanti impatti sociali, comprese significative perdite economiche e riduzioni degli scambi commerciali.
Il virus può essere trasmesso all’uomo da alcuni tipi di zanzare (Aedes e Culex) e mosche ematofaghe, ma nella maggior parte dei casi la trasmissione avviene attraverso il contatto con fluidi corporei, sangue o tessuti di animali infetti principalmente bestiame come bovini, pecore, capre, bufali e cammelli
Tale contatto può verificarsi durante la cura, l’assistenza al parto, l'abbattimento o la macellazione di animali infetti, l’eliminazione di carcasse o feti e forse dalla ingestione di latte crudo.
Alcune categorie occupazionali, come allevatori, pastori, addetti alla macellazione e veterinari, presentano un rischio maggiore di contrarre l’infezione. Gli esseri umani possono anche contrarre l’infezione ingerendo il latte non pastorizzato o crudo di animali infetti. Non è stata documentata alcuna trasmissione da uomo a uomo della RVF.
Mentre la maggior parte dei casi umani sono relativamente miti, una piccola percentuale di pazienti sviluppa una forma molto più grave di malattia che si manifesta con una o più di tre distinte sindromi: malattia oculare, meningoencefalite e febbre emorragica virale.
Per la maggior parte dei casi gravi, il trattamento predominante è una terapia di supporto.
La febbre della Valle del Rift è causata da un virus del genere Phlebovirus, uno dei cinque generi nella famiglia Bunyaviridae. Il virus è stato identificato nel 1931 nel corso di un'indagine su un'epidemia di pecore in una fattoria nella Valle del Rift in Kenya.
La malattia viene trasmessa all'uomo da varie specie di zanzare (Aedes, Culex) e da altri insetti ematofagi che compiono il loro pasto di sangue sia sugli uomini che sugli animali. Sono coinvolti sia insetti a ciclo diurno, che insetti che pungono nelle ore di oscurità e semioscurità.
Il serbatoio della Febbre della Rift Valley è rappresentato dal bestiame o da animali selvatici che vivono in prossimità degli insediamenti umani; la Febbre della Rift Valley è quindi una zoonosi (infezione o malattia infettiva che può essere trasmessa, in condizioni naturali, tra animali vertebrati ed esseri umani).
La trasmissione dell'infezione da animale a persona generalmente avviene nel corso delle pratiche di accudimento del bestiame:
Il virus può essere trasmesso dalle zanzare femmina alle uova (trasmissione verticale), dove rimane infettivo per diversi anni.
Non è stata documentata la trasmissione da persona a persona e non è stata segnalata la trasmissione in operatori sanitari se attuate le misure per il controllo delle infezioni.
Non c'è stata alcuna evidenza di focolai di RVF nelle aree urbane.
Periodo di incubazione
Varia da 2 a 6 giorni.
Le persone infette o sono asintomatiche o sviluppano una forma lieve di malattia caratterizzata da una sindrome febbrile con improvvisa comparsa di febbre simil-influenzale, dolori muscolari, dolori articolari e mal di testa.
Alcuni pazienti presentano rigidità nucale, sensibilità alla luce, perdita di appetito e vomito; in questi pazienti la malattia, nelle sue fasi iniziali, può essere scambiata per meningite.
Forma grave
Mentre la maggior parte dei casi umani sono relativamente miti, una piccola percentuale di pazienti sviluppa una forma molto più grave di malattia. Si presenta di solito come una o più di tre distinte sindromi: malattia oculare (0,5-2% dei pazienti), meningoencefalite (meno dell'1%) o febbre emorragica (meno dell'1%).
Il tasso totale di mortalità è vario tra le diverse epidemie ma, nel complesso, è inferiore all'1% in quelli documentati. La maggior parte dei decessi occorrono in pazienti che sviluppano la forma di ittero emorragico.
La diagnosi clinica è spesso difficile, soprattutto nelle fasi iniziali della malattia, data l’ampia variabilità e l’aspecificità della sintomatologia. Può essere confusa con altre febbri virali emorragiche e con altre patologie, quali malaria, shigellosi, febbre tifoide e febbre gialla.
I test devono essere effettuati in laboratori specializzati.
Il virus può essere rilevato nei campioni di sangue fino al 4-5 giorno dopo l'esordio della malattia mediante RT-PCR, test antigenico e/o isolamento virale. A partire dal 5°-6° giorno saranno rilevabili gli anticorpi ( prima IgM poi IgG, che persistono diversi anni)
A causa di reazioni crociate non riconosciute con altri flebovirus, potrebbe essere necessaria la conferma dei risultati sierologici mediante test specifici di neutralizzazione.
Non esiste un trattamento specifico, né per l’uomo né per gli animali.
Poiché la maggior parte dei casi umani di RVF è relativamente lieve e di breve durata, non è richiesto un trattamento specifico per questi pazienti.
Per i casi più gravi può necessitare il ricovero e il trattamento predominante è una terapia di supporto generale.
Nel corso di un focolaio di RVF, lo stretto contatto con gli animali, in particolare con i loro fluidi corporei, direttamente o tramite aerosol, è il fattore di rischio più significativo per l'infezione da virus RVF. In assenza di trattamento specifico e di un vaccino efficace per l’uomo, la sensibilizzazione sui fattori di rischio di infezione RVF, nonché le misure di protezione individuale da adottare per prevenire le punture di zanzare, sono gli unici modi per ridurre l'infezione nell’uomo e i decessi.
Le persone che vivono o visitano aree affette da febbre della Rift Valley (RVF) possono prevenire l’infezione con questi passaggi:
Anche se non è stata dimostrata nessuna trasmissione da persona a persona del RVF, vi è un rischio teorico di trasmissione del virus da pazienti infetti a operatori sanitari attraverso il contatto con sangue o tessuti infetti. Gli operatori sanitari che assistono i pazienti con RVF sospetta o confermata dovrebbero attuare precauzioni standard quando maneggiano i campioni dei pazienti.
Le Precauzioni Standard, WHO Standard precautions in health care, definiscono le pratiche di lavoro che sono necessarie al fine di garantire un livello minimo di controllo delle infezioni. Le Precauzioni Standard sono raccomandate nella cura e nel trattamento di tutti i pazienti, indipendentemente dal loro stato infettivo sospettato o confermato. Esse comprendono il trattamento del sangue (compreso il sangue essiccato), di tutti i fluidi corporei, secrezioni ed escrezioni (escluso il sudore), indipendentemente dal fatto che contengano sangue visibile, e il contatto con la cute non integra e le mucose.
Come indicato precedentemente il personale di laboratorio può essere a rischio. I campioni prelevati da casi sospetti di RVF di persone e animali per la diagnosi devono essere gestiti da personale qualificato ed analizzati in laboratori adeguatamente attrezzati.
Per approfondire:
Al momento non ci sono vaccini autorizzati e commercializzati per uso umano; due vaccini candidati sono attualmente in fase di sperimentazione nell’uomo.
Controllo vettoriale
Altri modi per controllare la diffusione di RVF comportano il controllo del vettore e la protezione contro le punture.
I larvicidi nei siti di riproduzione delle zanzare sono la forma più efficace di controllo vettoriale se i siti di riproduzione possono essere chiaramente identificati e se sono limitati in termini di dimensioni e portata. Durante i periodi di allagamento, tuttavia, il numero e l'estensione dei siti di riproduzione di solito è troppo alto per misure larvicide fattibili.
I viaggiatori internazionali aumentano le loro possibilità di esposizione al virus quando visitano località endemiche della RVF durante i periodi in cui si verificano casi sporadici o epidemie.
Data di pubblicazione: 15 luglio 2015 , ultimo aggiornamento 18 aprile 2024