La violenza ha effetti negativi a breve e a lungo termine, sulla salute fisica, mentale, sessuale e riproduttiva della vittima. Le conseguenze possono determinare per le donne isolamento, incapacità di lavorare, limitata capacità di prendersi cura di sé stesse e dei propri figli. I bambini che assistono alla violenza all’interno dei nuclei familiari possono soffrire di disturbi emotivi e del comportamento. Gli effetti della violenza di genere si ripercuotono sul benessere dell’intera comunità.
Secondo il rapporto dell'OMS Valutazione globale e regionale della violenza contro le donne: diffusione e conseguenze sulla salute degli abusi sessuali da parte di un partner intimo o da sconosciuti (in lingua inglese), la violenza contro le donne rappresenta “un problema di salute di proporzioni globali enormi”.
Il 25 novembre si celebra nel mondo International Day for the Elimination of Violence against Women - Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne-, una ricorrenza istituita dall' Assemblea generale delle Nazioni Unite, che in questa data invita i governi, le organizzazioni internazionali e le ONG a organizzare attività volte a sensibilizzare l'opinione pubblica su una delle più devastanti violazioni dei diritti umani.
“Orange the World” - Colora il mondo di arancione è il tema centrale della campagna promossa da UN Women, organizzazione delle Nazioni Unite dedicata all'uguaglianza di genere e all'emancipazione delle donne e da UNiTE che ha proclamato il 25 di ogni mese “Orange Day”, una giornata per sensibilizzare e agire per porre fine alla violenza contro donne e ragazze.
“UNITE! Invest to prevent violence against women and girls” – “Investire per prevenire la violenza contro le donne e le ragazze” è il tema specifico per la Giornata 2023 ed è un’esortazione a concentrarsi sull’importanza di finanziare diverse strategie di prevenzione per fermare la violenza.
La campagna invita cittadini e governi a dimostrare il loro impegno per porre fine alla violenza nei confronti delle donne e delle ragazze.
#NoExcuse è l’hashtag della Giornata 2023.
Come negli anni precedenti la Giornata Internazionale lancia 16 giorni di attivismo che si concluderanno il 10 dicembre con la Giornata Internazionale dei Diritti Umani.
L’analisi Istat sui dati relativi ai ricoveri ospedalieri, rilevati con il flusso della Scheda di dimissione ospedaliera (SDO), evidenzia che:
I dati dell'anno 2021
(Fonte: Analisi Istat su dati Sistema EMUR, Rapporto SDO - anni 2017- 2021)
Infortuni femminili in ambito lavorativo: violenza, aggressione e minaccia
Dati Inail evidenziano che nel quinquennio 2017-2021 tra gli infortuni femminili in occasione di lavoro e riconosciuti positivamente da Inail (al netto dei Covid), la causa «violenza, aggressione e minaccia», che può provenire da persone esterne all’azienda o da colleghi della stessa azienda, rappresenta oltre il 5% dei casi codificati, circa 20.500 infortuni nell’intero quinquennio (poco più di 4.000 l’anno).
Tra le lavoratrici vittime di aggressioni o violenze, quasi il 60% svolge professioni sanitarie e assistenziali, a seguire (ma a distanza) insegnanti e specialisti dell’educazione-formazione, impiegati postali, personale di pulizia e servizi di vigilanza e custodia, ecc. (Fonte: Inail)
I numeri della violenza sulle lavoratrici della sanità e del sociale
(Fonte: Inail Andamento degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali - n.10, ottobre, 2020)
In Europa
Le operatrici e gli operatori del settore sanitario e sociale sono tra i più colpiti in Europa da episodi di violenza al lavoro. In particolare:
Poiché spesso la violenza rimane nascosta, al fine di individuarne il più rapidamente possibile i segni è importante rafforzare le competenze degli operatori sociosanitari che entrano in contatto con le vittime, mediante specifici programmi di formazione. Il Ministero della salute ha richiesto agli Assessorati competenti delle regioni e delle province autonome, già nella prima metà del 2019, le informazioni relative agli atti formali di recepimento delle Linee Guida nazionali per le Aziende sanitarie e le Aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza. Inoltre, ogni regione e provincia autonoma è stata invitata a designare i propri referenti, in qualità di focal point, ai fini del monitoraggio della piena attuazione delle disposizioni in argomento e per le attività di contrasto alla violenza sulle donne.
I percorsi formativi promossi dal Ministero della Salute
Il Ministero della Salute riconoscendo come cruciale la formazione del personale sanitario e socio-sanitario per la prevenzione della violenza, ha affidato all’Istituto Superiore di Sanità (ISS) due Progetti CCM (2014, 2019).
Con il Progetto CCM 2014, primo percorso formativo blended (Formazione A Distanza, FAD e incontri de visu): “Prevenzione e contrasto della violenza di genere attraverso le reti territoriali” è stata definita ed applicata nel periodo 2015 -2017, una strategia innovativa ed efficace di formazione per gli operatori sociosanitari dei Pronto Soccorso (PS) relativamente alla gestione dei casi di violenza di genere. Sono stati formati operatori socio-sanitari di 28 PS presenti in 4 regioni italiane (Lombardia, Lazio, Campania e Sicilia). L’intero percorso blended è stato portato a termine da 636 professionisti, pari al 73,3% di coloro i quali si erano iscritti (868).
Con il secondo corso FAD associato al Progetto “Implementazione di un programma di formazione a distanza (FAD) per operatori sociosanitari dei Pronto Soccorso (PS) italiani, mirato alla prevenzione e al contrasto della violenza di genere” (2019) sono stati raggiunti tutti i 651 PS italiani. Sono stati coinvolti complessivamente 26.347 professionisti, di questi il 67% (pari a 17.637) ha terminato il corso FAD. L’inclusione massima e capillare dei PS, inoltre, ha evidenziato la necessità di coinvolgere nella formazione i Servizi territoriali di area sanitaria e socio-sanitaria, in quanto nodi cruciali della rete di prevenzione e contrasto della violenza.
Il 24 febbraio 2022 nell’ambito delle iniziative finanziate dal Ministero della Salute - CCM 2021, è stato lanciato inoltre il Progetto IPAZIA CCM 2021 “Strategie di prevenzione della violenza contro le donne e i minori, attraverso la formazione di operatrici e operatori di area sanitaria e socio-sanitaria con particolare riguardo agli effetti del COVID-19”.
Il progetto, tutt'ora in corso, intende estendere la formazione a operatori e operatrici dei servizi socio-sanitari della rete di assistenza sanitaria territoriale.
L'obiettivo del progetto Ipazia è quello di mettere a punto e sperimentare un modello formativo, basato sulla metodologia del problem based learning – competence oriented. Si articola in un percorso di base (corso FAD) rivolto a operatrici e operatori dei servizi sanitari e socio-sanitari territoriali e in un percorso specifico per la “formazione di formatori”, individuati dalle singole Asl partecipanti.
La finalità generale è quella di favorire l’applicazione sistematica di corretti protocolli tecnico-scientifici e comunicativo-relazionali, anche con percorsi dedicati alla emergenza Covid-19 ed ai suoi effetti, affinché a ciascuna vittima venga fornita la medesima opportunità di essere accompagnata in percorsi di fuoriuscita dal circuito della violenza, anche nei casi di discriminazioni multiple. Altro obiettivo del progetto è quello di facilitare lo scambio di buone prassi.
Con il Progetto è stato avviato un corso FAD (luglio-dicembre 2022) dove al PBL è associato il modello basato sulle competenze. Il corso ha registrato 4.361 iscritti, di questi hanno terminato con successo il corso FAD 2.346 partecipanti.
Successivamente, come previsto dal Progetto, il corso residenziale “Il Problem Based Learning nella formazione continua in sanità pubblica per lo sviluppo delle competenze: Ruolo, funzioni e compiti del Facilitatore dell’apprendimento (Progetto #IpaziaCCM2021)” ha consentito di formare, in un corso in autonomia, svoltosi presso l’ISS, 21 facilitatori dell’apprendimento, che nei territori delle Aziende e Strutture coinvolte nel Progetto possano attivare e condurre, con gli esperti impegnati nella prevenzione e nel contrasto della violenza di genere, percorsi di formazione secondo la metodologia del Problem Based Learning (PBL)-competence oriented. Ed è questa la terza fase del Progetto IpaziaCCM2021 che ha programmato e realizzato nel 2023, Corsi residenziali di formazione per i formatori in ciascuno dei territori delle Strutture coinvolte nel Progetto con la formazione di oltre 200 professionisti.
La prima significativa innovazione legislativa in materia di violenza sessuale, in Italia, si era avuta con l’approvazione della Legge 15 febbraio 1996, n. 66, che ha iniziato a considerare la violenza contro le donne come un delitto contro la libertà personale, innovando la precedente normativa, che la collocava fra i delitti contro la moralità pubblica ed il buon costume.
Con la Legge 4 aprile 2001, n. 154 vengono introdotte nuove misure volte a contrastare i casi di violenza all’interno delle mura domestiche con l'allontanamento del familiare violento.
Nello stesso anno vengono approvate anche le Leggi n. 60 e la Legge 29 marzo 2001, n. 134 sul patrocinio a spese dello Stato per le donne, senza mezzi economici, violentate e/o maltrattate, uno strumento fondamentale per difenderle e far valere i loro diritti, in collaborazione con i centri anti violenza e i tribunali.
Con la Legge 23 aprile 2009, n. 38 sono state inasprite le pene per la violenza sessuale e viene introdotto il reato di atti persecutori ovvero lo stalking.
Il nostro Paese ha compiuto un passo storico nel contrasto della violenza di genere con la Legge 27 giugno 2013 n. 77, approvando la ratifica della Convenzione di Istanbul, redatta l'11 maggio 2011. Le linee guida tracciate dalla Convenzione costituiscono infatti il binario e il faro per varare efficaci provvedimenti, a livello nazionale, e per prevenire e contrastare questo fenomeno.
Il 15 ottobre 2013 è stata approvata la Legge 119/2013 (in vigore dal 16 ottobre 2013) “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, che reca disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere”.
Le donne, purtroppo, sono più degli uomini, vittime di aggressioni, anche nell’ambito del Servizio sanitario nazionale, in particolare nelle postazioni di guardie mediche e nei Pronto soccorso.Il 14 agosto 2020 il Parlamento ha approvato la Legge n.113 che dispone misure di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell'esercizio delle loro funzioni.
Al fine di progettare adeguate politiche di prevenzione e contrasto alla violenza di genere e di assicurare un effettivo monitoraggio del fenomeno è stata approvata la legge 5 maggio 2022, n. 53 recante “Disposizioni in materia di statistiche in tema di violenza di genere” che all’articolo 4 prevede che tutte le strutture sanitarie pubbliche, e in particolare le unità operative di pronto soccorso, hanno l'obbligo di fornire i dati e le informazioni relative alla violenza contro le donne. L'articolo prevede anche che il flusso informativo EMUR Pronto Soccorso sia integrato con le informazioni utili e necessarie per la rilevazione della violenza di genere contro le donne, assicurando l'individuazione della relazione tra autore e vittima e rilevando anche: la tipologia di violenza, fisica, sessuale, psicologica o economica, esercitata sulla vittima; se la violenza è commessa in presenza sul luogo del fatto dei figli degli autori o delle vittime e se la violenza è commessa unitamente ad atti persecutori; gli indicatori di rischio di revittimizzazione previsti dall'allegato B al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 novembre 2017, facendo salva la garanzia di anonimato delle vittime.
I dati sulle chiamate nei primi tre trimestri 2023
I dati Istat relativi alle chiamate al numero 1522 Antiviolenza e Antistalking (servizio pubblico promosso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Pari Opportunità) nei primi tre trimestri 2023 evidenziano che il numero delle chiamate per telefono e chat rimane sostanzialmente stabile, con un calo che si registra nel II trimestre e, su base annuale, in crescita rispetto agli anni precedenti (tav.6), arrivando a totalizzare nel corso di tutti e tre i trimestri considerati 30.581 chiamate (erano 22.553 nel 2022 e 24.699 nel 2021).
Nel corso del III trimestre i dati evidenziano un aumento delle richieste di aiuto degli utenti e delle vittime rispetto al trimestre precedente (rispettivamente + 6,5% e + 3,7%). L’incremento maggiore di chiamate proviene da utenti che si rivolgono al 1522 per avere informazioni sulla tipologia del servizio erogato (+24,8%). Questa richiesta, secondo i dati Istat, costituisce peraltro, in termini di composizione percentuale, il motivo più frequente tra quelli che inducono a rivolgersi a questo servizio (31,9%), nel corso del III trimestre.
Nei tre trimestri considerati circa i 2/3 delle chiamate al 1522 (68,2%) sono state indirizzate verso i servizi più idonei alle richieste che, per il 93,9% dei casi, sono rappresentati da Centri e Servizi Antiviolenza, Case protette e di accoglienza per vittime.
Riguardo i tipi di violenze subite nei tre trimestri del 2023 (tav.12) l’indagine evidenzia che per circa la metà delle vittime è quella fisica a motivare il ricorso alla chiamata di aiuto (47,6% sul totale delle risposte.).
La violenza psicologica è la seconda causa delle chiamate (36,9%). Considerando inoltre i casi di vittime che hanno subito due o più tipi di violenza, nel 62,3% è la violenza psicologica ad essere subita in forma rilevante. Va notato che, quando le violenze sono multiple, è la violenza economica, oltre a quella fisica, ad essere più frequentemente associata alle altre (12,1%, tav.12bis-tris-quater).
La maggior parte delle vittime riporta un lungo vissuto di violenze subite: il 64,5% di esse infatti dichiara di aver subito per anni, e il 25,5% per mesi la violenza, mentre il dato relativo alle richieste di aiuto di vittime che hanno subito soltanto uno o pochi episodi di violenza si attesta al 10% (tav.13).
Il 24,8% delle vittime che si sono rivolte al 1522 hanno paura di morire e timore per la propria incolumità e dei propri cari, mentre i 2/3 di esse provano ansia e il 24,3% si sente in grave stato di soggezione. Il 10,2% si sente invece molestata, ma non in pericolo (tav.14).
La violenza riportata al 1522 è preminentemente di tipo domestico: nei tre trimestri del 2023 il 79,4% dei rispondenti dichiara che il luogo della violenza è la propria casa (tav.15). Questo spiega l’elevata percentuale dei casi di violenza assistita. Nei tre trimestri considerati circa la metà delle vittime rispondenti (44,5%) ha figli e di esse il 24,3% dichiara di avere figli minori. È pari al 57,1% la percentuale di vittime che dichiarano che i propri figli hanno assistito alla violenza e nel 25,8% l’hanno subita loro stessi (tav.18).
Dal racconto che le vittime fanno alle operatrici del 1522 emerge che la maggior parte di esse non denuncia la violenza subita alle autorità competenti. Solo il 15,8% nei tre trimestri considerati ha infatti denunciato la violenza subita (1.311 vittime). I dati evidenziano una persistente resistenza a denunciare: il 59,4% delle vittime infatti dichiara di non denunciare anche se la violenza subita dura da anni.
I dati relativi al quarto trimestre 2022
I dati Istat evidenziano che nel quarto trimestre 2022, rispetto allo stesso trimestre 2021, si continua a registrare un calo delle chiamate valide al numero di Pubblica Utilità 1522 (si passa da 11.337 chiamate a 9.877 del 2022 (-13%). Analizzando il tipo di canale, la diminuzione delle chiamate valide è evidente nel caso di contatto telefonico (da 9.576 del 2021 a 8.131 del 2022; -15,1%) mentre è trascurabile per le segnalazioni via chat (da 1.761 a 1746; -0.85%). A conferma della tendenza già registrata nel 2021, si evidenzia una riduzione anche delle chiamate da parte delle vittime pari al -11,5% (3.967 nel IV trimestre 2021 e 3.510 nel corrispettivo del 2022). (Fonte: Istat).
Analizzando i tipi di violenze subite, il 63,5% delle vittime dichiara di averne subito più di un tipo. Le violenze maggiormente riportate nel complesso sono le minacce (37,5%) e la violenza psicologica (35,7%). Se si considera, però, la violenza che spinge maggiormente le vittime a contattare il numero di pubblica utilità 1522, quella fisica (40,1%) risulta essere la prevalente.
Riguardo la frequenza degli atti subiti, nel quarto trimestre 2022 si registra una lieve diminuzione delle vittime che dichiarano di subire le violenze da anni (52,3%) mentre il dato relativo alle richieste di aiuto di vittime che hanno subito soltanto uno o pochi episodi di violenza si attesta intorno al 10-11%.
Nel quarto trimestre 2022 nel 55% dei casi le vittime con figli dichiarano che i propri figli hanno assistito alla violenza e nel 15,3% l’hanno subita loro stessi.
Dal racconto che le vittime fanno alle operatrici del 1522 emerge che la maggior parte di esse non denuncia la violenza subita alle autorità competenti. Solo il 14,5% nel quarto trimestre 2022 ha infatti denunciato la violenza subita (399 vittime). Questo dato è peraltro in lieve diminuzione rispetto ai precedenti trimestri.
Data ultimo aggiornamento, 9 aprile 2024