L’infezione generalmente si trasmette per via oro-fecale, attraverso l’ingestione di cibi o acqua contaminati.
Frequente è pure la trasmissione interumana attraverso il contatto diretto con una persona infetta. Un soggetto infetto elimina il virus, e di conseguenza è contagioso, dai 7-10 giorni prima della comparsa della sintomatologia ad una settimana dopo.
La malattia spesso decorre in maniera asintomatica, soprattutto quando l’infezione viene contratta in età infantile.
La sintomatologia quando presene compare dopo un periodo di incubazione di 15-50 giorni con inappetenza, malessere generale, febbre, nausea e vomito. Dopo qualche giorno compare l’ittero, cioè la presenza di colorito giallognolo della pelle, delle sclere (la parte bianca dell’occhio) e delle mucose, dovuto alla aumentata concentrazione di bilirubina nel sangue a causa della diminuita funzionalità del fegato.
La malattia ha generalmente un’evoluzione benigna, anche se con decorso prolungato (dura dalle 2 alle 10 settimane). Talvolta, soprattutto nei soggetti adulti affetti da patologie concomitanti, sono state osservate forme con andamento grave e forme fulminanti per insufficienza epatica.
L’epatite A è presente in tutto il mondo sia in forma sporadica che epidemica. Ogni anno si stimano circa 1,4 milioni di casi di epatite A (HAV), con una frequenza maggiore nei Paesi del sud del mondo.
Tradizionalmente vengono descritte 3 categorie geografiche di endemicità correlate alla prevalenza di HAV:
Nei Paesi in cui l’infezione è endemica sono colpiti prevalentemente i bambini, i quali, generalmente, pur contraendo l’infezione, non manifestano una sintomatologia evidente. Poiché la malattia induce una immunità permanente, in queste aree, gli adolescenti e gli adulti risultano immuni e costituiscono una barriera alla diffusione del contagio ostacolando così il verificarsi di epidemie.
Nei Paesi ad endemicità intermedia e bassa l’infezione colpisce prevalentemente gli adolescenti e gli adulti, che non avendo contratto la malattia in età infantile non risultano immuni; la popolazione risulta pertanto suscettibile e si possono verificare dei focolai epidemici.
L’Italia, grazie ai miglioramenti delle condizioni igieniche e socio-economiche, è un Paese ad endemicità medio-bassa. L’incidenza della patologia mostra un andamento in diminuzione, scendendo sotto la soglia di 1 caso per 100.000 abitanti.
Si sono tuttavia, nel corso degli anni, manifestati focolai epidemici legati al consumo di alimenti inquinati (nel 1992, 1994, 1997, 2013) e/o a comportamenti a rischio (2016).
L’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (EFSA) e il Centro europeo per la lotta alle malattie (ECDC), studiando l’origine dei focolai epidemici, hanno individuato molteplici tipologie di alimenti che possono essere veicolo per l’infezione. Tra questi, quelli più frequentemente coinvolti, sono: pesce e prodotti a base di pesce, crostacei, molluschi e prodotti contenenti molluschi, vegetali, succhi, pomodori secchi, frutti di bosco, fragole, frutti di bosco misti congelati.
La fonte di contaminazione più frequente dei vegetali è costituita dall’acqua contaminata utilizzata per l’irrigazione e/o la fertirrigazione. Attraverso l’acqua i virus si depositano preferibilmente sulla superficie esterna dei vegetali e non è ancora ben chiaro se esista un meccanismo di internalizzazione.
Al momento solo per le cipolle sono disponibili dati scientifici che dimostrano, mediante prove sperimentali, il trasporto dei virus attraverso le radici.
Attraverso il lavaggio si può ridurre la concentrazione virale ma non eliminarla. Il lavaggio non è, quindi, sufficiente a proteggere dal contagio del virus.
Sì, esiste un vaccino efficace e ben tollerato. Il vaccino viene preparato utilizzando ceppi di virus coltivati su cellule diploidi (appartenenti alla linea dei fibroblasti) ed inattivati con formaldeide. Il vaccino deve essere conservato in frigorifero e viene somministrato per via intramuscolare.
La protezione si raggiunge dopo 14-21 giorni dalla prima dose; una seconda dose a distanza di 6/12 mesi dalla prima ne prolunga l’efficacia protettiva, fornendo una protezione per un periodo di 10-20 anni.
In Italia si può trovare sia il vaccino monovalente, in formulazione pediatrica e per adulti, sia il vaccino combinato (associato con vaccino antiepatite B).
La vaccinazione è raccomandata nei soggetti a rischio:
Se si è stati esposti al rischio di infezione con virus dell’epatite A si può attuare sia la profilassi attiva (con vaccinazione) che passiva (attraverso la somministrazione di gammaglobuline -Ig).
Il vaccino antiepatite A è efficace nel prevenire la malattia anche dopo il contatto con il virus, purchè sia somministrato entro 14 giorni dopo l’esposizione.
La protezione passiva si può ottenere con l’uso di Ig, preparate da pool di plasma di soggetti adulti.
L’efficacia dell’Ig, soprattutto se somministrate a più di 14 giorni dopo l’esposizione al rischio, è controversa; spesso la loro azione si manifesta, non impedendo il verificarsi dell’infezione, ma rendendo la stessa più lieve e sub-clinica.
Data di ultimo aggiornamento: 28 luglio 2017